Le prime volte meritano sempre rispetto. Soprattutto, quando c’è di mezzo il razzismo, cancro che in Italia continua a trovare facili spunti. La notizia della sospensione di Pro Patria-Milan ha fatto il giro del mondo. L’importante è che il segnale forte (partita spezzata per reiterati buuu a Boateng e c.) faccia aggio sulla circostanza debole (era un’amichevole). E ancora più importante sarà che, tra i segnali forti, la volontà di combattere il becerume hooligan (match fermato) prevalga sulla voluttà – del becerume hooligan – di tenere in ostaggio le maggioranze «per bene» (match fatto fermare).
Diranno i milanisti: non siete mai contenti. Hanno ragione. Al posto dell’arbitro (e di Allegri) avrei interrotto il gioco ai primi insulti contro Boateng ma poi, per rispetto del resto dello stadio, lo avrei ripreso. O almeno ci avrei provato. Me ne sarei andato solo di fronte a un’altra pioggia di cori. Il codice Fifa parla chiaro.
Sono anni che in Italia ci tramandiamo il dilemma: continuare o smettere, smettere o continuare. Dal caso Morosini al caso Busto: la differenza dell’argomento, profonda e lacerante, non si sottrare alla stessa «ratio». Come onorare un morto sul campo, fermandoci tutti per un giorno o fermandoci tutti per un minuto di «quel» giorno? Come reagire alle curve che brindano a Hitler e oltraggiano la pelle degli uomini, lasciandoli padroni del destino, come a Busto, o portandoli in galera, come in Inghilterra?
Bando alle chiacchiere. Meglio la cesura di un’amichevole che il nulla di sempre. Teniamoci il messaggio. Ai giovani, agli anziani, ai neutrali, ai politici, alle forze del calcio e della polizia. Attenzione, però: in un Paese normale, lo stop di Busto diventerebbe «legge» a tutti i livelli, dalla serie A agli oratori. Inclusa la pallonata giustificazionista di Boateng. Uhm. Dal momento che siamo in Italia, rimane il messaggio, duro, secco, ma anche il dubbio, ancora più secco.
Buongiorno a tutti. D’accordo Teo. Lo avevo già scritto ieri. Televisioni a circuito chiuso. zummate e poi toccare il portafogli e fargli passare una paio di giorni e notti (casi più lievi) in gattabuia. Leo
Segna Leo, ti do i miei pornostici: Sant’Ajata-Bovino 2-0; Tigre Arkan-Sucunnu 4-1; Nordest-prescritti 1-2; Giulietta-Nerazzurri 1-1; Frociona-Retrocessi 3-0; Lanternino-Balanzone 1-2; Gobbi-Samp 1-1; PDL Mediaset-Siena 3-0; Prosciutti-Isolani 2-0; Ciucci-Romolè 4-5.
Sono d’accordo con Teodolinda56, purtroppo.
Altro però è il meccanismo per cui a questi soggettini quando passano i tornelli dello stadio scatta un click e ritengono di poter fare, la dentro, tutto quello che la fuori non possono fare. Qualcuno glielo ha fatto pensare negli ultimi 30 anni, almeno. Per ingenuità . solo?
Fuori sono dei bulletti più o meno pericolosi, ma che non si sognano di buttare una moto dal poggiolo, dentro vien fatto loro di pensare che ci sia una sorta di zona franca a diritto sospeso.
Se a quelli che divelgono, nei casi più banali, i seggiolini dello stadio gli pignori i mobili o il quinto dello stipendio (se lo hanno) per direttissima, oppure non si possono comprare più l’aifon con cui sentirsi integrati nel branco, forse qualche effetto lo ottieni. MI viene in mente che al gattino di casa per insegnargli a non fare la pupù in giro per casa, gli si mette il musetto dentro, e non lo fa più.
@Lex. Ti riporto il titolo di un articolo di Oddenino su La Stampa on-line di oggi. A te le riflessioni:
“Vertice di mercato: caccia a una punta
Drogba è il sogno, più facile Gabbiadini.”
Ora io immagino che susciterò la ribellione dei benpensanti, ma tant’è. Il problema del razzismo non nasce negli stadi, e non si può curare negli stadi. Il razzismo è insito all’animo umano (bestia?). Non prendiamoci in giro, chiedendo al calcio di curare i difetti della società : gli spalti sono cloache, casini, quartieri malfamati. Le forze dell’ordine, le leggi e le pene possono contrastarlo. Certamente una buona educazione influisce in maniera determinante, ma purchè inizi da piccoli. A dodici anni è già tardi, o sei educato o …. Le curve non sono banchi di scuola o nuclei familiari dove si disserta di problemi sociali. Dunque la repressione, con le telecamere a circuito chiuso. Gli hooligans non sono stati educati e “curati” dall’oggi al domani. Chiedere per conferma.
Beck… Perche’, in fondo cosa abbiamo scritto? Io per esempio sono anti ritiro, in linea con Seedorf, altri invece sono pro… Vero, in mezzo abbiamo parlato anche un po’ di Llorente e di Marotta, ma e’ la nostra debolezza… ;-)
E’ un po’ quello che mi sarebbe piaciuto leggere – a opinion veduta – in questa Clinica.
Scritto da Roberto Beccantini il 4 gennaio 2013 alle ore 21:40……………..Invece, sig. Beccantini? Questa non l’ho capita.
Gentile Lovre51, grazie del contributo. E’ stato bello leggervi. Ci vogliono le palle, parole sante: non solo nelle amichevoli, però. L’ampiezza del dibattito è data dalle posizioni di Lilian Thuram, ex juventino (pro ritiro) e Clarence Seedorf, ex milanista (anti ritiro). Mi sono commosso. E’ un po’ quello che mi sarebbe piaciuto leggere – a opinion veduta – in questa Clinica.
Boateng ha fatto benissimo e spero lo rifaccia,se serve!Questo lasciar correre tutto e’ segno di egoismo e menefreghismo,cominciamo a colpire i tifosi normali quelli che non sono capaci,per quieto vivere,di prendere a calci in culo i fatidici(Quattro gatti)!!Il problema di tutti i guai degli stadi e’ che la maggioranza e’ succube degli ultras….Le palle ci vogliono!!!Dieci cento mille Boateng….
Io lascerei perdere il bambino e quello che puo’ aver imparato da Boateng o dagli imbecilli. Il bambino non ci ha capito niente, il bambino imparera’ da quello che gli spiegheranno i suoi genitori sul razzismo, da come lo educheranno, imparera’ dalla scuola dove, molto probabilmente, ci sara’ un bambino di colore, anche nella sua stessa classe e come imparera’ a conviverci.