Il gesto di Miroslav Klose. Napoli-Lazio era appena cominciata. Corner per i laziali, gol. Di Klose. Banti, l’arbitro, convalida. Damato, il giudice di porta, pure; Di Fiore, l’assistente, idem. De Sanctis dà di fuori, «è mano, è mano», Cannavaro e compagni circodano minacciosi il tedesco. Al convoglio si aggiunge Banti, per vedere e, probabilmente, per sapere. Klose aveva accennato una tiepida esultanza. Si arrende, confessa. Gol di braccio: netto, come confermerà la televisione. Il San Paolo applaude. La partita continua e finisce: Napoli tre, Lazio zero.
Lezione di tedesco. I giocatori non sono tenuti ad «arbitrare», ma se lo fanno in nome e per conto del fair play, giù il cappello. Ci scanneremo anche attorno al suo gesto. Bepi Pillon, quandò da allenatore dell’Ascoli ordinò di far pareggiare la Reggina dopo un gol realizzato con un avversario a terra, infortunato, si prese del pirla, gentile eufemismo, dagli ultras.
La memoria corre al gol di Muntari e alla confessione di Gigi («Se l’arbitro me lo avesse chiesto, non gli avrei dato una mano»). Difesi la sincerità del portiere dall’ipocrisia dilagante. La Juventus stava perdendo, al suo posto non so mica come mi sarei comportato, se come un diavolo o un cherubino.
Vladimir Petkovic non ha gradito l’atteggiamento di Klose: a caval donato non si guarda in bocca vale anche a Sarajevo. Immagino che gli inviti dei napoletani non fossero proprio oxfordiani. Gira e rigira, con sei arbitri in campo c’è stato bisogno di un settimo, addirittura. Un giocatore. Domandone: cosa avrei fatto al posto di Klose? Avrei confessato? Risposta sincera: non lo so. E voi? Sia chiaro: le mie contorsioni mentali non graffiano minimamente la scelta di Klose. Se mai, la cementano. Per coraggio o per paura, ha «fatto» la verità : il suo gol andava annullato. E lo è stato. Dall’autore.
Gentile Luca, piano con gli anti-insulti, qualcuno potrebbe prenderla – e prenderli – sul serio.
Gentile Iosonoblatter, buon giorno: infandum regina iubes renovare dolorem. Ma non a me, in particolare.
Primario effettivamente L’ospedale era un pò borderline, ma calciopoli era più fresca, faccio l’esempio su me stesso dopo 5 anni e mezzo sono riuscito ad essere più “distaccato”, qua qualche scaramuccia c’è ma mi sembra nella norma (quasi sempre) e sono sicuro che se ci si vedesse a quattr’occhi si potrebbe ragionare discretamente senza accoltellarsi un pò tutti.
Sono un ingenuo?
Fiorentino, ti hanno lasciato solo.
Gentile Cristiano ricordi, questa è una Clinica, non un blog (cit.) ;-))
Scritto da axl rose(30 sul campo) il 27 settembre 2012 alle ore 23:47……Ahahha ahaha haha
@ Dottore Beccantini. Un buon Primario non dovrebbe mai ammettere la propria impotenza difronte le malattie. Questo suo post è una resa incondizionata. Faccia una cosa semplice, semplice: si prenda un buon caffè. I brodini non sono efficaci.
Gentile Luca, per l’amor di (d)io. Siamo tutti sulla stessa barca, You’ll never walk alone.
Gentile Cristiano, anche lei è troppo dolce, oggi. Mi delude. Di odio, in Clinica, ne corre moltissimo. Credo (e spero) che sotto il passamontagna del gentile Fiorentino ci sia l’intenzione di provocare. Fra l’Ospedale e la Clinica, se facesse come la Sartinna, e cucisse, cucisse, cucisse, caro Cristiano, troverebbe odio per i morti, degli juventini per gli interisti, e viceversa. E’ l’Italia. Fosse un altro Paese, avrei aperto un blog, non una Clinica.
L’odio per il calcio significa che il calcio è messo male. All’estero non è che si bacino tra Liverpool e Manchester United ma poi durante la sfida diretta succede quello che è successo ad Anfield in memoria delle 96 vittime riabilitare di Hillsborough, 23 anni dopo. Cristiano, noi non siamo ancora pronti, come si evince dai casi cronici che devo affrontare quasi ogni giorno.
@ Fiorentino. Su La Repubblica c’avrei giurato, però.
Scritto da Roberto Beccantini il 28 settembre 2012 alle ore 12:03
Caro Primario, capisco perchè vuole chiudre dopo l’appello è di un altro passo, non le stiamo dietro, non c’è nulla da fare.