La Nazionale di Prandelli può battere tutti e perdere da molti. Lo ha ribadito anche contro la Nigeria, nell’ultima amichevole dell’anno. E’ una squadra figlia dei tempi, di un calcio più propositivo e meno difensivo, di equilibri delicati, precari. Palla al piede, da podio. Palla agli altri, da roulette. Quattro partite, quattro pareggi: 2-2 con Danimarca, Armenia e Nigeria, 1-1 con la Germania. Non sono coincidenze, sono indizi.
Balotelli e Rossi mi sono piaciuti: e non solo perché il secondo ha segnato su passaggio del primo. Il «rambismo» dell’uno completa l’agilità dell’altro. La qualità media è discreta, non eccezionale. I fuoriclasse superstiti, oggi, sono tre: Buffon era in panchina, Pirlo è entrato nel secondo tempo, Totti l’ha vista in tv. E vi raccomando l’età : 35 anni Buffon, 34 Pirlo, 37 Totti.
Gode di buona stampa, la squadra di Prandelli. Con la Germania ha rischiato di perdere (tre legni, i tedeschi). Con la Nigeria, di vincere (un palo, una traversa). Non che la Nazionale di Lippi giocasse all’italiana, e neppure quella di Donadoni. Vero, i Mondiali del 2006 li vincemmo con il muro di Berlino (Cannavaro pallone d’oro, Buffon secondo). A Dortmund, però, finimmo con Iaquinta, Totti, Del Piero e Gilardino (più Pirlo).
Il problema odierno è, paradossalmente, la difesa, titolari o riserve non importa. Siamo teneri, siamo vulnerabili nel gioco aereo. La Nigeria riassume i misteri e gli eccessi di quell’Africa che avrebbe dovuto occupare il calcio del Duemila e invece continua a bivaccare alla periferia delle semifinali mondiali (quando va bene).
Molti, tornando alla scuola italiana d’antan, trascurano i cambi di regolamento. Se la mentalità la scosse Sacchi con il suo Milan, i tre punti per vittoria e tutti gli incentivi che, dal 1990, hanno baciato gli attaccanti, dal fallo da ultimo uomo al fuorigiochicidio, hanno sabotato i tradizionali rapporti di forza.
Ric e Dimas,
Trap ne vinse 6 su 7, avete dimenticato la Supercoppa Europea 1984-85 vinta a Torino nella neve sul Liverpool con doppietta del bello di notte.
Ric,
ti voglio solo ricordare che negli anni 80 la Germania Est, se non erro tedeschi anche loro, praticava il cosiddetto “doping di stato” come è stato poi dimostrato e come hanno ammesso tanti atleti. Uno stato piccolo che nel nuoto femminile vinceva quasi tutto e in atletica sia maschile che femminile faceva incetta di medaglie quasi quanto la Russia che era 20, 30 volte più grande. Non erano i soli, ovvio, soprattutto all’ Est era pieno di situazioni simili. Io non sono sicuro che l’ Amburgo fosse dopato, ma non ci metterei la mano sul fuoco, presumo che tu e il Beck invece la mettereste. Poi nel calcio ci fu il precedente del 54 che ispira alla prudenza in certi giudizi. Termino ricordando anche a te, oltre che al Beck, della bella storia di un ciclista malato di cancro, guarito e poi diventato il più grande. Fino all’ ammissione di aver fatto uso di doping per vincere i 7 Tour de france.
Matteo Trap perse solo una finale, vinse quella con il Liverpool, Porto (Coppa delle Coppe), Argentinos Juniors (Intercontinentale) e a Bilbao (Coppa Uefa).
Scritto da dimasdumas il 19 novembre 2013 alle ore 13:51
E Borussia Dortmund (coppa Uefa). Cinque vinte su sei, appunto.
si, nel 1973 in panchina c’era Vycpalek, lo zio di Zeman.
ma eravamo negli anni 80 e tu sai di cosa parlo,
Scritto da Runner68 il 19 novembre 2013 alle ore 13:56
Questa è dietrologia. No, non so di cosa parli. E se devo intuire presumo che sei convinto che in quegli anni fosse uso comune assumere sostanze dopanti, (e ci sta, non ne ho idea, che poi, sarebbero da considerare dopanti solo se la legislazione dell’epoca li prevedeva come tali, altrimenti è di nuovo fuffa). Bene, se è così, se la presunzione è quella, allora devo presumere che anche la Juve ne facesse uso, quindi comunque giocammo ad armi pari….
Matteo, con la Juve ne ha persa solo una, su questo non ci piove, ma non è determinante. Poi, chiaro, la finale di Bruxelles fai fatica a definirla partita, anche se in effetti fu giocata da tale, ma sicuramente non puoi contarla come persa. Scriverei le stesse cose ne avesse perse cinque su cinque, (e semmai sono cinque vinte su sei, inserendo la coppa intercontinentale). Le finali, specialmente quelle a partita secca, sono storia a se, (e ne sa qualcosa Lippi, appunto), un tipo di partita assolutamente diverso da quelle che ti hanno permesso di raggiungerla. E l’assunto “le finali vanno vinte”, significa niente, le finali vanno raggiunte, semmai, poi inizia un’altra storia, (se le vinci, meglio, chiaro) anche perchè in campo scende altra squadra composta da undici giocatori, bravi, visto che hanno raggiunto la finale, ed anche loro son convinti che “va vinta”.
E Trap e Lippi prendo entrambi, altra puttanata è fare classifiche tra i due, e vi sono tra loro più similitudini che differenze. E la similitudine che maggiormente li accomuna e che sono entrambi allenatori molto bravi.
alemichel,
oltre agli anni da te segnalati in cui si doveva raccogliere di più segnalo anche l’inopinata eliminazione ad opera del Barcellona in coppa campioni nell’ 86. E’ vero che Pacione al ritorno sbagliò l’impossibile ma l’ 1-0 subito all’ andata passivamente era stata la tipica partita difensiva del Trap.
Scusa runner, ma la juve di cui parli quella di boniek e platini arrivo in finale ad atene, vinse a basilea con il porto, vinse a torino con il liverpool, arrivò in finale nel 1995 e poi vinse a tokio: cosa poteva vincere di più?
forse negli anni tra la vittoria di bilbao e la finale di atene poteva fare meglio.
Riccardo,
la mia non è dietrologia ma eravamo negli anni 80 e tu sai di cosa parlo, poi è vero che giocammo male e prendemmo quel gol con una traiettoria contraria alle leggi della cinematica.
Matteo,
Trap perse solo ad Atene, quella persa nel 73 con la grande Ajax vedeva un altro in panchina (Vycpalek?). E comunque ti do ragione, doveva vincere di più con 6 campioni del mondo, Platini, Boniek, poi Laudrup.
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