Campionato, finalmente. Il Milan ha giocato male e perso a Verona, la Juventus ha giocato di squadra e vinto a Marassi. Lasciatemi sciogliere una serenata al mestiere di centravanti. C’è quello di una volta, tutto spalle, stacchi e incornate. Luca Toni: a 36 anni suonati, ne ha rinverdito la saga, l’importanza. La «pollaggine» degli avversari, d’accordo: ma è lì che devi essere, se non vuoi che la storia si volti da un’altra parte.
Altro tipo, Tevez. Come Vucinic, considera l’area un dovere e non un piacere. Nella Juventus, poi, son proprio loro, i centravanti, ad aprire la porta ai Vidal di turno. Questa volta, Pogba l’ha aperta a Tevez. E visto che siamo in tema di «nove», occhio a Gabbiadini: ne incarna la versione moderna, come ha dimostrato in quel fior di tunnel al manesco Chiellini. Rimane Balotelli: rare briciole, lui che dovrebbe essere la torta. Al Bentegodi ha dimostrato di soffrire più gli applausi che i buuu, i quali, viceversa, lo stimolano. Giro l’idea ai tifosi non milanisti: ci pensino su.
Il Milan era andato in vantaggio con Poli. L’alibi del martedì olandese non regge. Bravo Allegri a infischiarsene. Il Verona di Mandorlini ha pagato, all’inizio, l’impatto. Piano piano, si è sciolto. Questione di gambe (Martinho, Jorginho) e di testa: Toni, appunto. La Sampdoria di Delio Rossi veniva da due successi su due, con i campioni. Non ha offerto le brecce che elargì la Lazio, in Supercoppa. Pogba si è ficcato nel labirinto, dove lo aspettavano Pirlo e Vidal. Ma che azione, l’azione del gol.
Lenta, pasticciona e monotona, la Juventus. Che però ha sempre governato l’ordalia e ribadito la sua diversità nella «fase di non possesso» (Dio mi perdoni). Di Conte, mi hanno sorpreso i cambi: due soli, ed entrambi al 92’. Per adesso, insomma, nulla di nuovo: sotto il sole o sotto la pioggia.
Si.
Sottoscrivo.
Vucinic…genio e sregolatezza. Io me lo terrei stretto, è uno dei pochi giocatori di classe della Juve insieme a Pirlo e Buffon. Certo, se migliorasse in fase realizzativa sarebbe da almeno 15 gol a campionato. però, è anche vero che nel gioco di Conte si sacrifica e gioca molto per la squadra, rendendo inoffensiva anche la fase di costruzione degli avversari abbastanza spesso.
Si, i soldatini, quelli che lottano con determinazione fino alla fine, come i Giaccherini (non capirei il Giovinco della situazione però), sono coloro che fanno vincere le grandi squadre, anzi, la Juventus. E’ stato così e sarà ancora così. Ma provando a fare un giochetto, chiedo, semplicemente: senza il poeta incostante e instabile di testa e con un altro attaccante al suo posto (magari con caratteristiche diverse), avremmo vinto due scudetti di fila e due supercoppe?
Infatti, Bilbao, la sfida è improponibile, ho premesso che avrei scelto solo sotto la minaccia di una pistola, ma potrei fare l’esempio di giocatori come Padovano o Ravanelli, che non avevano i piedi del poeta (perchè i piedi, il poeta, ce li ha e questo mi fa incazzare ancora di piu’) ma io li preferisco, tutta la vita.
Nell’improbabile ed improponibile sfida tra il tavolino e l’infradito stò con Axl, visto che considero da sempre Mirko come un calciatore antistoricamente juventino.
È evidente che tra i due il montenegrino sia più forte e sappia essere più decisivo, ad ogni anno bisestile, di Giovinco ma non siamo noi quelli che s’inorgogliscono al termine “soldatini” per via della grinta e della capacità di lottare fino alla fine? Le uniche eccezioni le facciamo, storicamente per dei fuoriclasse conclamati…non per degli umorali. Quelli li lasciamo di solito ai pisciatombe prescritti che di fatto si sono strappati i capelli per la perdita di fantantonio e che notoriamente s’intendono di calcio…
Povero me. E povero poeta.
No, Mac, io, ogni volta che inizia una partita, spero sempre che il poeta mi smentisca. Pero’ non sono io quello che ha un debito di gioco :-)))
Lex, ce l’hai il conto corrente a posto o devo chiamare in causa i borselli di Leoncini?!?!
Alex, qualcun’altro ha detto anche …”Non tutto quello che si puo’ contare conta e non tutto quello che conta si puo’ contare.