Non è un argomento festaiolo, ma se ne parla anche sotto l’albero. La responsabilità oggettiva. Il Napoli, coinvolto in Scommessopoli, l’ha presa a calci, invocando la separazione dei «mali». E’ un tema ricorrente, implacabile. C’è quella «diretta», quella semplicemente «oggettiva» e quella «presunta»: mille sfumature di grigio. L’ha citata anche Andrea Agnelli, nella sua agenda.
Parliamone. Discutiamola. Guai, però, a polverizzarne l’ossatura. Non sarebbe un nuovo inizio. Sarebbe un’altra fine. Dal 1980 a oggi, nonostante la responsabilità oggettiva, e sottolineo: nonostante, il calcio italiano ha conosciuto lo scandalo del toto-nero, passaportopoli, doping farmaceutico e doping amministrativo, premiopoli, calciopoli e, appunto, scommessopoli. Provate a immaginare uno sport che vi rinunziasse: uno sport in cui eventuali combine – o tentatitivi di – venissero scaricate esclusivamente sui tesserati e non più sui club. Povero sport.
Un buon avvocato vale ormai quanto un buon centravanti. Ci sono casi limite che hanno messo in crisi anche il sottoscritto, dalla celeberrima monetina di Alemao al feroce tavolino di Cagliari-Roma: giusto punire il Cagliari, sbagliato premiare la Roma.
Se ogni partita fa storia a a sé, figuriamoci ogni disputa, ogni controversia, ogni deferimento. Vale, per la responsabilità oggettiva, l’aforisma di Winston Churchill sulla democrazia: il peggiore dei sistemi politici, tranne tutti gli altri. Si cambi, al limite, il percorso della giustizia sportiva. Lo si renda meno frenetico, si sterilizzi l’omessa denuncia, si dia più spazio alle difese, soprattutto adesso che la figura del pentito ha coinvolto – e, in alcune circostanze, stravolto – un iter forzatamente «abbreviato». Ma la responsabilità oggettiva, no: è l’ultima stampella.
x Il Primario. Il suo post delle ore 12.33 è diretto, penso, a Leo 54 e non a Little Lions… Little Lions, anzi Sir Little Lions è impegnato in altre faccende non ultime quelle relative alla visita della Regina delle ore 17,00 per il consueto The. Per quanto riguarda l’argomento, mi lasciano perplesso le condizioni per cui scatta l’attuale reato denominato “responsabilità oggettiva delle Società ” . Così come è gestita non va. Le Società hanno diritto ad una forma di cautela e di tutela. Non mi va di come viene nominato l’Organo giudicante. Sto pensando ad abete che critica agnelli e non fa autocritica, e di contro spera nel rinnovo della carica, che pensa automatica, per come ha fatto con il rinnovo di quella al Super Procuratore federale. Abuso di potere Primario, sfacciataggiane pura aggiungo io! Little Lions
Vado, Pazienti. Buon appetito a todos. Buon proseguimento di giornata.
Il Primario
Gentile Little Lions, questi siamo. Non sono i giudici sportivi a esprimere noi, siamo noi a esprimere i giudici sportivi.
Gentile Riccardo Ric, il dubbio ci unisce (una tantum).
E’ difficile non essere diffidenti nei confronti della giustizia sportiva così come è stata messa in scena in questi anni sventurati.
Non solo perchè la responsabilità presunta è un abominio che fa strage di ogni ragionevolezza: una società sportiva, inconsapevole di tutto, è chiamata a pagare il fio anche quando “non ci sono soggetti del club coinvolti, ma soggetti allo stato sconosciuti che però abbiano posto in essere atti per favorire quella società ”.
Il profilo così ambiguo di questa responsabilità rende necessario dotarsi di buoni avvocati prima ancora che di un buon centravanti.
E i margini di ambiguità interpretativa coinvolgono anche la responsabilità oggettiva.
Ma tutto ciò è nulla se paragonato al vero , grande ed irrisolto problema della dipendenza della giustizia sportiva dal potere politico sportivo pro-tempore.
Dal sig. Palazzi , tenuto per alcune settimane a bagno maria da Abete prima di essere confermato super procuratore al mitico commissario guido rossi che con un colpo di spugna cambiò sequenza e numero delle commissioni giudicanti e , per non farsi mancare nulla, costrinse alle dimissioni i giudici naturali ( Delise e Martellino se la mia memoria non fa cilecca) per insediare i consacrati Ruperto e Sandulli.
Chi si fiderebbe di un tribunale in cui i PM e anche i magistrati giudicanti vengono cambiati secondo l’umore, le credenze e le necessità del potere politico?
Naturalmente nessuno. E in effetti si è assistito a giudizi con metro interpretativo variabile, con tempi brevissimi e iugulatori oppure lunghissimi e prescrivendi.
In alcuni casi attentissimi alla forma e al rispetto dell’accusato, in altri sbrigativi fino all’inquisizione.
In alcuni casi politici e realistici ( Carraro:”non mando in SERIE B una squadra che ha investito 650 miliardi nel calcio”), in altri etica e Kantiana.
In sostanza dare strumenti così ambigui in mano a QUESTA giustizia sportiva dipendente e ruffiana è il problema e nessuno , se non quelli colpiti, non a caso, vogliono metterci mano.
E’ quello che mi chiedo anch’io. Ne cerco traccia nelle interviste ai giocatori e dirigenti, ma al momento ho trovato niente. ( sia mai detto che nelle centinaia di conferenze-stampa ed interviste venga posto qualche quesito di spessore, potrebbe far male ai cervelli di chi legge…..).
Mi chiedo se ai giocatori viene dato un vademecum sulla giustizia sportiva, sui comportamenti da adottare ed anche se viene raccomandato loro di stare MOLTO ATTENTI a cosa dicono al telefono o negli sms, quando parlano con dei loro colleghi, che da una battuta può nascere chissà cosa….
Gentile Riccardo Ric, grazie della critica. Ho scelto “quella” esigenza perché tira aria di bombardamento contro la responsabilità oggettiva. Si può lavorare “attorno” alla r.o., non “sulla”. Mi chiedo: a un giocatore che arriva in una società , giovane o anziano che sia, sa cos’è, gli viene spiegato, sa fin dove può arrivare (la r. o.)?
e Criscito c’entra niente direttamente, ma quel che è accaduto a lui ancor mi indigna.
e viva Criscito, per sempre.
Concordo, anche se pone l’accento più sull’esigenza di conservare rispetto a quella di riformare. Quell’ “al limite” è emblematico. VA MODIFICATO il percorso; è indispensabile tanto quanto mantenere il principio della responsabilità oggettiva, come dell’omessa denuncia, come del tentativo di illecito uguale illecito.