Sono passati trent’anni. Undici luglio 1982: il Mondiale del nostro «contento». Cade, il compleanno, dieci giorni dopo il secondo posto agli Europei. Dalla Spagna nutrice alla Spagna carnefice. Ero là , inviato de «La Gazzetta dello Sport». Marcavo gli avversari: la Polonia di Boniek, il Perù di Uribe e il viscido Camerun che, secondo l’inchiesta di Oliviero Beha e Roberto Chiodi, si sarebbe venduto il pareggio contro di noi.
Tra le nuvole, a ogni anniversario, Enzo Bearzot e Gaetano Scirea sorridono al «Non ci prendono più» di Sandro Pertini, mentre Nando Martellini ripete, a gentile richiesta: campioni del Mondo, campioni del Mondo, campioni del Mondo. Avevano le palle, non erano santi o eroi: Paolo Rossi veniva da una lunga squalifica (totonero). Diventarono un urlo (Marco Tardelli) e una squadra. La migliore. La tripletta che Paolorossi, tutto attaccato, rifilò al Brasile ha segnato il mondo, mica solo «quel» mondiale. Non c’è più il Sarrià di Barcellona, e nemmeno l’Italia da bere che fece da sfondo all’avventura; se n’è andato pure Giovanni Spadolini, il primo presidente del Consiglio non democristiano. Le frontiere erano state riaperte da un paio d’anni, la scritta Sanson (gelati) sulla maglia dell’Udinese sembrava una bestemmia.
Due le eredità fra le tante: il silenzio stampa (visto che ci portò fortuna) e l’attesa del campione oltre ogni ragionevole dubbio (Pablito, sopportato per quattro partite ed esploso alla quinta). E poi il gioco: non così brillante come in Argentina, ma sempre efficace. Avete presente il catenaccio? Tutto il contrario. Se Bruno Conti fu la fantasia e il blocco della Juventus la spina dorsale, Beppe Bergomi titolare a 18 anni conferma che era proprio un’altra Italia.
Stadio Santiago Bernabeu di Madrid, 11 luglio 1982: Italia batte Germania Ovest tre a uno. Voi dov’eravate?
Geometra Goveani che, ricordiamolo, prevalse di un nulla sul’idraulico Rebaudengo.
Scritto da bilbao77 il 16 luglio 2012 alle ore 00:42
Goveani non era un geometra. Era il notaio di Borsano, messo lì come prestanome. Non aveva comprato nulla.
La maggioranza no Alessandro, ma senza entrare nei tecnicismi di Borsa se un socio, od una cordata, raggiunge il trenta per cento può lanciare un’Opa. Insomma la maggioranza no, ma può avere un peso determinante. Ripeto, non ci sono prove, non ci saranno mai, ma quella parte del teorema è plausibile. E poi basta vedere il grafico del titolo Juve nelle settimane antecedenti a calciopoli. E’ impressionante…
Beh, a Torino si é visto anche il geometra Goveani comprare l’altra squadra. Ma quello era un’anticipazione di Zelig credo.
Va bene, dai, io vi saluto, vado a dormire. Grazie della chiacchierata. Ci sentiamo domani.
Scritto da Alessandro il 16 luglio 2012 alle ore 00:39 A parte che dimentichi Andrea ma a te puo’ pure venire da ridere, ma John Jacobs non rideva affatto.
Moggi e Giraudo padroni assoluti della Juve… Da morir dal ridere.
Riccardo, credi veramente che Edoardo Agnelli si sarebbe fatto tranquillamente da parte?
Se posso farti un appunto….
sorrido…allora erano due “appunto”. Ma ognuno dei due avvalora le rispettive tesi….