Il Belgio è stato senza governo per 540 giorni e non risulta che sia scomparso dalle mappe. Mai una volta che simili «calamità» colpiscano noi. Non penso alla politica, ma allo sport e alla politica dello sport. Penso, soprattutto, ai dirigenti e alla Lega calcio. Siamo proprio sicuri che, se la abolissimo, la Federazione non ce la farebbe a organizzare i campionati (e gli gnomi di Singapore a taroccare comunque le partite)?
Abbiamo una classe di dirigenti senza classe. E, soprattutto, sempre quelli. Carraro, ex di sé stesso fin dalla culla. Geppetto Petrucci e i suoi Pinocchi della pace; Abete, «incompetente» fino a vecchio ordine. La Lega, in compenso, è un allegro bodello all’interno del quale cambiano i tenutari, ma non le abitudini. Ai tempi della Triade, Adriano Galliani era presidente, oggi è vice. Presidente, dimissionario dal 2011, è sempre Maurizio Beretta in quota Unicredit/Roma. Siamo passati dall’alleanza Juventus-Milan, vittoriosa fino a Calciopoli, alla ditta Inter-Juventus, sconfitta nelle urne di venerdì. Tra i consiglieri freschi freschi, spiccano il pluri-condannato Enrico Preziosi, nonché Claudio Lotito, un anno e tre mesi per froda sportiva in primo grado a Napoli; per tacere di Massimo Cellino, il boss del Cagliari che da Miami, via fax, invitò i tifosi a riempire lo stadio chiuso dal prefetto.
Ai leghisti interessano soltanto due cose: il rigore e i quattrini. Al primo provvedono gli arbitri; per la distribuzione dei secondi, basta farsi prestare dal Cavaliere il ragionier Spinelli. Dunque: si sciolga la Lega e si trasferiscano i compiti in Figc. Certo, in via Allegri (allegri?) servirebbe un presidente forte, non un Abetino. Se però anche Andrea Agnelli che tanto sbraita l’ha votato, il presidente della Juventus non sarà «la zitella isterica in crisi di astinenza» dipinta dal fosco e volgare Pulvirenti, ma neppure, o non ancora, lo statista che i suoi tifosi sognano.
Dimasdumas, ci sono fosse piene di voci sui caffe’ corretti all’anfetamina, serviti dal barista Herrera……e non le ha riempite Moggi quelle fosse.
Caro prescrittororosso, quando imparerai la differenza tra onesto e impunito?
axl mi pare una chiara manovra di Moggi quella di mettere in giro queste voci sui caffè all’anfetamina.
Come all’epoca era capostazione e non aveva intrapreso la carriera di dirigente calcistico?
Queste mi paiono sottigliezze.
Saluti
….invece le telefonate di Faccheti e Moratti, secondo Narducci, “piaccia o non piaccia non c’erano”.
……e nemmeno il giudice che ha rigettato la querela intentata da Facchetti contro Ferruccio Mazzola, la pensa come il prescrittororosso sui caffe’ serviti dal barista Herrera.
…..pare che nemmeno Palazzi la pensa come il prescrittororosso, sulle telefonate di Facchetti.
TOROROTTO, BIMBINO SMEMORATO
La Grande Inter è una squadra di “invincibili” che negli anni ’60 vinse in Italia, in Europa e nel mondo.
Tra i tanti giocatori passati per la Grande Inter, uno, Ferruccio Mazzola, fratello minore di Sandro, ha fatto, non troppo tempo fa, delle rivelazioni sconvolgenti: “Sono stato in quell’Inter anch’io, anche se ho giocato poco come titolare.
Ho vissuto in prima persona le pratiche a cui erano sottoposti i calciatori. Ho visto l’allenatore, Helenio Herrera, che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. Qualcuno le prendeva, qualcuno le sputava di nascosto. Fu mio fratello Sandro a dirmi: se non vuoi mandarla giù, vai in bagno e buttala via. Così facevano in molti. Poi però un giorno Herrera si accorse che le sputavamo, allora si mise a scioglierle nel caffè. Da quel giorno “il caffè” di Herrera divenne una prassi all’Inter”.
Già questo basterebbe per rimanere allibiti, per restare senza parole.
Ma c’è di peggio. Sì perché molti di quei giocatori, molti di quei protagonisti della “Grande Inter”, oggi non ci sono più.
Ma cosa c’era in quelle pasticche?E’ lo stesso Ferruccio Mazzola a dirlo.
”Con certezza non lo so, ma credo fossero anfetamine. Una volta dopo quel caffè, era un Como-Inter del 1967, sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale, come un epilettico. Oggi tutti negano, incredibilmente. Perfino Sandro…Sì. Sandro e io, da quando ho deciso di tirare fuori questa storia, non ci parliamo più. Lui dice che i panni sporchi si lavano in famiglia. Io invece credo che sia giusto dirle queste cose, anche per i miei compagni di allora che si sono ammalati e magari ci hanno lasciato la pelle. Tanti, troppi…”.
E’ qui che la storia comincia a farsi tragica. Mazzola inizia un resoconto dettagliato di tutti i giocatori di quella squadra che oggi, per un motivo o per un altro, non sono più vicini ai propri cari, tutti stroncati, o comunque colpiti, da malattie a volte rare che, tra gli ex calciatori, hanno una percentuale di casi molto maggiore alla media nazionale.
Ma chi sono questi giocatori?
“Il primo è stato Armando Picchi, il capitano di quella squadra, morto a 36 anni di tumore alla colonna vertebrale. Poi è stato il turno di Marcello Giusti, che giocava nelle riserve, ucciso da un cancro al cervello alla fine degli anni ’90. Carlo Tagnin, uno che le pasticche non le rifiutava mai perché non era un fuoriclasse e voleva allungarsi la carriera correndo come un ragazzino, è morto di osteosarcoma nel 2000. Mauro Bicicli se n’è andato nel 2001 per un tumore al fegato. Ferdinando Miniussi, il portiere di riserva, è morto nel 2002 per una cirrosi epatica evoluta da epatite C. Enea Masiero, all’Inter tra il ’55 e il ’64, sta facendo la chemioterapia. Pino Longoni, che è passato per le giovanili dell’Inter prima di andare alla Fiorentina, ha una vasculopatia ed è su una sedia a rotelle, senza speranze di guarigione…».
A parte Armando Picchi e, forse, Tagnin gli altri sono nomi meno noti rispetto ai grandi campioni, rispetto a chi in quella Grande Inter ha giocato di più.
Ma è sempre Ferrucci Mazzola a spiegare il perché.
”Perché le riserve ne prendevano di più, di quelle pasticchette bianche. Gliel’ho detto, noi panchinari facevamo da cavie. Ne ho parlato per la prima volta qualche mese fa nella mia autobiografia (“Il terzo incomodo”, scritto con Fabrizio Càlzia, Bradipolibri 2004, ndr), che ha portato al processo di Roma». Quando gli è stato chiesto il perché sia arrivato tutto in un’aula d Tribunale, la risposta di Mazzola è stata chiara e inequivocabile: “Perché dopo la pubblicazione di quel libro mi è arrivata la querela per diffamazione firmata da Facchetti, nella sua qualità di presidente dell’Inter. Vogliono andare davanti al giudice? Benissimo: il 19 novembre (eravamo nel 2005 n.d.b.) ci sarà la seconda udienza e chiederemo che tutti i giocatori della squadra di allora, intendo dire quelli che sono ancora vivi, vengano in tribunale a testimoniare. Voglio vedere se sotto giuramento avranno il coraggio di non dire la verità”.
Ma lei di Facchetti non era amico?
“Sì, ma lasciamo perdere Facchetti, non voglio dire niente su di lui. Sarebbero cose troppo pesanti”.
PORTATO IN TRIBUNALE DAI LADRONI MERDAZZURRI, F MAZZOLA VINSE LA CAUSA INTENTATAGLI PER DIFFAMAZIONE.
Ezio@ Noi gobbi Facchetti non dobbiamo nemmeno pensarlo, pare si faccia delitto di lesa maestà.
saluti
tororosso@.Vero la pena estingue il peccato e ridona candore alla fedina penale.
Benissimo allora eviterei da parte tua di tirare in ballo ancora la Juve e additarla come la più disonesta e ladrona del calcio italiano.
Dopo la serie B noi siamo ridiventati innocenti e candidi quasi quanto l’inter.
Si sa il primato dell’onestà è il vs.
Saluti
egregio Red Bull, Sconcerti non è certo un compagno di tifo, ma sulle telefonate di Facchetti non la pensa certo come lei………