Borussia, dunque. Senza se e senza ma. Fra andata e ritorno il Real si è aggiudicato soltanto i primi 15’ e gli ultimi 10’ della sfida al Bernabeu. In mezzo, tanto Borussia: dal poker & traversa di Robert Lewandowski al nitore delle geometrie. La Casa blanca insegue la «decima» del 2002, ma i soldi non sono tutto: e nemmeno Mourinho lo è. Lo avrà capito? Come immagino si sia capito quanto vale il Barcellona se Messi non gira o il Real, che pure ha una rosa più vasta, e l’ha dimostrato, se Cristiano Ronaldo balbetta.
Al leader massimo il madridismo chiedeva il trofeo massimo: la Champions. Tre semifinali, la prima persa col Barça (tra i por qué), la seconda ai rigori (col Bayern), la terza sul piano del gioco. Briciole, per il suo ego. Mou ha bisogno di nemici, se li è cercati anche all’interno (Jorge Valdano, Iker Casillas, Sergio Ramos); e in materia di «prostitute intellettuali», non frequento i viali spagnoli ma devo dedurre che, nel fissare gli aggettivi, ci sia stata più bagarre che in Italia. A José piace spaccare: seduce per quello che vince, non per come vince. Resta un grande: i tifosi di Porto, Chelsea e Inter non lo dimenticheranno mai.
A differenza della saga barcellonista, scandita spesso dagli allenatori, l’epopea del Real è storia, soprattutto, di giocatori: da Alfredo Di Stefano a Cristiano Ronaldo. Anche questo ha pesato sull’avventura del Vate. La partita è stata ribaltata da Benzema, escluso dalla formazione iniziale (ahi, ahi). I soldatini di Jurgen Klopp, giù il cappello, la stavano controllando agevolmente. Il raddoppio di Sergio Ramos ha collegato i fremiti notturni al romanzo del «miedo escenico». Troppo tardi.
Uomini di ferro su navi di legno hanno eliminato uomini di legno su navi di ferro. Sarebbe sbagliato crogiolarsi nella quasi rimonta dopo il quasi fiasco. In finale, a Wembley, giocherà il Borussia. La squadra migliore, non la squadra più forte.
Comunque la si veda, l’unico a non esser mai messo in discussione è il mitico Sir Alex Ferguson, da oltre 24 anni al timone dei diavoli rossi. A prescindere dai risultati la “sua” squadra (perchè non ne avrà altre) ha giocato un calcio sempre divertente, sfrondato dal solito eccesso di inglesismi già conosciuti e capace di tenere ampiamente testa anche alle realtà europee diventate moda. La sua maniera di fare e proporre calcio è, ed è rimasta sempre unica. Dimostrazione è che i vertici manageriali dello United mai si sono sognati di mettere in discussione un totem di siffatto peso storico. A riprova della grandezza di Lippi una affermazione del tecnico d’oltremanica: si augurava sempre di non incontrare mai “quel figlio di puttana di Lippi…” . Tecnicamente parlando s’intende. Ed è tutto dire.
Orrore.
Invece con Zeman avrebbe giocato da attaccante esterno, se non centrocampista laterale…
o “costretto” a giocare da seconda punta, o peggio, esterno alto? (avrei detto “ala”, ma lo slang calcistico moderno non contempla più tale termine…)
Beck, si rende conto che con Sacchi, Zidane sarebbe finito in panchina, sì?
Gentile Riccardo Ric, buon giorno. Parlo in generale. Poi, è chiaro, ci sono i casi specifici, le eccezioni. Ci mancherebbe. E più che al Lippi ct pensavo al Lippi juventino, onestamente.
Beck, Lippi fra quelli che amano fare la prima mossa? Certo, quando la situazione lo richiede. Si riveda Italia-Australia (Australia, non il Brasile) Mondiali 2006, ancor prima dell’espulsione di Materazzi. In dieci dietro la linea della palla, che la fisicità degli australiani poteve metterci in difficoltà assai….
Mitico Marcello….
I fatti del 2006 hanno generato molti danni, soprattutto a livello cerebrale.
Scritto da Il gentile fiorentino il 2 maggio 2013 alle ore 12:16
Ad altri hanno generato molti vantaggi, soprattutto a livello professionale.
Ah, preferisco i primi…
Io invece gli allenatori li divido in due categorie
1) Gli eclettici, quelli che sanno adattare tatticamente la squadra alle circostanze (valore e caratteristiche dei propri giocatori, della squadra avversaria, del momento di forma, eccc ec). E vi rientrano Trap, Lippi, Capello, Conte, Mourinho, Ranieri, Mazzarri, Prandelli, Montella.
2) i “nipotini di Sacchi”, (per fortuna categoria in estinzione) quelli che hanno il “loro gioco” e che costringono i giocatori al modulo, e non il modulo alle loro caratteristiche tecniche (Sacchi, Delneri, Ancelotti, Zeman, Van Gaal, Benitez, Galeone, Gasperini, e chissà , forse Guardiola, vedremo, ecc ecc)
..
Poi vi è la sottocategoria di quelli capaci di sollecitare gli aspetti motivazionali. (importantissimi, ancor più nel calcio moderno).