Il 2 aprile del 1997 la Nazionale di Cesare Maldini giocò a Chorzow, contro la Polonia. Fu quel giorno, al mattino, che visitai Auschwitz. Vi entrai con gli occhi obesi e la coscienza piatta, lontana; quando uscii, non ero più io, o forse un altro io. Durò poco, come tutte le esperienze che meriterebbero di durare a lungo, ma mi trasmise un’emozione che non ho mai rimosso, anche se spesso l’ho lasciata poltrire.
Oggi è la giornata della Memoria, la prima da quando ho aperto il Blog. Non chiedo un minuto di silenzio. Sarebbe banale. Semplicemente, chiedo un minuto, uno solo, di pensiero, di ricordo, di speranza. Un minuto vivo, a voce alta, come simbolo e come stimolo, affinché i vostri figli possano crescere sereni al riparo dalle tentazioni e dalle distorsioni della storia, così capricciosa e frettolosa, a volte, da farsi sedurre dal primo che la invita alla «soluzione» finale. Tanto, i prezzi non li paga mica lei: li paga l’umanità . Lei si limita a offrire l’albergo. Auschwitz Birkenau, per esempio.
Lager è diventato termine di facile spaccio, serve ad addobbare metafore, a nutrire similitudini, a gonfiare i muscoli della retorica. Ogni tanto, però, torna a casa e raccoglie dall’armadio gli scheletri del significato originale, teschi e ossa che hanno segnato un secolo, una mattanza, sei milioni di ebrei (e non solo) accompagnati nelle camere a gas, e lì sepolti. «Ad Auschwitz c’era la neve, il fumo saliva lento», cantava l’Equipe 84. Sì, c’era la neve anche quel giorno di aprile in cui il pallone mi fece rotolare tra quelle rotaie e sotto quel filo spinato.
Per sgominare le dittature, non importa se golose di carne o gelose di spirito, non ci resta che ricordare, ricordare, ricordare; e parlarne, parlarne, parlarne. Proviamoci per un minuto, uno solo. Dopodiché, sia fatta la vostra volontà .
Io no, ma ma figlia sì. E’ stata in quei luoghi ed al suo ritorno mi ha raccontato…Little Lions
Io non ci sono mai stato ma penso sia una sofferenza necessaria. Anch’io ci porterò i miei figli.
Tutto ciò che si evita accuratamente cela una verità dura ma indispensabile per non perdere, troppo spesso banalmente, la bussola.
Bello questo articolo, bravo primario.
Vi racconto la mia Auschwitz. Anno 2009 , mese di maggio , ennesimo viaggio a nei dintorni di Katowice dove ha sede un’azienda italiana che da anni rappresenta il principale cliente della mia azienda. Dopo un paio di giorni di lavoro e di incontri il direttore italiano di questa multinazionale mi dice a bruciapelo se avessi mai preso un cazzotto nello stomaco . Pensai immediatamente in zero millesimi di secondo che avrebbe voluto portarmi ad Auschwitz. Gli dissi di aver capito e gli chiesi solo quando ci saremmo mossi verso il campo. Da Myslowice ad Auschwitz ci va un’oretta scarsa di macchina , il percorso in macchina fu via via sempre più silenzioso , un break di chiacchiere di fronte al piazzale della Fiat di Tichy piena di 500 in partenza per i mercati di mezza Europa , poi il silenzio fino al campo. Pianura desolata , campo isolato dal paese , mura basse e il famigerato cancello. C’era il sole , non era freddo ma avevo i piedi gelati e il respiro irregolare. Via via che camminavamo nel silenzio in un campo quasi completamente deserto sentivo la suggestione di avere intorno a me i fumi delle anime perse in quel campo. Le latrine coi buchi sulle lastre di pietra ce le ho ancora davanti agli occhi, le baracche con i letti di legno linearmente ordinati non mi fecero l’effetto di quelle latrine. Uomini che distruggevano vite come se le vittime fossero meno che bestie. Impossibile vedere con gli occhi i luoghi di quell’immensa crudeltà . Non ebbi neanche la forza di piangere di fronte a un campo tutto sommato esteticamente così ordinato e pulito che nulla susciterebbe senza aver contezza di quel che vi accadde. La ferrovia fu la botta finale . Quasi un collegamento tra le anime e il mondo vivente, quasi fosse la sola via per tornare indietro a visitar volando chi avevano abbandonato . Per settimane pensai a quel luogo cercando di rimuovere dalla testa quella visita e quell’incubo. Mia figlia compirà 4 anni ad Aprile. Appena potrò ce la porterò per fargli capire quanto siamo fortunati ad essere vivi e quanto l’uomo possa arrivare ad essere disumano in terra di umani .
http://www.youtube.com/watch?v=pBRJAqT1POY
“VI SUPPLICO DI ESSERE SEMPRE INDIGNATI” MartinLuther King
Saro’ il solito rompipalle…..ma la canzone non era di Francesco Guccini? (Nomadi)
“io chiedo…………..”
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Pazienti, vado. Non so se oggi sarò in Clinica. Ma sarò sempre con voi, in un modo o negli altri. Grazie per le visite odierne. Buon proseguimento di giornata.
Il Primario
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