Un lettore mi sollecita un commento sul caso Armstrong. L’uomo che vinse il cancro e un «cancro» è diventato: per il ciclismo, per lo sport. Non sono un tuttologo. Non sono un moralista, o almeno spero. Mi chiedo, piuttosto, se certe cose avvengono perché si fustiga troppo o perché si fustiga troppo poco. Qualcuno mi sa rispondere?
I sette Tour strappati, letteralmente, cancellano ogni confine. Siamo al di là di tutti e di tutto. I silenzi, i depistaggi, le bugie, le indagini, la confessione fanno tanto «Delitto e castigo»: dentro di noi si agita sempre un lembo di Raskolnikov. La domanda resta immutata, nei secoli: perché? Tiro a indovinare: perché, forse, Lance si sentiva in credito con la vita e con la società (io so cosa significa lottare con un tumore, voi no; dunque, ho più diritti di voi). Perché, simbolo condiviso e riverito, era a conoscenza delle regole del branco, e delle sostanze che giravano e rendevano forti anche i meno forti di lui. Per cupidigia, per ingordigia, per leggerezza. Per complicità assortite, in alto e in basso, perché gli sport – quelli poveri ed eroici, soprattutto – hanno bisogno di principi azzurri e di favole da raccontare, con cui reggere la concorrenza, catturare spazio, sedurre sponsor, rastrellare denaro (anche per nobili fini).
Ci siamo cascati quasi tutti. Cosa avremmo pouto fare di più, e di meglio, noi giornalisti? Avremo avuto le nostre colpe, ma i controlli non spettavano a noi: se mai, il controllo. E come ammonisce il professor Alessandro Donati, il doping corre più veloce dell’anti-doping. Quello che mi stupisce, da non addetto al ciclismo, è la «realtà » di Armstrong: possibile che fosse così sicuro di restare coperto, impunito e invincibile? Siamo di fronte a un doping sistematico, di squadra, di cupola, non a casi sporardici; a un decennio, mica a un banale momento di debolezza (sic). Spero solo che si sia pentito.
Buonasera a mr. Beccantini e a tutti. Mister, mister, lei mi risveglia un dolore che scopro ancora forte come il primo giorno. Mi ero arrampicato sul Mortirolo, che il gallo non aveva ancora cantato, per aspettare il Pirata, il 5 di giugno del ’99. Ero sicuro che sarebbe arrivato solo, con quella pedalata elegante da libellula e quelle grandi orecchie da bambino triste, come aveva fatto qualche giorno prima ad Oropa. Quando cominciò a spargersi la voce che era stato fermato a Madonna di Campiglio si pensò allo scherzo di qualche mattacchione. Dalla radio arrivò la conferma, fredda e cruda.
Era tutto vero. In qualche asettico laboratorio di qualche plurimiliardaria multinazionale era stata rimescolata la pozione cha lo avrebbe portato, solo e abbandonato da tutti, a morire in una squallida stanza d’albergo. Oggi la multinazionale si è raffinata, le pozioni sono sempre più difficili da scoprire (e chi ne ha voglia?) e forse non fanno più morire, almeno non subito.
Non so perchè lo ha fatto l’americano Lance. Credo di sapere perchè lo ha fatto Marco da Cesena, che faticava e buttava sudore su per le salite mentre i suoi amici perdevano i giorni seduti a un tavolino a parlar di ragazze. Un giorno ha trovato qualcuno che gli ha fatto credere che si può ottenere tutto quello che si desidera senza troppo faticare. Per lui, e per la la mia generazione, quel giorno è stata la fine dei giochi.
Beloki e Kloden, ad onor del vero, dovrebbero avere la fedina pulita.
Zulle 1998 scandalo festina:
“Nel 1998 fu coinvolto nello scandalo Festina, scoppiato durante il Tour de France di quell’anno: insieme ai compagni di squadra e connazionali Armin Meier e Laurent Dufaux ammise, pur non essendo mai stato trovato positivo ai test antidoping, di aver fatto uso di EPO. Tornato a gareggiare già ai primi di agosto,[4] partecipò anche alla Vuelta a España del mese seguente vincendo la cronometro di Fuenlabrada e chiudendo ottavo in classifica. Nell’ottobre dello stesso anno venne però squalificato per otto mesi, con decorrenza immediata, dalla Federciclismo svizzera,[5] salvo poi essere graziato dall’Unione Ciclistica Internazionale e vedersi ridotta a sette mesi (fino al 1º maggio 1999) la sanzione.[6]”
Fonte wikipedia
Grazie del contributo, gentile Luca.
X il Beck – se Arrmostrong fosse atato un giocatore della Juve l’avrebbero scoperto prima.
Rispondo al perchè , non a quello individuale-esistenziale di Lance, non a quel perchè un giovane cacciatore di corse di un giorno si è, o lo hanno, trasformato nel cannibale dei nostri giorni, questo non lo so.
Il Perchè generico invece è semplice basta aprire Wikipedia, alla voce Tour de france albo d’oro:
Lo avevo scritto un pò di mesi fa quando uno dei gregari aveva spiegato ben benino cosa si faceva all U.S Postal,
Facendola breve, semplificando e stagliuzzando, tolgo Wiigins Evans e A. Schleck non ho elementi e lo seguo più poco il ciclismo, solo rimanendo ai vincitori si torna al 1995 Miguelon el Navarro, gli altri sono invischiati tutti, e a occhio senza andare a spulciare le varie biografie anche molti dei “Podisti” ( ad esempio l’argomento: “e certo Armstrong ne ha fatti sette” non regge, tre sarebbero di Ullrich e uno di Basso.Su Beloki Zulle e Kloden la mano che non li abbiano pizzicati non la metto, ma mi informo), l non ultimo il nostro Ivan Basso, gran bel corridore, al tour, nei suoi anni migliori.
Se per caso si trovasse qualcosa sul Navarro, si andrebbe a ritroso sino a Lemond……….. e al muro di Berlino o giù di li.
Non esageri, Lex. Più lo rileggo e più mi accordo di avere fatto troppe domande e dato poche risposte.
Manda una copia di questo articolo a Bulbarelli. Magari impara qualcosa…
Grazie a lei, gentile Lex, per lo spunto.
Bravo Beck!……e aveva pure il coraggio di pèarlar male di Pantani che gli suonò certe scoppole in salita. Pantani che, fu sospeso per ematocrito alto (a causa del doping o no?) ma non per doping. Doping di squadra ma non solo…..anche doping delle istituzioni…..è impossibile che solo la squadra lo coprisse (in my opinion).