Il calcio è stato anche il fango descritto da Carlo Petrini, morto a 64 anni, quasi cieco, due giorni dopo Piermario Morosini. E’ stato un pentito, e su questo pentimento – spettacolarmente sincero o sinceramente spettacolare: non lo sapremo mai – ha costruito una seconda vita. Non solo per interesse, credo: anche per rispetto di Diego, il figlio deceduto a 19 anni, di sé stesso e degli altri, noi compresi.
Petrini ci ha raccontato la sua realtà , che non sempre coincide con la verità . Da protagonista diretto, ha parlato di partite taroccate – su tutte Bologna-Juventus del 1980 – e di doping, pagandone il fio (squalifiche, tumori), ma anche anticipando tempi e abitudini. Il destino l’ha fatto nascere a Monticiano, lo stesso paese di Luciano Moggi, verso il quale non ha lesinato, ricambiato, critiche feroci. Lo combattè quando era al potere. Non dopo, come tanti, come troppi.
Ha scritto numerosi libri, sempre per Kaos Edizioni, da «Nel fango del dio pallone» (2000) a «Il calciatore suicidato» (2001), dedicato alla morte di Donato «Denis» Bergamini, avvenuta in circostanze misteriose il 18 novembre del 1989, quando militava nel Cosenza. Suicidio, si disse con una fretta sospetta. Le indagini di Carlo contribuirono a tenere vivo il caso, fino a quando la procura di Castrovillari non ha deciso di riaprilo: omicidio. Rimane, quel testo, un modello di giornalismo investigativo.
Uomo di parte, Petrini, né santo né eroe, discutibile ma rispettabile come tutti coloro che prima di accusare, si accusano. Il sistema l’ha isolato, dimenticato. Nei suoi libri, ha gridato: «Ehi, ragazzi, nel calcio c’è del marcio, ve lo dice uno che l’ha vissuto, si è sporcato e ci ha rimesso la salute». Il suo cattivismo è stato un pugno in faccia al buonismo del sistema.
Scritto da rico il 17 aprile 2012 alle ore 21:58
Oddio scusa se ho dubitato della capacità del tuo sacco, solo che ti ho sempre letto tifoso verace, di quelli che piacciono a me, che indossano gli occhiali e non le mutande, e li fanno vedere…:))
Scritto da Alessandro il 17 aprile 2012 alle ore 21:57
Lo capisco, Mourinho o si odia o si odia, per quello sta simpatico a me, ma ti capisco…..
Scritto da Riccardo Ric il 17 aprile 2012 alle ore 21:47
Rico, mi puoi spiegare questa storia di Mourinho juventino nel dna? Interessante.
@ rico
ottimo post, come quello su morosini
Scritto da Riccardo Ric il 17 aprile 2012 alle ore 21:43
Farina del tuo sacco.
E per chi mi hai preso!?
Non mi sembra di avere scritto le basi teoriche della relatività .
Lascia stare il DNA, è una cosa seria e il gobbismo è una mutazione genetica. Involutiva. :))
1 a 1.
Scritto da Riccardo Ric il 17 aprile 2012 alle ore 21:47
Io spero proprio di no. Tifo sempre per il Barcellona. Non sopporterei un Clasico in finale di Champions League proprio perchè non riuscirei a reggere le provocazioni ed i tentativi di avvelenamento del clima da parte di Mourinho, oltre alla possibilità di vederlo vincere contro la mia squadra preferita appena dietro al Toro.
Pareggio del Real.
Faccio il tifo per una finale Real-Barca, sarebbe sfida planetaria. E per il Real per la stima e l’ammirazione che provo per Josè…..uno che ha parlato di prostituzione intellettuale dei giornalisti italiani non può che avere la mia simpatia incondizionata…..Quel giorno pensai…porquè non è l’allenatore della Juve? Porquè? Ma in quegli anni la storia ha avuto una deviazione dal suo percorso naturale. Josè Mourinho è juventino nel dna, a prescindere dalla squadra che alleni…..
Scritto da rico il 17 aprile 2012 alle ore 20:10
Buono quel che hai postato Rico, sarebbe una buona base per trovare un territorio condiviso di conversazione. Non lo condivido al mille per mille, ma ottima base. Complimenti se è farina del tuo sacco, altrimenti comunque complimenti per averlo postato….
1-0 fine primo tempo. Bayern squadra tosta.
Considerato che non si nasce piu’ con gli occhi chiusi
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8/8/2007 (7:3)
Derby d’Italia, che fatica la normalitÃ
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ROBERTO BECCANTINI
L’Inter, per noi juventini, era l’atollo preferito in cui sperimentare piccole e grandi «bombe». Cominciammo all’inizio degli Anni Sessanta, con l’invasione di campo al Comunale e il 2-0 a tavolino per loro diventato 9-1 per noi. Fu un gioco da ragazzi: in effetti, papà Moratti e Helenio Herrera schierarono proprio i ragazzi della Primavera. Per protesta. Umberto Agnelli era presidente nostro e della Federazione: e allora? Proseguimmo con Pietruzzo Anastasi, «comprato» mentre stava disputando un’amichevole dimostrativa in nerazzurro, e con Michel Platini, prenotato da loro e reclutato da noi. Sino al caso Iuliano-Ronaldo, aprile 1998, il test più riuscito, un rigore netto scomparso dallo schermo e assurto a scherno, a rimorchio di una nidiata trasversale di gol fantasma.
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E quando nel premere il tasto facevamo cilecca, ci pensavano gli interisti a pigiare quello giusto: come, per esempio, il 5 maggio del 2002, loro quasi campioni all’Olimpico, noi quasi spacciati a Udine. Quasi, appunto.
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Insomma: per vincere gli scudetti, ci allenavamo con l’Inter. Sino a che non ci siamo annoiati e abbiamo deciso di invertire le parti e farci atollo. Conoscendoli, abbiamo preferito scendere in serie B: hai visto mai che la sola nostra ombra li spingesse a sbagliare pulsante?
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Nel ricordo del doppio Agnelli, abbiamo accettato il doppio Guido Rossi, ex consigliere dell’Inter e commissario straordinario della Figc. Per sicurezza estrema, e per ringraziarli dello scambio Cannavaro-Carini, abbiamo suggerito a Moggi d’inventarsi un modo per cui, da terzi, potessero diventare primi, e a Cobolli Gigli di girargli Ibrahimovic e Vieira perché lo restassero.
Così, finalmente, il derby d’Italia sarà una partita «normale» anche per noi. Ma che fatica, ragazzi.
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http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/quijuve/200708articoli/9938girata.asp
Gomez …………………..azzz e come tiri?