Dieci anni fa, il 18 luglio 2003, ci lasciava Sandro Ciotti. Era stato tanto: buon mediano fino alla serie C, studioso di violino e pianoforte, scrittore di canzoni («Veronica» per Enzo Jannacci, fra le altre), regista cinematografico («Il profeta del gol», dedicato a Johan Cruijff), narratore di eventi, dalle Olimpiadi ai festival di Sanremo, dai Tour e i Giri alle partite di calcio.
Radio, televisione. La maledettissima sera del 3 settembre 1989, alla «Domenica sportiva», toccò proprio a Sandro comunicare in diretta la notizia della morte di Gaetano Scirea. Avevo appena lasciato lo stadio di Verona, dopo una vittoria della Juventus allenata da Dino Zoff, di cui Gai era l’assistente.
Sandro, che non aveva un carattere facile, fu cultura allo stato puro. E poi quella voce. Grattugiata, nasale, plasmata dalla nicotina, tana di un lessico che accompagnò le generazioni cresciute a pane e «Tutto il calcio minuto per minuto», come la mia. Un timbro made in Ciotti, appunto. Con il vocione di Enrico Ameri a far da sponda, quando non da avversario: perché sì, per essere grandi, servono (anche) rivali grandi.
I colletti obesi delle camicie, le «ventilazioni inapprezzabili», le lobellate davanti a ottantamila «testimoni»: sapeva rendere l’atmosfera, sapeva affascinare noi sudditi devoti. Le sue radiocronache hanno scolpito un’epoca, non meno delle perfide entrate a microfono teso sui colleghi invadenti o incontinenti.
Come tutti i maestri di genio, ha lasciato orfani ma non eredi. Attenzione: il calcio è stato l’ombelìco del suo mondo, non il suo mondo, i confini del quale svariavano tra l’epicedio in morte di Luigi Tenco e un’intervista esclusiva a Mina. «Catarro armato», arrivò a chiamarlo qualcuno. Spesso, ci si vedeva alle partite. Io aprivo gli stadi, piano; lui chiudeva le notti, al piano.
Ci sono voci che non si spengono mai, nemmeno dopo.
Gentile Lex, buondì. Nella speranza che la gentile Michela non sia in ascolto, il caso Zuniga mi suggerisce un tema che un giorno – dove, non so – approfondirò.
Chi è più meretrice, il giocatore o il tifoso?
Gentile Martinello, buon giorno. Sposo la sua analisi, fino alla quinta (giovane) colonna.
X il Beck – “Per disputare una stagione competitiva in Italia e in Europa sono sufficienti quattro grandi attaccanti, magari affiancati da un giovane che cresca dietro di loro”. Queste sono le ultime parole di Marotta che condivido in pieno. E allora proviamo a fare il nomi. I primi quattro mi sembrano scontati: Llorente, Tevez, Vucinic e Giovinco. E’ sul quinto, quello definito il “giovane”, che bisognerebbe mettere in discussione la propria lungimiranza e il proprio coraggio. Io, per esempio, ne prenderei due: Beltrame e Boakey. Che ne pensa?.
Per Cristiano Poster : ho giusti giusti 5 euro in tasca. Mi vendi la pippa dei Balcani? :-)))))
Beck adesso che Zuniga si è autoescluso possiamo concentrarci su Biabiany. Uno che fa la differenza…..come Giovinco……a Parma!
Zuniga al San Paolo: ‘Chi non salta è juventino’—->il vostro idolo Zuniga….
Chiunque le dica, chiunque le porti………ça va sans dire, sig. Beccantini.
Gentile Alèmichel, ben tornato. Fa bene a sorvolare questo calcio finto. Solo con i campionati si ri-comincerà a fare sul serio.
Gentile Alex x sig. Beck, “su Sivori mi fido di lei”? Perché, sul resto? La perdono, ma in via proprio eccezionale. Era la prima giornata del campionato 1957-58: Juventus-Verona 3-2. Segnarono “tutti”: Boniperti, Charles, Sivori.
Gentile Axl Rose, trovo odiose quelle metafore e quelle maglie. Chiunque le dica, chiunque le porti.