Allegri(a) o allergia, lo sapremo presto. E’ la prima volta che Silvio Berlusconi esonera se stesso e riassume l’allenatore. Ha vinto Adriano Galliani. Massimiliano Allegri resta fino alla scadenza del contratto (2014). Un banale atto burocratico è diventato un esame di coscienza e una cena ad Arcore. Lasciamo perdere i doppi e i tripli sensi. Sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.
La cosa buffa è il modo in cui i trombettieri parlano del nuovo «menu» dei diritti e dei doveri, che lo chef avrebbe proposto (o imposto?) al cliente. Max aveva la squadra con lui. La squadra e Galliani. Non poco. Non pochi. Ma non tutto. Barbara tramava nell’ombra. Clarence Seedorf, l’ultimo cocco del padrone, non piaceva allo spogliatoio. Ci voleva un colpo di teatrino (di teatro, sarebbe troppo). Eccolo, poco dopo mezzanotte, all’ora delle fatine e degli incantesimi.
Sarà perché invecchio, sarà perché sarà, ma ho nostalgia del comunicato con il quale, nell’estate del 1976, Giampiero Boniperti sancì l’ingaggio di Giovanni Trapattoni:
«Il signor Ugo Locatelli, responsabile del settore giovanile, lascia la Juventus Football Club per raggiunti limiti d’età. Per questo la direzione del settore giovanile verrà trasferita al signor Vycapalek, sostituito nelle funzioni di direttore dei servizi tecnici del signor Parola. Le funzioni di allenatore della prima squadra verranno affidate per la stagine 1976-77 al signor Giovanni Trapattoni».
Voto? Per me, altissimo. Un comunicato «elegante», per usare un termine di gran moda. Ligio alla consecutio, rispettoso dei ruoli, attraversato da dosi congrue di vaselina. Altri tempi. Altre supposte. Oggi, l’ultima cena è sempre la penultima. E il povero James Pallotta alla finestra? Arrivederci Roma, tanto per cambiare.
A questo aggiungi che è un dato di fatto che le nostre sono squadre oggettivamente vecchie: ci sono ancora in giro, con ruolo da protagonisti, giocatori come Del Piero e Totti, che vanno rispettivamente per i 36 e per i 34. Platini si è ritirato a neanche trentadue anni.
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In una triste e piovosa domenica sabauda del 1987.
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Si. Tre a due al Brescia.
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Sigh. C’ero.
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Io anche. Oggi c’è questa tendenza a rimandare il momento del declino, che definirei quasi berlusconiana. Poi è vero che nella mediocrità dilagante, un Del Piero riesce ancora a chiudere i campionati con un numero di goal in doppia cifra, ma è un abbaglio.
Un’altra causa del declino del nostro calcio è sicuramente il fatto che le grandi italiane in campionato sono perennemente aiutate dagli arbitri. E questo a lungo andare ti penalizza in Europa: succedeva alla Juve e al Milan, succede oggi all’Inter. Ed è inoltre fortemente diseducativo per tutto il sistema.
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A proposito di arbitri, su Calciopoli la pensi sempre allo stesso modo?
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Continuo a credere che la Juventus fosse sportivamente indifendibile. Anche se poi devo ammettere che le recenti deposizioni di Auricchio fanno rizzare i capelli. Penso che abbia pagato troppo la Juve, rispetto al troppo poco della altre; poi sai, se mancano delle telefonate, mancano delle telefonate. C’è poco da girarci attorno. Io su Facchetti posso mettere la mano sul fuoco, però, come ho detto di persona al figlio, se fossi in lui direi: fuori i nastri su mio papà. Così sgombriamo il campo da ogni dubbio. Comunque a Napoli credo che verranno assolti, alla luce di quanto successo in Cassazione a Genova al processo a Preziosi, cui hanno concesso le attenuanti per legittima difesa. E lì il rumore dei nemici lo avrebbe prodotto, udite udite, il temibile Toro di Cimminelli. A Genova fra l’altro, c’era il sorcio in bocca, la valigetta coi milioni. Su Calciopoli, niente sorcio. E’ normale che un po’ di dubbi vengano.
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Spento il registratore, prendiamo il caffè parlando del più e del meno. Beccantini mi rivela che, esattamente 40 anni dopo aver lasciato la sua città Natale, Bologna, per andare a lavorare a Tuttosport, il 31 agosto del 2010 lascerà la professione e l’Italia, per trasferirsi in Francia. “Lascio tutto, come Boniperti il 10 giugno del ’61. Largo ai giovani”.
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Il dilemma se immalinconirmi subito all’idea di non leggere più una penna lucida come Beccantini – con cui io, da torinese calciofilo e lettore de La Stampa ho praticamente imparato, se non a leggere, quantomeno a scrivere – o aspettare di uscire dal ristorante per farlo, me lo risolve lui stesso. Girandosi verso di me, liquida il proprietario interista della pizzeria che con un ghigno beffardo gli regala un uovo di Pasqua incartato di bianconero, con la seguente battuta: “Visto, siamo come le loro mogli alla fine. Non possono passare un giorno senza pensare a noi”. Maliconia rimandata. Prende l’uovo, salutiamo e usciamo. Sei grande Beck.
Grazie di tutto Beck.
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POTENZA DELLE VITTIME
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interVISTA POSTATA COME TROVATA IN UN VECCHIO, E’ CREDO ABBANDONATO, BLOG
mettilo vicino a pirlo, non al posto di pirlo (come fece la triade scema)
Scritto da intervengo da torino e si e’ vinto il tricolor il 7 giugno 2013 alle ore 19:21
Solo per non aver osato tanto dovremmo ogni mattina volgere un ringraziamento al signor DG/DS. Anche con quei numeri sul groppone, eredità della triade (più uno) scema, ha fatto meno danni oltre il Bosforo. Zigler è venuto a parametro zero. Capisco che Marotta non sia simpatico, e non faccia battute sceme come l’uomo della cravatta gialla, tuttavia se si guardano i risultati per valutare gli uomini, quelli di Marotta sono già nell’albo d’oro del calcio italiano. Non dovreste fare tanta fatica a leggerli. Saluti a tutti gli amici, a tomorrow.
A pranzo col Beck – Intervista a Roberto Beccantini
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Che Roberto Beccantini sia uno degli ultimi baluardi del giornalismo sportivo e calcistico dotato di strumenti quali l’intelligenza, l’ironia e via dicendo, è una verità su cui non crediamo valga la pena di fare della retorica ogni qualvolta si parla con lui e di lui. Che sia anche simpatico – e lo è, ve lo assicuriamo – è un fatto che per primo non interessa all’intervistato: “simpatia e antipatia sono categorie tipicamente italiane, di cui francamente non mi frega nulla. Uno dev’essere bravo e talentuoso, poi se è anche simpatico, come Ancelotti, meglio. Ma la simpatia in sé mi dice poco”, ci rivela tessendo le lodi di un collega (juventino anche lui, a cui manda un sms con scritto “saluti da dietro le quinte”, essendo la Juve oggi sesta). Quel che conta per noi è che, incredibile ma vero, da quarant’anni apprende i fatti e si fa delle opinioni. Che spesso condividiamo. Ecco perché siamo andati a prenderci una pizza e mezzo litro di rosso insieme, parlando di Juve, di Nazionale, e del mestiere del giornalista sportivo. Eccovi la nostra chiacchierata.
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Da giornalista di lungo corso, com’è cambiato il tuo lavoro con l’avvento del web e l’apertura del tuo blog?
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E’ cambiato molto. Qualche anno fa il percorso era carta/edicola/lettore. Adesso c’è un rapporto molto più fisico rispetto a quello di allora che era, se vuoi, virtuale. Una volta scritto l’articolo, difficilmente c’era un riscontro immediato. Adesso col blog ce l’ho. E’ una dimensione nuova a cui bisogna stare molto attenti perché internet si porta dietro tanto ciarpame grazie al cancro dell’anonimato che, se è vero che è sinonimo di libertà, spesso si tratta di libertà di oltraggio. Detto questo io agli indulti preferisco gli insulti, quindi accetto la sfida.
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In generale comunque il cambiamento è positivo.
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Si. Credo di essere letto più sul blog che sulla carta; è questo il dato di fronte al quale dobbiamo imparare a destreggiarci con molta cautela. Faccio un esempio per restare alle cose juventine, di cui mi occupo di solito: il processo di Napoli sui giornali di carta non viene menzionato quasi mai, su internet è spesso il tema del giorno. Se i lettori vedono che non ne parlo su La Stampa, mi danno del servo e mi accusano di non fare gli interessi della loro squadra del cuore. Il blog in questo senso è utilissimo a rilanciare temi caldi.
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Anche perché vedo che tu rispondi molto ai lettori e interagisci con loro.
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Si, viaggiando molto meno in questa fase della mia carriera, ho più tempo. Da attaccante sono diventato centrocampista potremmo dire, e non me ne dispiaccio. Ho un lettore del blog, Michele, che è di Ho Chi Minh City per dirti. Come non rispondergli…
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Il tuo blog ha molto successo. Pur essendo tu uno a cui piace trattare il calcio senza gridare e azzuffarti. C’è quindi lo spazio per parlare di pallone in maniera educata?
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C’è, eccome. Poi ti dico la verità: se tutti sussurrassero, io griderei. Non mi dispiace un certo anticonformismo. Preferisco alzare il tono degli argomenti, più che quello della voce; è chiaro che a non urlare corri il rischio di risultare debole o ambiguo. Detto questo, non mi tiro certo indietro: sul blog non applico nessun tipo di censura ai commenti e accetto il confronto senza problemi. Anche perché credo che il mio blog abbia uno scopo terapeutico, di sfogo: io sono il dottore, i lettori sono i pazienti che devono guarire.
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E visto che il tuo è un blog seguito prevalentemente da juventini, c’è molto da cui guarire direi. Da esperto, a che punto siamo con la Juve?
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Siamo molto indietro. La Juve ha perso un’intera stagione. Le altre post-calciopoli bene o male ci potevano stare, quest’anno invece si è sbagliato tutto, a partire dal mercato. Anche perché, sfatiamo un mito: la proprietà ha investito eccome – cento milioni di euro in due anni non sono pochi. Spesi, col senno di poi, in modo deludente. Qualcosa era prevedibile – io Felipe Melo a quella cifra non l’avrei mai preso – qualcosa meno. Sta di fatto che è venuto a galla l’errore di fondo, e cioè quello di un Blanc plenipotenziario.
Blanc non è un uomo di calcio, avrebbe dovuto limitarsi ad essere il Giraudo della situazione. E in più mettici il fatto che è un errore che arriva nel momento più difficile della storia juventina: dopo la B, con tutti i tifosi assetati di riscatto. Capisci che i tempi e i margini di errore diventano strettissimi.
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Però permettimi di dire che lo capisce anche un bambino che non si può guidare una società di calcio senza almeno un uomo che sappia di pallone.
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Ma infatti se ben ricordi Blanc parte con Bettega consulente e con Tardelli nel Cda. Quindi i competenti c’erano; c’è da capire piuttosto come mai sia prevalsa una linea che li ha messi ai margini. Per cui adesso ci troviamo in un fase in cui si ha paura che ogni mossa possa essere sbagliata, quindi non se ne fanno. Che è ancora peggio.
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E tu come credi che correranno ai ripari?
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Certezze non ne ho, però quest’estate qualcosa di importante faranno di sicuro; una Juve così è un danno d’immagine troppo grosso per lo stesso Elkann. Sicuramente partiranno da un nuovo allenatore. Sapendosi molto deboli, stanno cercando un allenatore-manager, meno Prandelli e più Capello per intenderci. Ma è una strada difficilissima, quindi tutto è possibile e nulla è ancora stato deciso.
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Allenatore-manager: un po’ quello che si voleva fare col progetto Lippi Tris. Ipotesi che credo definitivamente tramontata con l’esonero di Ferrara.
A proposito, secondo te con che prospettive Lippi porterà questo blocco juventino in Sudafrica? Ha ancora un senso?
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Vedi, la gratitudine è una brutta bestia. Forse un Ct che vince un Mondiale andrebbe rimosso per decreto, proprio per evitare situazioni come queste. Lui è inevitabilmente legato al gruppo di Germania 2006, su cui fa ancora affidamento. Questo ha avuto conseguenze anche sul campionato credo: Ronaldinho ha fatto una gran stagione proprio perché non sicuro del posto in Nazionale. Sicurezza che avevano invece Grosso e Cannavaro, per citarne due dal rendimento davvero deludente.
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E queste dinamiche non aiutano un calcio italiano già di per sé decisamente indietro rispetto ai suoi antagonisti esteri. Lo dimostrano i risultati delle nostre squadre in Europa. Quali sono secondo te le cause?
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Sicuramente il calcio spagnolo, quello inglese, ma anche quello francese, in questo momento hanno qualcosa in più. E’ un momento di grande mediocrità certo, ma io non userei toni allarmistici: credo sia un fatto ciclico. Oggi tocca a noi, ieri è toccato ad altri. E’ fisiologico. Poi sai, credo sia normale se analizziamo quello che è successo negli anni scorsi: la stretta sui bilanci ha ridotto le famose sette sorelle (Juve, Milan, Inter, Roma, Lazio, Fiorentina, Parma) a tre; poi Calciopoli ne ha ulteriormente disintegrata una, ed eccoci a oggi. La stessa Calciopoli è una causa del momento attuale. Non l’unica se pensi che comunque la Juve di Capello in Champions non è andata oltre ai quarti, ma comunque una delle principali.
SEGUE 2 PARTE
e continuo a sostenere, che melo….in una squadra seria, sarebbe un buon giocatore, e magari non andavi a spendere 5 milioni ( piu’ ingaggio) per padoin……mettilo vicino a pirlo, non al posto di pirlo (come fece la triade scema)…..melo non e’ cantante….deve portare la croce.
ma…ho letto la lettera…..io di calcio capisco poco piu’ di nulla, pero’….resto dell’avviso che una squadra dovrebbe decidere un modulo base…qualche variante, e in base a questo comprare i giocatori….poi che dire….magari e’ un ragionamento troppo banale.
Riprenderemo la ns tenzone domani o nei prossimi giorni caro Barba, per adesso buona serata e faccio un salto al fiume sempre che Mac mi dia il permesso.
Saludos a todos los caballeros.
chi vivrà vedrà….nessun preconcetto, contano compartamenti e risultati. Non ho addebito Diego e melo a marotta , erano solo esempi di errori del passato richiamati in linea generale nella lettera del tifoso pubblicato su calciomercato.com. Certo che se abbiamo ancora melo e Ziegler sul groppone la colpa sarà di qualcuno….ziegler lo portò marotta e Conte lo mise subito sulla via di Istambul, quindi le frizioni esistono da un bel pezzo. O il fatto che bendtener ed Anleka abbiano riscaldato la panca non ha fatto capire ancora nulla a nessuno? Non mi sembra siano state richieste di Conte….
co-co-co coccode’….coccode’…..
Mac forse perchè in seria A serve una squadra folkloristica?
Aldilà della divergenza di opinioni su Marotta voglio sperare che Diego e Melo non li addebiti a Marotta come errori.
All’epoca era ancora alla Samp, anche se avrebbe potuto influenzare telepaticamente la triade scema e convincerla a comprare i due.
Scherzi a parte a me non convince la tua posizione preconcetta nei confronti del ns DG.
Saluti