Otto vittorie consecutive, 23 gol fatti e la miseria di uno subìto. Dalla sera di Firenze, 17 marzo scorso, la Juventus ha cambiato passo, marcia, tutto. Il Milan è sempre lì, a meno tre, ma adesso sono tre anche le giornate che mancano. Al di là dell’esito finale, quanto vale, sul piano tecnico, l’imbattibilità della Juventus? Sarà la prossima Champions a certificarlo: se è pacifico che molto, moltissimo, si debba alla bravura di Conte, resta da fissare quanto c’entri la mediocrità del panorama.
Scritto che la passeggiata di Novara non ha spostato una virgola, e che la «menata» della terza stella ha titillato solo i tifosi, e per fortuna non tutti, oggi parlo di Mirko Vucinic. Se Pirlo è stato il confine del duello, indebolendo il Milan e rafforzando la Juventus, Vucinic è il ring sul quale non finiremo di scannarci. Domanda: è, in assoluto, da Juventus? Risposta: no. Va bene in «questa» Juventus, è grande in «questo» campionato che, estero su estero, mi sembra piccolo.
Il montenegrino ha classe da vendere, che discorsi, ma sette reti sono oggettivamente poche, anche dopo aver messo in fila i servigi richiestigli: pressing alto, allargarsi, favorire le incursioni dei centrocampisti, fornire assist. Mirko è il pendolo di Conte, con quell’aria da bandolero stanco che ora seduce ora irrita; sembra perennemente in vestaglia e ciabatte, pigro nel darsi, dimentico del taxi che ha prenotato e lo aspetta sotto casa. Un tipo così. Più che Boksic, ricorda il Bettega della maturità , punta o mezza punta a seconda delle esigenze. Sia chiaro: ricorda.
Senza la fionda di una Nazionale competitiva, la Juventus è l’ultima occasione per cancellare i troppi se e ma che, a 28 anni, continuano a frenarne la carriera. Fino a Firenze, Vucinic è stato un bicchiere mezzo vuoto; da Firenze a Novara, mezzo pieno. C’è chi lo chiama progresso, io lo chiamo limite.
Senza i soldi di Agnelli, Berlusconi e Moratti (Angelo e Massimo), i vari Moggi, Allodi, Galliani avrebbero potuto comprare tutti quei campioni e vincere scudetti e coppe? Avere idee chiare e progetti è importante, ma senza i quattrini anche il più bravo d.s. (o chi per lui) non può fare i miracoli.
Il dramma è che al Toro non ci sono nè le idee e nè il denaro.
Ric, ha ragione Roberto: chiunque scriva a “viso scoperto” ci mette la faccia….. poi si può avere la faccia come il c……… ma questo è un altro discorso….. (e chi è senza peccato scagli la prima…… )
Beck, è inutile, Crosetti non mi piace. Ottima penna, sia chiaro, e se lo dico è perchè lo leggo spesso, quindi so di cosa parlo.
Se vuole un esempio per semplificare, uno che continua a non piacermi è Oliviero Beha, nonostante sia diventato un mito per molti juventini per le sue posizioni su calciopoli….
Juve: Agnelli, Marotta, Conte
Riccardo Ric, contesto: anche Crosetti ci mette la faccia, eccome.
Buon giorno, Alessandro. Nelle grandi società , oggi come ieri, servono tre persone: il presidente/proprietario, il direttore sportivo, l’allenatore. Tutto il resto, per quanto non insignificante, è contorno.
Inter: Moratti-Allodi-Herera
Juventus: Boniperti-Giuliano-Trapattoni
Juventus: Triade-Lippi.
Inter: Moratti-Oriali-Mourinho
Milan: Berlusconi-Galliani-Sacchi (Capello)
Che Crosetti è capace di esprimere un concetto ed il giorno dopo esattamente il contrario, secondo lo spirare dei venti, od anche dei suoi convincimenti che possono mutare, per carità , senza curarsi però, in totale mancanza di rispetto dei suoi lettori, di spiegare le motivazioni di tale cambiamento.
Scritto da ezio maccalli il 30 aprile 2012 alle ore 12:29
Kakà lasciamolo dove stà …..un’altro fenomeno mediatico dei meravigliosi
via da Milano è sparito nelle panche madridiste……era tutto sto fenomeno?
Buon giorno a tutti.
Più che i soldi ed i grandi campioni non conta avere un bravo direttore sportivo? Per il Toro lei, in privato, mi dice sempre così, quindi il discorso dovrebe valere, in scala più grande, anche per la Juventus e le altre big italiane ed europee. O no?
Riccardo, la differenza tra il metterci la penna e la faccia qual’è?