Premesso che al posto di Andrea Agnelli parlerei anche alla testa degli avvocati che difendono Antonio Conte (patteggiamento sì, patteggiamento no) e non solo alla pancia dei tifosi («Sistema dittatoriale»: ma non era stato lui, il presidente, a manifestare «piena fiducia negli inquirenti»?), non ci voleva un genio per capire come sarebbe andata a finire; anche se non è ancora finita. Questo è ciò che scrissi, in risposta a un paziente, il 30 maggio scorso.
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CONTE ASSOLTO
Tifosi juventini (a petto in fuori): finalmente uno squarcio di luce in questo Paese di m., finalmente un brandello di verità al posto dei soliti mantelli di ipocrisia.
Tutti gli altri (tra sorrisini, colpi di tosse, gomitatine): uhm uhm, secondo voi come poteva finire a livello sportivo un processo che coinvolgeva una società che tiene sotto scacco la Federazione con una richiesta di 444 milioni di euro? Uhm uhm…
CONTE CONDANNATO
Tifosi juventini: vergogna, vergogna, vergogna, trenta volte vergogna. Hanno dato retta a un pentito di m. pur di tarparci le ali, visto che, stravincendo lo scudetto, eravamo tornati a far spavento. Non ho più fiducia in alcun tipo di giustizia. Vergogna, vergogna, vergogna.
Tutti gli altri: giustizia è stata fatta. Come si poteva pensare che l’allenatore del Siena nulla sapesse a fronte di una serie così fitta di partite combinate? Il pentito paga.
I tifosi juventini: no, il pentito è stato pagato.
Sipario.
(«Nei panni di Conte, e dei suoi avvocati, rinuncerei al patteggiamento: se penso di essere innocente, nessun processo mi farà paura». Questo, invece, l’avevo scritto il 26 luglio).
Beck, pronostico su Juve-Napoli?
Leo, devi magnare tranquillo! :-))))))) Vado al mare. Fai il bravo e non t’incazzare troppo, che non hai più l’era (dico era perchè non posso parlare di età :-)))) ) adatta per incazzarti! :-)))))
Buon giorno, Little Lions.
Buongiorno a tutti. Stamani sulla gazzetta color rosa porcello ruggiero palumbo fa una difesa accorata dei successi di palazzi. E’ sicuro, tra l’altro, che lo stesso procuratore verrà riconfermato nel suo ruolo. Certo, palazzi ha mantenuto gli “impegni”! Questa è la “giustizia” sportiva! Leo
Buon giorno a todos, sono di passo. Tutto ok?
Ho letto le quaranta pagine del comunicato ufficiale con cui la federazione italiana giuoco calcio oggi ha ufficializzato (e dico non a caso ufficializzato) il deferimento di una serie di calciatori, dirigenti e persone legate al mondo del calcio (tra cui, il più famoso, è Antonio Conte) e, provando per un attimo a mettere da parte il fatto che a essere al centro della storia è un dannatissimo juventino (#amala), mi sono fatto un’idea su questa benedetta inchiesta pallonara. Innanzitutto, tutti i discorsi in punta di diritto per il mondo dei processi sportivi valgono quello che valgono per la semplice ragione che i processi sportivi, al contrario dei processi penali, sono ancora impostati con un criterio e un regolamento sullo stile del vecchio processo accusatorio, e rispondono dunque al principio che si è colpevoli fino a prova contraria, mentre il diritto penale italiano prevede (in teoria) che il giusto processo debba rispondere al principio del non si è colpevoli fino a prova contraria (cioè, in teoria dovrebbe essere così, ma ci siamo capiti).
Ora: dal punto di vista della qualità dell’inchiesta, prendendo in considerazione il singolo caso di Conte, che poi è quello più eclatante, si può dire che se fosse un processo penale sarebbe un processo che più folle non si può: zero testimonianze documentali, zero prove provate di passaggio di soldi, zero intercettazioni telefoniche o ambientali utili a individuare il reato e solo ed esclusivamente prove de relato (cioè, parole riferite da qualcuno, da un pentito o da un confidente o un testimone), che come si sa, in giurisprudenza, non dovrebbero avere forza probatoria ma dovrebbero essere considerate semplici indizi con i quali – cioè, solo con quelli – dovrebbe essere impossibile costruire un processo a se stante (a Rignano, per dire, esempio massimo e più recente di processo costituito sul principio “de relato”, alla fine le cose sono andate come sappiamo).
A questo, poi, bisogna anche aggiungere che il processo fatto a Conte (e compagnia) sembra essere più sullo stile cinese (senza contraddittorio e praticamente senza processo) che sullo stile di una civile giustizia occidentale. Fatta salva questa premessa, e ricordando (ah, l’Italia) che le sentenze di condanna sono state anticipate sui giornali (sulla Gazzetta in particolare) tre giorni prima che fossero rese pubbliche (cose che forse non accadano neanche in Cina), alla fine dei conti l’impianto accusatorio è fragile. Tutto, come sapete, si basa sulla testimonianza di un pentito (Carobbio, ex Siena) e di una serie di dichiarazioni (molte contraddittorie) di alcuni calciatori e dirigenti sempre ex Siena. In sostanza, Conte è stato condannato in primo grado per omessa denuncia per non aver informato gli inquirenti su una combine che sarebbe stata decisa prima di due partite nel 2011 (Siena-Novara e Siena-Albinoleffe). Gli inquirenti, poi, descrivono anche la scena di due riunioni tecniche antecedenti alle due partite in cui Conte avrebbe informato i giocatori della combine e in cui in un caso (con l’Albinoleffe) Conte avrebbe (!) persino detto ai suoi giocatori di decidere loro come comportarsi (Conte – dice Carobbio in un interrogatorio – “lasciò a noi la decisione finale, ricordandoci comunque che, in caso di una nostra vittoria e di un risultato non positivo dell’Atalanta, saremo ancora riusciti a vincere il campionato”, e un altro ex giocatore del Siena, Sestu, avrebbe detto, parole ritenute importanti dagli inquirenti, che Conte, nel suo discorso prepartita, fece espresso riferimento alla necessità che quella gara non venisse persa”, come se una gara che non deve essere persa equivale a dire che quella gara deve essere pareggiata).
La testimonianza di Carobbio, però, che ai fatti resta il perno attorno cui è costruita l’inchiesta, è viziata da una questione non irrilevante. Gli inquirenti sostengono che per quanto riguarda Carobbio vi sia “la totale mancanza di un qualunque motivo di risentimento o convenienza che possa averlo spinto a coinvolgere altri soggetti” come Conte; quando in realtà esiste un fatto, noto, che potrebbe aver determinato una ragione di risentimento di Carobbio nei confronti di Conte. L’episodio è quello della mancata autorizzazione concessa da Conte al suo giocatore di assistere al parto della moglie, ma su questo punto la commissione Disciplinare considera assolutamente incoerente “la circostanza che Carobbio avrebbe accusato Conte per rancore personale, legato all’episodio occorso nel settembre 2010, quando l’allenatore non gli concesse il permesso di recarsi dalla moglie per assisterla durante il parto”, e “al di là della circostanza che una tale motivazione sembra davvero non sufficiente a giustificare una (a quel punto falsa) denuncia addirittura riferita a un illecito sportivo, c’è da dire che le risultanze agli atti comprovano come Carobbio non avesse alcun problema all’interno dello spogliatoio del Siena e non nutrisse alcun risentimento nei confronti di Conte, del quale, anzi, aveva stima”.
Questo è quanto sostiene la disciplinare, ma come è evidente non si basa sua ragione oggettiva ma semplicemente su un’impressione soggettiva che, per forza di cosa, rende meno oggettivo e meno forte l’impianto accusatorio. Impianto accusatorio, poi, reso ancora più debole da una frase magica che compare spesso nei processi smontati poi in appello che gli inquirenti della disciplinare si lasciano scappare. Citando il caso del dottor Stellini (all’epoca collaboratore di Conte al Siena, che ha ammesso di essere stato lui stesso a dare incarico a Carobbio per “sistemare” la gara Siena-Albinoleffe, cosa per cui Stellini è stato sospeso per due anni e mezzo, e la cui vicenda è forse l’unico vero elemento significativo dell’inchiesta della disciplinare, anche perché Stellini era fino allo scorso anno assistente di Conte alla Juve), la Disciplinare, non riuscendo a dimostrare concretamente che Conte sapesse le stesse cose che sapeva Stellini, si arrampica sugli specchi e dice che “ipotizzare che i componenti dello staff tecnico o la squadra prendessero decisioni a insaputa di Conte non è oggettivamente credibile” in quanto Conte, come è noto, sarebbe “un accentratore”. Insomma, solita storia: non poteva non sapere, mister Conte. Il principio del “non poteva non sapere”, però, e qui che si tratti di giustizia sportiva o di giustizia penale poco camhia, è uno degli orrori della giustizia italiana: non poteva non sapere significa che avrebbe potuto non sapere ma non è credibile che non sapesse e che dunque suvvia non prendiamoci per il culo è ovvio che sapeva non raccontiamo favole. I magistrati però, come è noto, si dovrebbero occupare di prove, e non di logica o di filosofia, mentre invece la cifra dell’inchiesta su Conte è proprio quella: logica. Non poteva non sapere della combine; non poteva non sapere della gara truccata; non poteva non sapere delle scommesse; non poteva non poteva non poteva. E invece forse, poteva chissà. Ecco. Questo è quanto. Questo è quello che dicono le carte. Nulla di più nulla di meno. Solo un processo debole, e come molti, moltissimi altri verrà probabilmente smontato in appello. Ma chissà, la giustizia sportiva, purtroppo, in Italia funziona più o meno come la giustizia cinese: certezza della pena sicuro, certezza del giusto processo purtroppo un po’ meno.
© – FOGLIO QUOTIDIANO
di Claudio Cerasa
@ martinello
ovviamente, larrondo ha sconfessato carobbio: è uno dei 23 che hanno firmato una dichiarazione giurata a favore di conte
Segnalo all’attenzione di coloro che vogliono capire qualcosa dell’ennesimo misfatto compiuti ai danni della Juventus, della famiglia di Umberto Agnelli, dei tifosi e soprattutto di Antonio Conte e di Angelo Alessio, alcune riflessioni condotte sulle mille contraddizioni presenti in una sentenza che non riconcilia certo con il diritto e con la giustizia . Una sentenza che la corte presieduta da Artico non avrebbe avuto neppure il diritto di pronunciare, avendo già bellamente anticipato il proprio giudizio all’atto di respingere, come da copione, la proposta-trappola di patteggiamento per la non congruità della pena. Ho letto la sua risposta, dott. Beccantini, a quanto avevo scritto a pag.75 sulle partite insabbiate.
http://www.beckisback.it/2012/08/03/non-ci-voleva-un-genio/comment-page-75/#comments
In effetti, è vero, noi juventini, troppo presi a goderci il campionato splendidamente vinto, avevamo trascurato di notare che lo scandalo del calcioscommesse che coinvolgeva, con tanto d’intercettazioni, quasi tutte le società di A, Juve esclusa, era stato bellamente insabbiato da procura federale e stampa di regime. Troppo tardi ci siamo accorti che quatti quatti le Pravde e gli emuli di Vishinsky avevano trasformato lo scandalo delle scommesse in una trappola per Conte ed Agnelli, confidando sulla totale arbitrarietà che caratterizza la giustizia di questa FIGC soprattutto quando è coperta dalle grancasse del potere. Arbitrarietà, badi bene, non sommarietà perchè certe società come la magggica e le milanesi non vengono sfiorate, non dico da deferimento ma neanche da indagini e neppure in presenza di evidenze come quelle emerse dall’inchiesta di Cremona. Per loro il processo sportivo resta garantista, non ha bisogno di essere riformato. Lei invece ha attribuito a noi juventini sentimenti che i fatti hanno dimostrato esserci estranei e che mi pare piuttosto di notare nelle sue risposte troppo compiaciute per uno che si dice juventino. Non è quello che dice a dolermi ma come lo dice. Sembra Crosetti. Sei anni fa mi spiegai, purtroppo, l’atteggiamento della Stampa di Torino e del suo entourage. Ma oggi? Di nuovo? Non posso crederci.
Ecco i link
http://www.barzainter.it/?p=9134
http://www.barzainter.it/?p=9111
Delusione volley maschile. La favola della gara perfetta è durata troppo poco e ci siamo imbattuti nel superbo volley brasilero ed è stata dura lezione. Spero nel bronzo ma ci vorrà altra partita-miracolo. Sulle tribolate vicende (imho, confuse e piene zeppe di dubbi e mezzi strafalcioni) del calcio-scommesse mi è venuto un appuntino: Beck scriveva qualche intervento fa che lo juventino ha conosciuto la gravità di scommessopoli solo quando un tal Carobbio ha pronunciato a Palazzi il nome di Conte. Però nel contrappeso, la solita mezza italia anti-juventina ha identificato il marciume di scommessopoli con la figura di Conte, che pure (tenta) di patteggiare e invece doveva essere condannato per illecito senza indugio. Non mezze misure, mezze cattiverie da ambo i lati. Goodnight.
Se la vostra giustizia sportiva è “giusta”, Pubblico il commento ricevuto da una mia lettrice che si firma ivan perotto rispetto all’articolo “10 mesi di squalifica ad Antonio Conte. Porcherie alla moviola a mezzo stampa” del blog di Oliviero Beha:
«Dunque, al di là del fatto che l’anticipazione delle sentenze lascia qualche perplessità; al di là del fatto che la “giustizia” sportiva continua a prevedere la colpevolezza a priori e l’onere della prova a discarico per l’imputato; al di là del fatto che si continua a scrivere sui giornali di juventini accusati e condannati, dimenticando che gli atti per i quali sono incriminati non riguardano in alcun modo la Juventus. Al di là di tutto ciò vi sono alcune questioni che fomentano dubbi, quantomeno dubbi.
a) Carobbio, che accusa Conte, ed è smentito da altri ventiquattro testimoni. Per lui, condanna a 2 mesi per illecito sportivo. Per Conte, accusato di omessa denuncia, condanna a 10 mesi. Vi è un po’ di sproporzione;
b) Masiello, che accusa Bonucci e Pepe, ed è anch’egli smentito da vari testimoni. Per lui condanna a 26 mesi, assoluzione per gli altri. Qualcuno manco preso in considerazione poiché dipendente di una squadra “onesta”;
c) dirigenti, allenatori e giocatori del Bari condannati per illecito sportivo, ma la società assolta. In questo caso non si applica la “responsabilità oggettiva”;
d) nessun giornale parla di Bortolo Mutti, accusato e condannato per illecito sportivo, tutti si concentrano soltanto su Conte e sull’omessa denuncia di una presunta combine smentita da tutti gli interessati tranne uno, ritenuto teste affidabilissimo;
e) si parla di “Scommessopoli” affiancando il nome di Conte, quando costui non è minimamente interessato da quel processo. E ci si dimentica di tutti i giocatori arrestati e incarcerati per le scommesse. Insomma, alla fine l’importante era gettare nella mischia la Juventus, coprendo tutto il marcio del calcio italiano. Andava fermato nel 2006 e ripulito, ma si è preferito anche all’epoca individuare un capro espiatorio. Oggi si vuole ripetersi: cancelliamo dalla memoria popolare “Scommessopoli”, c’è la condanna di Conte – quindi grazie alla stampa faziosa della Juventus – e non è necessario fare pulizia. Il calcio marcio fa comodo a tutti, a partire dai presunti giornalisti della stampa nazionale…».