Ritorno, per una volta, allo spezzatino.
** Non avevo dubbi sull’esito del match tra Andrea Agnelli e Antonio Conte. Nel momento in cui il presidente ha fissato la nuova frontiera – terzo scudetto di fila – tutti hanno capito tutto. Mister compreso. Non che la tripletta sia una passeggiata, per carità, ma si resta sulla terra. Per la luna, c’è tempo.
** Conte è molto europeo nella filosofia di gioco, ma non aveva offerte di un certo livello: anche questo ha pesato.
** Mi dicono che l’allenatore consideri incedibile un solo attaccante, fra quelli attualmente in rosa: Sebastian Giovinco. Non Alessandro Matri, non Fabio Quagliarella, e neppure Mirko Vucinic. Caccia grossa al motivo: perché Giovinco non ha mercato; perché con gli undici milioni sborsati per la metà l’estate scorsa, si rischia la minusvalenza; perché ha caratteristiche che altri non hanno; perché invece è una balla.
** Razzismo, da Blatter a Platini a Balotelli. Vi partecipo la mia ricetta: 1) Daspo e galera (caso per caso, naturalmente); 2) multa ai club; 3) chiusura delle curve; 4) chiusura degli stadi; 5) penalizzazione in classifica.
** La storia non gioca, ma ogni tanto scende in campo. Finale di Europa League, Benfica-Chelsea. Il calcio di tocco, latineggiante, contro il calcio di rimessa, italianista. Sul piano del gioco, Benfica batte Chelsea molto a poco. Risultato: Chelsea batte Benfica due a uno. Guai a trasformare il calcio in un testo di algebra. Da Eusebio a Cristiano Ronaldo, il Portogallo ha espresso più rifinitori che stoccatori, più Figo che Radamel Falcao, bomber colombiano dell’ultimo Porto europeo. Insomma: più che tirare a campare, bisogna campare per tirare. Elementare, Ivanovic (pallino di Conte, già che siamo in tema).
Infatti, Martinello, io avevo distinto il buu dal “non ci sono neri italiani”, ma il sig. Beccantini vuole accomunarli.
X il Beck – Non so dove sta scritto che buuuu è sinonimo di insulto razzista. Spesso e volentieri lo stesso verso viene rivolto, nel corso della partita, nei confronti di un giocatore che s’è reso responsabile di un fallo cattivo o di una simulazione o di un gesto offensivo verso il pubblico non visti dall’arbitro o non sanzionati opportunamente. Questa volta do ragione a Zeman. Il colore della pelle non c’entra niente, Sono certi comportamenti che aizzano il pubblico che ha tutto il diritto di manifestare la propria disapprovazione.
Buona sera a lei, gentile 3. Con “calcio totale” si suole definire la svolta tattica e storcia con la quale l’Ajax e la Nazionale olandese cambiarono il calcio all’alba degli anni Settanta. In Coppa dei Campioni, si registrò un’esplosione orange: 1970 Feijenoord di Happel, poi tripletta Ajax (1971-1972-1973). Ai Mondiali ’74, la Nazionale seconda soltanto alla Germania padrona di casa.
Calcio totale, proprio così. In sintesi: abbasso lo specialista, evviva l’eclettico. Con il rischio che, appena il talento si affievolisce, l’eclettico diventa generico. E’ il pericolo che si porta dietro ogni rivoluzione. Non che gli olandesi fossero stati fin lì depositari di “quel” verbo. Fu Rinus Michels a sfruttare la covata di campioni che si ritrovò, Johan Cruijff in testa. Diciamo, gentile 3, che nel calcio nord-europeo il ruolo era meno cruciale per definizione, e tradizione, rispetto alla scuola italiana. Come ricorderà, gli anni Sessanta, coincisero con i trionfi europei del Milan e della sua Inter, in cui lo schema base era il cosiddetto “catenaccio”, o comunque difesa e contropiede, o comunque la prima mossa lasciata agli avversari. Credo che il primo grande olandese di scuola italiana sia stato Marco Tardelli: un terzino diventato centrocampista che sapeva marcare Maradona e segnare in una finale mondiale.
Fuorigioco: arma seccante che personalmente aborro, simbolo di quell’Ajax ma anche del Bruges di Happel. In Italia, il Napoli di Vinicio tentò di praticarlo (e con la Juventus ne prese sei al San Paolo), meglio andò al Toro di Gigi Radice, grande squadra di grande modernità tattica.
Ha ragione: quell’Olanda e quel Milan di Sacchi, oltre che su allenatori visionari (nel senso buono) potevano contare su fior di giocatori. Nel mondo e in Italia lasciarono tracce. Ma con quei giocatori. Non con altri, come dimostrò lo stesso Sacchi in Nazionale e con il Milan-bis, quello del 1996-’97.
Scritto da Roberto Beccantini il 15 maggio 2013 alle ore 19:30
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Dott. Beck riprovo a formualre la stessa domanda del post scomparso.
Nel rispondere a 3, parlando dell'inter di herrera lei scrive:
… e della sua Inter, in cui lo schema base era il cosiddetto “catenaccio”, o comunque difesa e contropiede, o comunque la prima mossa lasciata agli avversari.
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Io direi che lei abbia dimenticato di dire che il vero schema base fosse quello di far prendere il caffè ai giocatori, che ne pensa?
Noi in Sicilia il problema razzismo lo abbiamo superato duemila anni fa, quando cominciarono a stabilirsi nell’isola popoli di diverse etnie, storia e cultura. A ognuno di loro abbiamo rubato un pochino della loro cultura. Possiamo benissimo dire che … ne abbiamo visti di “tutti i colori”. Eppure io non rinuncerei mai al “saltello”.
buon giorno a tutti,
per quanto riguarda la punta, la migliore sul mercato é andata a Monaco: Falcao. Una bestia, un’ira di Dio come ha detto Luca, penso che da noi avrebbe fatto sfraceli. Ora rien ne va plus, peccato!
Riguardo al razzismo, sono d’accordo col primario fino al punto 2), in parte anche col 3) se si accerta che TUTTA la curva é colpevole di certi atti. Assolutamente contrario ai punti 4) e 5). Ma vogliamo scherzare? Ancora una volta, per colpa di un gruppo di stronzi maleducati, ignoranti, deficienti e chi più ne ha…. deve pagare tutta la collettività? Si individuino i colpevoli e siano solo quelli a pagare, duro, salato, e basta. I veri sportivi vanno tutelati. Farsi un giretto in Germania per capire. Ricordo un episodio capitato qualche anno fa a Treviso. Un coglione in curva gettó in campo un oggetto (una bottiglia, mi pare). Quelli che gli stavano intorno, lo presero di peso per consegnarlo alle forze dell’ordine. La cosa finì lì. Punto.
I piani di sicurezza degli stadi prevedono telecamere in diverse posizioni. Se tutti sanno da dove provengono i cori, basta predisporle per “zummare” i gruppi. Due, tre domeniche di prove e poi tutti in gattabuia. Sarebbe opportuno estendere le pene anche ai provocatori del prato verde, però. Ad esempio, suggerire a don Prandelli di non convocarli più in nazionale.
Sig. Beccantini, non so se il giudice Tosel sia un genio, ma pare che non riesca a comprenderla SEMPRE la differenza. Le cito uno striscione della curva bianconera …..NO AL RAZZISMO SI AL SALTELLO…..
Gentile Axl Rose, squalifica del campo uguale ricatto degli ultrà. Ci ho pensato anch’io. Ma a mali estremi estremi rimedi. Squalifica del campo per costringere le società a rompere le catene degli ultimi ricatti ulrà.
Gentile Teodolinda, buon giorno. Sivori tutta la vita, anch’io.
Gentile Axl Rose, buon dì. Nel merito:
1) Come ha dichiarato Zeman, e come ho potuto verificare parlando con arbitri e addetti vari, Balotelli incampo provoca, parla spesso, insulta e viene provocato/insultato. Non porge mai l’altra guancia. A volte è martello, a volte incudine.
2) Se faccio buuu o urlo “Non voglio neri italiani” faccio e spaccio insulti razzisti.
3) Se do a Balotelli o chi per lui del figlio di o della testa di insulto la persona, non ne faccio una questione di rozza, stop. (La qual cosa, sia chiaro, non significa sottovalutare un certo tipo di oltraggi).
Non ci vuole un genio per capire la differenza…
Non mi interessa come uno voglia usare il razzismo: se come mezzo o come fine. Lo usa, punto.