Mamma mia. Nella classifica Fifa, l’Italia è sesta e la Bulgaria ottantanovesima, eppure per mezz’ora non c’è stata partita. Un disastro, con Buffon non proprio impeccabile. Poi, improvvisa, la doppietta di Osvaldo. Ai tempi di Gigi Riva, avremmo parlato di gol e autogol (di Ivanov), ma sono cambiate tante cose, da allora: anche, e soprattutto, il modo di riempire i tabellini.
Era l’inizio del nostro Mondiale, e invece sembrava la fine del mondo. Troppa euforia alla vigilia, troppo nervosismo dopo. Non era l’Italia vice campione d’Europa; non era, semplicemente, una squadra. Poca roba, Giovinco (undici contro undici, già); e vi raccomando la difesa, da Bonucci in giù. Un’Ital-Juve di piccolo taglio. «Palla al piede», in senso letterale. E gambe molli.
In un periodo storico che ha spinto il centravanti dietro la lavagna, per colpa o merito del barcellonismo messianico, i Radamel Falcao aiutano a tenere in vita il ruolo. Pablo Daniel Osvaldo, 26 anni, sangue argentino, è il classico oriundo e un attaccante abbastanza classico, capace di gol straordinari (quello al Catania, per esempio). Prandelli lo conosce bene, avendolo allenato alla Fiorentina. Alla palla dà del tu, Osvaldo: non altrettanto agli arbitri.
Lievi sussulti nella ripresa, ma poi la Bulgaria ci ha tirati di nuovo per il bavero e appesi al muro. Il pareggio di Milanov è stato un atto di giustizia. Grigi e lenti, gli azzurri, specialmente sulle fasce: e troppo aperti agli spifferi bulgari. Al posto di Prandelli, mi sarei coperto. Questione di gusti. Destro, subentrato a Giovinco, sfiora e risfiora il colpaccio. Sarebbe stato un furto. Abbiamo chiuso in dieci (De Rossi ko). Nazionale al buio: capita spesso, quando spengono Pirlo.
Immagino cosa avrà pensato Abete nell’intervallo: la fortuna non va in prescrizione. E invece, zitta zitta, c’è andata…
Il castello accusatorio di calciopoli e sta ////////////////////////. Dal processo di Napoli //////////// dichiarazioni sconcertanti, come quelle del colonnello dei Carabinieri Attilio Auricchio. A distanza di tempo anche i delatori della prima ora, soprattutto nel campo del giornalismo sportivo, si stanno ricredendo. (unico a restare inchiodato sulle sue posizioni, il “colpevolista” Roberto Beccantini!)
.
Non è mai troppo tardi, verrebbe da dire. In verità c’è anche chi, però, fin dall’inizio aveva avanzato dubbi e perplessità. Fra questi, c’è senza dubbio Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, che nel 2006 aveva fatto il suo mestiere, cioè aveva cercato di verificare le notizie portate avanti dall’accusa. Altri, invece, «non si sono chiesti cosa stava succedendo e si sono semplicemente allineati alla tesi dell’accusa perché faceva comodo così».
Il gotha dei media non ha prestato ascolto neanche a chi, come Ostellino, aveva messo sul tavolo alcune notizie:
«Il giornalismo sportivo esce malamente da questa situazione. Fa quasi ribrezzo».
L’editorialista del Corriere si chiede
«che razza di Paese è questo, dove chi è incaricato di fare un’inchiesta, come il colonnello Auricchio, la legge sui giornali, sulla Gazzetta che era all’avanguardia nelle accuse. Siamo tutti complici. La Gazzetta e altri giornali sono complici».
Anche il sussidiario ha sperimentato in più occasioni l’ostracismo post calciopoli dei giornali nei confronti di Luciano Moggi, ma oggi il vento sta cambiando. «Eravamo – riflette Ostellino – dentro il filone accusatorio da bar sport, ma dopotutto abbiamo avuto una sentenza che, cito testualmente, “riflette un diffuso sentimento popolare”. Moggi nel 2006 non era di moda, poco importa se oggi si comprende che le partite non erano truccate. Ma è serio pensare che il campionato potesse essere truccato, se le partite non lo erano? Persino i giornalisti erano complici, visto che erano loro che estraevano i bussolotti nei sorteggi? Siamo alla farsa».
In tutto questo marasma sembrano un po’ tardive le dichiarazioni dei calciatori (vedi Del Piero sulla restituzione degli scudetti), troppo timidi di fronte all’onda di calciopoli. Non bisogna dimenticarsi che:
«i calciatori sono dipendenti. Avevano capito il silenzio-assenso della Juve, avevano capito che dietro questo silenzio c’era l’interesse della proprietà».
E adesso?
«Adesso i giocatori hanno più coraggio. Ma perché nessuno è andato a vedere l’interesse degli azionisti della Juve e della Fiat. Perché nessuno si è accorto dell’esito della faida interna alla famiglia e alla proprietà?».
Ai più attenti non sarà sfuggito che alla vigilia di quell’estate incriminata,
«ci fu un grande movimento di azioni in Borsa. I giocatori riflettono i giochi di potere dietro la Fiat e la Juventus».
Alla resa dei conti in casa bianconera si era affiancata anche una presa di posizione netta della politica con la scelta di mettere commissario straordinario della Figc Guido Rossi,
«un avvocato d’affari e non di sport, un consigliere dell’Inter: questo dà l’idea di quello che c’era dietro. Siamo un Paese assurdo».
Il tempo è galantuomo. Questa la speranza dei tifosi bianconeri.
…. – 4-4-4 -…. – 4-4-4 -…. – 4-4-4 -…. – 4-4-4 -…. – 4-4-4 -…. – 4-4-4 -…. – 4-4-4 -…. – 4-4-4 -….
.
la Republica.it
Zola-Martins, tutto in un minuto ma il Cagliari contesta l’ arbitro
13 maggio 2005
CAGLIARI – La solita magia di Gianfranco Zola. Il solito gol di Obafemi Martins. E i soliti errori arbitrali, perché ancora non si è capito se le regole esistono e sono mal interpretate, oppure se non esistono affatto e allora l’ interpretazione è libera e allora vale tutto. In ogni caso Cagliari-Inter, semifinale di andata di Coppa Italia, finisce 1-1, rimandando ogni verdetto al ritorno di mercoledì prossimo a Milano. La sfida del S. Elia, per lo più noiosa, ha comunque dimostrato che a questo punto della stagione energie e lucidità sono al lumicino, che la maggior parte degli atleti – e degli arbitri – avrebbe bisogno di vacanze, subito, e che per il bel calcio bisognerebbe darsi appuntamento a settembre senza starci a pensare troppo. L’ Inter danza da subito nella trequarti avversaria con l’ intento di schiacciare l’ avversario e impedirgli anche la fase di rilancio, quella più temibile. Ma il ritmo nerazzurro non è sufficiente ad aprire varchi per Adriano e Martins: le tre linee ben raccolte in non più di trenta metri di campo, il Cagliari mostra di conoscere benissimo l’ arte della chiusura degli spazi. L’ Inter avrebbe bisogno di aria sulle fasce, perché al centro il via vai è peggio di un bazar all’ ora di punta, ma Karagounis e Kily trovano adeguata resistenza in Agostini e Alvarez. La supremazia dell’ Inter è così più che altro teorica, mentre quando il Cagliari prova a distendersi si capisce che per l’ Inter sarebbero dolori. Sarebbero, perché Zola, cui spetterebbe il suggerimento per le corse laterali di Esposito e Langella, non trova il tempo per le sue giocate. Ma in un paio di occasioni le volate di Esposito (8′ e 23′ ) mettono a nudo i limiti di Materazzi, che chissà perché Mancini ha deciso di schierare sulla fascia: gli oltre 20 centimetri di differenza col rivale costringono l’ interista ad apprensioni continue e a una miriade di falli da tergo per impedire all’ avversario di girarsi, ma Materazzi verrà ammonito solo sul finire del primo tempo. Langella invece, contro J. Zanetti (alla partita ufficiale numero 450 in nerazzurro) trova un solo vero spunto (15′ ) su cui la difesa nerazzurra salva in affanno. Per uscire dallo stallo, l’ Inter si affida alle conclusioni di Mihajlovic dalla distanza (una da 45 metri impegnerà Brunner per la prima volta al 28′ ) oppure ad Adriano, che a un certo punto, visto che non arriva un pallone che è uno, va a prenderselo a centrocampo e prova a spostarlo in avanti da solo: due volte assisterà Veron e Martins, ma le conclusioni saranno sciagurate (33′ e 39′ ), una volta andrà lui al tiro da fuori (34′ ) alto di poco. La gara si sblocca nella ripresa, in coincidenza con la ritrovata verve di Zola. Al 4′ Carini combina un pasticciaccio su un pallone innocuo che arriva da metà campo, toccandolo con le mani un metro fuori dall’ area praticamente senza avversari davanti: Bertini dovrebbe espellerlo ma lo ammonisce soltanto (eppure la regola parlerebbe chiaro), falsando così il prosieguo della partita. Alla fine il presidente Cellino dirà: «Si vede che devono far vincere qualcosa all’ Inter. A questo punto non so se serva andare a San Siro la prossima settimana». Comunque all’ ingiustizia rimedia subito Zola: il suo destro su punizione dai 17 metri è un buffetto dolcissimo al pallone che si addormenta in rete sotto l’ incrocio alla destra di Carini. L’ Inter pareggia subito: corner, mischia nell’ area piccola, palla che rimbalza dal braccio di Cambiasso al destro di Martins che è rapidissimo a deviare in rete per il suo ventunesimo gol stagionale, ma anche qui Bertini sbaglia perché il tocco di Cambiasso è irregolare. La sfida si accende, con il pubblico di Cagliari e la sua squadra a sentirsi defraudati di qualcosa. Ma non succederà niente……… DAL NOSTRO INVIATO ANDREA SORRENTINO
COMPLOTTO!……….COMPLoTTO?
.
Ma quale complOtto e complOtto…
200 / 300 milioni…. … . manco fossero noccioline (oppure, comparati alle centinaia di miliardi che Ricchezze E’ “POTERE!” produrranno in futuro…SONO noccioline ?). E’ poi, che ca**o c’entrano con la Juventus questi signori? James Goldsmith discendente della dinastia dei Banchieri Goldsmith è cugino di jacob de Rothschild; Henry Kissinger (amico e stretto collaboratore di Andreotti) è un assiduo frequentatore delle ville dei Rothschild, come lo era di “Casa Agnelli”, condannato per genocidio da un Tribunale Europeo, non può entrare in europa altrimenti perchè sarà arrestato, è stato il mandante dell’assassinio di Aldo Moro secondo la moglie di Moro stesso —(((Moro non era un santo ma fece stampare le 500 lire di carta esenti da signoraggio, non sottostava ad ordini precisi inviati dagli USA e stava per creare un potente Movimento di Centrosinistra non controllabile)))— e lo fece infiltrando agenti CIA nelle brigate rosse. Kissinger per alcuni anni, ebbe come alunno-assistente Lapo Elkann, mentre il fratello John è l’erede al trono di Gianni Agnelli (Nobiltà Nera che ha tra le fila anche Montezemolo ed è controllata dai Rothschild) ed inoltre Vice Presidente dell’Italian Aspen Institute, Bilderberg e frequenta i Rothschild, sposato con la sorella di Beatrice Borromeo, Lavinia, la quale Beatrice collabora da tempo con Travaglio e si reputa una del Popolo Viola. La Famiglia Borromeo è una famiglia nobile ed importante con la passione per la squadra tanto cara a Giammaria Visconti di Modrone: Inter, la cui nipote prediletta Lavina, soffre quanto lui per la malasorte che la persegue. Beatrice (anche ex collaboratrice di Santoro ad Anno Zero) è fidanzata con l’erede del principato di Monaco e figlio di Carolina di Monaco (l’attuale erede al trono Pierre Casiraghi), Lavinia è sposata con John Elkann e l’altra sorella, Isabella, è la moglie del Proprietario del Gruppo API (API, IP, etc..) Ugo Maria Brachetti Peretti. Rothschilds? Era dagli inizi degli anni 50, che avevano “programmato di mettere le mani sul malloppo: su ricchezze e potere.
@blatta
ancora parli? sempre a raccattar merda eh?? ma non ti stanchi mai….. wow!!!
STRUNZ!
Ma del Primario proprio niente, neanche un saluto?
Iosonoblatter,
grazie della benedizione.
Buona cena anche a lei.
x Beppe. questa è da annoverare tra le ingratitudini di Del Piero. In fin dei conti il tanto criticato “uccellino” gli ha fatto guadagnare, e continua ,bei soldoni. Certo il viaggio se lo paga da solo, non si sono accordati con il fratello manager! Questione di dettagli, ma l’accordo non c’è stato ne per lui ne per la Chiabotto. Sonia ha voluto precisare…….. Vuol dire che viaggerà per conto suo…povero uccellino! :))))
Buon pomeriggio a tutti. Letto su “Il Corriere della Sera” :
— Del Piero parte per Sydney: “Arrivederci Italia” — Sono le ultime parole italiane di Alessandro Del Piero, in partenza per l’Australia dall’aeroporto di Malpensa, emozionato all’idea di vivere la sua nuova avventura a Sydney. “L’aereo che sto per prendere ha un sapore speciale, vedremo cosa riserverà, è un aereo carico di tante emozioni, diverse e uniche“ racconta l‘ex leggenda bianconera, in compagnia della moglie Sonia e dei tre bimbi. E’ attorniato da una montagna di bagagli, ma non si sta preparando a una lunga vacanza. “La prima cosa che penso è se ho preso tutto perchè non è una trasferta come le altre…
Commento mio: L’unico che ci ha smenato in questa faccenda è l’uccellino.
Deve farsi il viaggio con mezzi propri.
Che ingratitudine! …
… ora che vi siete auto assolti, per l’ennesima volta, potete cominciare a pensare alla cena!
P.S. Antonio & soci … io non insulto nessuno. Non mi è necessario.
Grazie Quartieri di richiamarci a discorsi più di “campo” che poi sono quelli più belli in cui magari si litiga ma non viene fuori quell’acredine nera di cui agli altri argomenti.
Comunque, io sono dell’avviso che partita per partita debba essere mandata in campo la squadra migliore ma è ovvio che quando qualcuno è stanco devi afidarti a gente fresca.
Esempio: Vidal, Isla e Asamoah rientrano da trasferte intercontinentali e si sono allentai oggi per la prima volta. Mi pare che potremmo risparmiarli per Genova.
Se il turnover forzato è una sciocchezza in quanto il messaggio che dai ai singoli è che giocheranno a prescindere dalla competitività che mettono in allenamento, la mancanza di turnover anche quando qualcuno non è al top è un pessimo segnale alla rosa.
Per questo Domenica ok i nazionali che già da Mercoledì sono a Vinovo, ma stop a Vidal, Isla e Asamoah. Poi quando le gare ogni tre giorni e le squalifiche imporranno rotazioni il tutto verrà da se più semplicemente.
Per Domenica farei giocare: BUFFON; CACERES, BONUCCI, CHIELLINI; LICHTSTEINER, MARCHISIO, PIRLO, GIACCHERINI, DE CEGLIE; VUCINIC, MATRI.