Oggi Dino Zoff compie 70 anni. E’ stato uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, non solo del suo. Friulano di pasta, inglese di stile, tedesco di lamiera: un mix che lo ha portato in cima all’Europa e in vetta al Mondo, sulla copertina di «Newsweek» e fra i denti di un francobollo. Da Guttuso a Gattuso: giocatore, allenatore, commissario tecnico, e persino presidente (della Lazio). Lasciò la Nazionale nel 2000, fresco di argento europeo, dopo un diverbio con Silvio Berlusconi, che gli aveva dato del dilettante per non aver marcato Zidane con un mastino (un Gattuso, appunto) nella finale con la Francia.
Udinese, Mantova, Napoli, Juventus. Soprattutto Juventus, poi allenata con Lazio e Fiorentina. Nessuno è perfetto, e nemmeno lui lo è stato: la sventola chilometrica di Haan, per esempio; non però, secondo Trapattoni, il «tiro gobbo» di Magath ad Atene. In questi casi, i turiboli d’incenso prendono la mano. Sul mio podio ci sono tre portieri: Lev Jascin, Gordon Banks, Dino Zoff. Tutti della stessa scuola. Dino ha sempre privilegiato la persona al personaggio e il prestigio alla popolarità , di cui detesta gli eccessi.
Lontano per indole dal galateo acrobatico di Albertosi, Zoff dava sicurezza anche nella insicurezza che sapeva celare. Ai giovani portieri rimprovera la rinuncia alla presa come una fuga dalle responsabilità : tanti, fra i pali e nella vita, preferiscono rinviare, temporeggiare, deviare, come se avessero paura di bloccare gli attimi, le decisioni. E al diavolo gli alibi: la foggia del pallone, le troppe notturne, le troppe partite. Un muggito vi seppellirà .
Che coppia, e che coppa, con Enzo Bearzot. I silenzi parlanti di Zoff hanno raccontato il Paese meglio di tanti comizi. Un albero dalle radici profonde, solitario e dimenticato. Sarebbe piaciuto a Umberto Saba.
Vado, Pazienti. Per favore, continuate voi. Dovrei rientrare nel pomeriggio.
Il Primario
Lex, nessuno è perfetto, soprattutto quando vuole reggere il comandi per troppo tempo. Cominciò nel 1971, Boniperti: al suo posto avrei chiuso dopo il 1986. Certo, l’Avvocato voleva che restasse, ma Boni aveva la pancia piena. Berlusconi e Maradona no… Montezemolo: solo io ho lavorato meno di lui.
Eh Beck, la seconda repubblica bonipertiana fu un mezzo papocchio. Su Montezemolo stendo un velo pietosissimo.
Lex, buon giorno. Non sbaglia. Tanto è vero che ho chiuso proprio con l’immagine dell’albero solitario e dimenticato. Montezemolo si era impegnato con Maifredi, ma anche Boniperti non credeve molto nelle virtù tecniche (da tecnico, cioè) di Dino.
Beck, forse mi sbaglio, ma ho notato che troppo spesso quando si parla di grandi calciatori della Juve si tende a “dimenticare” (virgolettato obbligatorio) Dinone….ci si ricorda magari di Sivori, Platini, Scirea……no?….Zoff mi pare una persona tutta d’un pezzo. Mai una polemica, pochi fronzoli, educato….è stato poi anche un grande allenatore. Ma da chi fu fatto fuori? Da Montezemolo o da Boniperti?
Buon giorno, Pazienti. Sono di passaggio. Davide, già da bambino il papà inter-agiva… ?
Auguri Dinone!
Grazie per il pezzo. Dino Zoff è stato uno dei più grandi calciatori e uomini che abbiano vestito la maglia bianconera e azzurra.
auguri grande Dino
Sig.Beccantini, non la ringrazierò mai abbastanza per questo pezzo. Se sono diventato juventino lo devo a Zoff; fino ai mondiali non m’importava niente di calcio e non mi piaceva giocarlo, finché un giorno un gruppetto di amici, dato che mancava un portiere, mi mise in porta quasi con la forza, feci una grande parata (involontaria, ovviamente) ed un signore che passava per di là (giocavamo nei cortili di casa tra le 127) disse alla moglie indicandomi: guarda Zoff! Da quel momento volli vedere le partite dell’Italia non per tifare Italia ma per vedere Zoff; poi seppi che Zoff giocava nella Juventus e, di conseguenza, diventai juventino e, siccome mio papà era interista, lei capirà “quanto” debba io a Zoff.
P S quando seppi che la Juve aveva appena vinto 20 scudetti chiesi a mio padre cosa avesse vinto l’Inter(malizia innocente dei bambini) al che, dopo aver ovviamente sostenuto che gli scudetti regolari erano 5 o 6 e che ciò che conta è solo la coppa dei campioni (alla quinta vittoria del Milan, però, questo concetto non lo espresse più), lui mi tirò fuori le due coppe dei campioni e i due scudetti consecutivi degli anni ’60 vinti dall’Inter, quello sarebbe stato un refrain frequente fino al triplete, dal 1982 al 2010…chissà , a questo punto, per quanto tempo si parlerà del triplete…