Dietro ai rinvii di Parma-Juventus, Siena-Catania, Bologna-Fiorentina e Atalanta-Genoa non c’è soltanto l’emergenza neve (emergenza?). C’è la crisi, storica e cronica, di una classe di dirigenti senza classe (Petrucci, Abete, Carraro, Beretta: si salvi chi può), oltre alla bulimia che spinse Silvio Berlusconi a invadere il calcio e trasformarlo in un prodotto funzionale alle sue tele-ambizioni.
Nei bordelli di Las Vegas sono le prostitute che dettano il prezzo. Nei lupanari del pallone, sono i clienti, sono le tv: Sky, Mediaset. Volete una montagna di euro? Bene, fatemi questo, e soprattutto fatemelo a quest’ora. Ci siamo capiti.
Scrivo da anni che la serie A è obesa e che, con il Cavaliere in regia, i salotti sono diventati stadi e gli stadi non sono diventati salotti, tranne uno. Prendete, inoltre, il fatturato 2010 delle tre Grandi: i diritti tv incidevano per il 60% nel Milan, per il 62% nell’Inter e per il 65% nella Juventus. Paragoniamoli con le Grandissime d’Europa: Real Madrid 36%, Barcellona 44%, Manchester United 37%, Arsenal 38%, Chelsea 41%, Liverpool 43%, Bayern Monaco 26% (dati ricavati da «Vincere con il fair play finanziario» di Paolo Ciabattini).
Da noi, la prostituzione non è solo intellettuale (Mourinho dixit), ma soprattutto televisiva: sia in regime di vendita individuale, come in passato, sia in ambito collettivo, come adesso. I calendari sono saturi: Francia, Inghilterra, Italia e Spagna hanno venti squadre, la Germania diciotto.
Su un totale di oltre sette miliardi di diritti televisivi, non un euro – negli ultimi dodici anni – è stato dedicato agli stadi. Non uno. Soltanto la Juventus si è costruita il suo. Anche gli inglesi copulano di sera con Murdoch, ma volete mettere la qualità dei loro talami? Nessuno vuole rinunciare a nulla: nemmeno i giocatori, golosissimi. Metà schermo metà scherno: ecco l’Italia.
Moggi: “Grazie Andrea la Juve è in buone mani”
Libero “In un mondo che dimentica troppo facilmente c’è chi mantiene chiari concetti e convinzioni. Ringrazio Andrea Agnelli per il ricordo che ha di me, l’apprezzamento immutato che esprime per il lavoro fatto alla Juventus. Non ho tempo per commuovermi, ma stavolta ho dovuto frenare le mie emozioni. Grazie Andrea, non è da tutti. Quando si ha coraggio e si supera senza esitazione il muro dei silenzi di facciata significa che buon sangue non mente. La Juve è in buone mani”. Luciano Moggi ringrazia così il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, che nel corso di una lunga intervista rilasciata ad un’emittente Mediaset, ha lodato il lavoro svolto dall’ex direttore generale ai tempi in cui lavorava per i bianconeri.
Fra poco parte la musichetta di Herb Alpert!
“Chiamatemi Andrea” fu l’invito d’esordio del giovane Agnelli. Poteva sembrare uno slogan come quelli cantati allo stadio, quando la tifoseria si impossessa del Presidente rivendicando il fatto che è un tifoso come loro, come noi. Poi però esistono differenze sostanziali: ognuno di noi è e fa la Juventus alla propria maniera. Andrea tifa e si lascia tifare, Andrea tifa e ci aiuta a tifare meglio (sempre sia possibile), ma Andrea tifa e lavora per la Juventus, Andrea tifa e la rappresenta dappertutto. Noi tifiamo, sosteniamo, mangiamo, preghiamo e amiamo, e riusciamo a fare solo questo.
Ma la differenza sostanziale allora qual è? La differenza è riuscire a dividere passione e lavoro, amore e responsabilità, essere e sembrare, o semplicemente il punto di vista. Nelle recenti dichiarazioni rilasciate da Andrea nell’intervista a Studio Aperto XXL è d’obbligo ascoltare bene le parole, perché è tra le parole che si capisce la differenza tra una risposta istituzionale, dovuta, e i sottili messaggi a cui ci sta abituando rinverdendo una tradizione di famiglia. Personalmente rimango piacevolmente sorpreso non tanto dalle sua parole, ma dal modo con cui le dice, riuscendo a ricordare le sue origini e la Juventus con cui ha camminato e in cui è cresciuto: “In quel periodo Moggi era il più bravo di tutti, come lo fu Allodi in passato. Per me Giraudo è stato un padre, un punto di riferimento” e ancora, “All’Inter prenderei qualcosa che è già mio, perché lo scudetto del 2006 era già nostro, al Milan invece toglierei volentieri la Champions League del 2003. Lo scudetto del 2006 è una questione di giustizia, sono emersi dei fatti nuovi rispetto a quelli di sei anni fa e quindi cercheremo di portare avanti le nostre istanze”.
In poche righe, in perfetto stile Agnelli, riassume e chiarisce 5 anni di calcio non giocato e dice molto di più di quanto si riesca a leggere. Eccolo dunque il punto di vista, l’interpretabilità, tra credere a qualcosa che si sente e a qualcosa che si vede. Ecco, a destra, proprio dietro Andrea, vedo qualcosa che non si fatica a riconoscere: è lo scudetto di cartone, quello dell’Inter: è quello che possono avere tutti, basta aver seguito almeno una puntata di Art Attack e chiunque può averne quanti ne vuole in bacheca, che ci vuole!
Ecco perché è una questione di punti di vista, ecco perché riusciamo a vedere Andrea Presidente e Andrea tifoso nello stesso momento. Perché c’è chi ascolta e c’è chi guarda, c’è chi divide passione e lavoro e lo fa talmente bene che si merita di essere uno di noi.
Mario Pirovano JU29RO
Buon pranzo a tutti….
Ci sentiamo dopo le partite…
Rico, sei troppo duro con Allegri, anche Nocerino è farina del suo sacco…. è il primo ad averne capite e sfruttate pienamente le doti…
Su Conte, come dico sempre, una squadra può vincere nonostante l’allenatore non il contrario, ma certamente Conte sembra rientrare in quella schiera di allenatori capaci di mettere i giocatori in condizione di esprire il loro potenziale al massimo….
Sono di giulemanidallajuve, e ho visto che e’ intervenuto il Dott.Penta..sa’ darmi delle risposte relative alle motivazioni di Napoli? Saranno positive?
Grazie Gnm
e Falcao… quello della Roma di Liedholm… a Bergamo con l’Atalanta?
Beck, ho sempre difeso Benitez, fino a quando è stato difendibile. Ma più che difendere lui difendevo un principio, quello che una società seria non rinnega una sua scelta dopo tre mesi.
Ma noi eravamo in pieno lutto Mou, i giocatori non ne volevano sapere di riprendere a correre, e Benitez non era una scelta di Moratti. Di fatto Benitez, privo di autorità e di considerrazione si dimise a Dicembre.
Il fotomodello paraculo ha semplicemente tolto alibi ai giocatori che hanno ripreso a fare il loro lavoro.
La settimana sciagurata in cui abbiamo perso con i tedeschi bastava portare a casa un pareggio nel derby e avremmo rivinto il campionato. Purtroppo l’abbiamo giocato con Chivu-ranocchia centrali e senza nessun accorgimento difensivo, convinti che li avremmo sbranati. Abbiamo regalato un campionato all’Olgettina 1986 che ancora mi brucia.
Ezio, Rico, vado. Oggi sarò in Clinica ma dovrò “operare”. Calibrerò gli interventi. Grazie delle visite. Continuate voi, sereni come sempre. Buon pomeriggio.
Il Primario
Rico, eccoli: Juventus-Siena 1-1, Milan-Napoli 2-1, Roma-Inter 3-4 (campo permettendo), Fiorentina-Udinese 1-1.