Credo che Antonio Conte resterà alla Juventus. Insieme, cercheranno di vincere il terzo scudetto consecutivo, impresa che manca dagli anni Trenta, e di diventare più «europei». Non c’è esperto che non gli abbia riconosciuto la paternità della doppietta: tutti, rivali compresi.
Ciò premesso, nella remota eventualità che il mister si fermasse o cambiasse indirizzo, la Juventus è la Juventus e andrà avanti comunque: lo fece dopo il ritiro di Michel Platini, lo farebbe in questo caso. In che modo, non so: le basi, però, ci sono. Sarebbe un salto, certo: ma non più nel buio.
Dedicato ai fanatici delle lavagne. Non ho sentito Conte invocare schemi. L’ho sentito chiedere giocatori. Più grandi, possibilmente, di quelli che ha. Una punta tipo Cavani, un fantasista alla Jovetic, un vice Pirlo, un paio di esterni. Ne condivido i paletti: 1) questo organico si è spinto oltre le colonne d’Ercole; 2) se basta l’Italia, allora serve poco (in attesa di pesare il mercato del Napoli e delle milanesi); 3) se viceversa l’obiettivo sarà la Champions, urge una campagna più mirata.
Dal 3-5-2 Conte medita di passare al 4-2-3-1 stile Bayern. Oppure, con il ritorno di Pepe, al 4-3-3. Coppia di riferimento, Ribéry e Robben. Piccolo consiglio: non batta sempre il tasto della «ferocia», della «bava alla bocca». Nessuno nega l’importanza cruciale degli stimoli: là dove, soprattutto, il bilancio piange. Così facendo, Conte maschera e riduce la fragranza del gioco. Il suo gioco. Perché darsi martellate sui genitali? La pancia piena è un’insidia. L’alluce modesto, un pericolo. La Juventus di Conte ha vinto «anche» perché ha giocato meglio, non solo perché è stata più Thatcher degli avversari.
La fame e la fama: la prima fa uscire dall’indifferenza, la seconda fa la differenza. Insieme, fanno la storia.
Tardelli, Davids, Vidal, Emerson, Vieira, Paulo Sousa, Deschamps… E ne ho citati solo sette dell’era moderna, anche perchè quelli del passato non li ho mai visti dal vivo. Impossibile scegliere, almeno per me.
Me lo ricordo, gentile Massimo Franzo’. Era stato uno dei protagonisti dello scudetto dell’Inter di Trapattoni nel 1989. Giocava con il numero 4.
e chi si ricorda di matteoli? lo chiamavano il maradona dei poveri..ma il napoli aveva anche casale, bel giocatore
un freddo cane ma il comunale era bellissimo…altro che l’olimpico
Alex, ti ringrazio ma io avevo chiesto anche se ci fossero rumors fra la gente a Torino sul presunto comportamento del mister Conte.
Eh già , non fu come la nebbia di Belgrado, di sacchiana memoria…a proposito dei trionfi di Sacchi….
Colombo al Milan del ’90?
Buona sera, gentile Robertson
Opppure Francesco Romano nel Napoli di Maradona.
“Ma anche” (cit), seppur ad un livello più basso, Manicone nell’Inter allenata da Osvaldo Bagnoli, classificatasi seconda nel campionato 1992-93. Il suo inserimento a gennaio trasformò la squadra, dandole i giusti equilibri.
Mr magoo delle 19.12 é importante, quasi fondamentale, che tu e gli altri prescritti che vorranno seguirti, continuerete a ragionare in questo modo anche la prossima stagione. Un altro anno da ottavo posto, se va bene.
anch io c’ ero Ad un certo punto si sperava che la nebbia diventasse tale da interrompere la partita
bettega si infortunò nel era novembre 1981, contro munaron dell’anderlecht, 1 1 e addio coppa campioni
Il bufalo fischiante di bruges era svedese, si chiamava eriksonn ed aveva la postura ed i tratti somatici di un castrato viziato