Primo, prenderle

Roberto Beccantini18 novembre 2013Pubblicato in Per sport

La Nazionale di Prandelli può battere tutti e perdere da molti. Lo ha ribadito anche contro la Nigeria, nell’ultima amichevole dell’anno. E’ una squadra figlia dei tempi, di un calcio più propositivo e meno difensivo, di equilibri delicati, precari. Palla al piede, da podio. Palla agli altri, da roulette. Quattro partite, quattro pareggi: 2-2 con Danimarca, Armenia e Nigeria, 1-1 con la Germania. Non sono coincidenze, sono indizi.

Balotelli e Rossi mi sono piaciuti: e non solo perché il secondo ha segnato su passaggio del primo. Il «rambismo» dell’uno completa l’agilità dell’altro. La qualità media è discreta, non eccezionale. I fuoriclasse superstiti, oggi, sono tre: Buffon era in panchina, Pirlo è entrato nel secondo tempo, Totti l’ha vista in tv. E vi raccomando l’età: 35 anni Buffon, 34 Pirlo, 37 Totti.

Gode di buona stampa, la squadra di Prandelli. Con la Germania ha rischiato di perdere (tre legni, i tedeschi). Con la Nigeria, di vincere (un palo, una traversa). Non che la Nazionale di Lippi giocasse all’italiana, e neppure quella di Donadoni. Vero, i Mondiali del 2006 li vincemmo con il muro di Berlino (Cannavaro pallone d’oro, Buffon secondo). A Dortmund, però, finimmo con Iaquinta, Totti, Del Piero e Gilardino (più Pirlo).

Il problema odierno è, paradossalmente, la difesa, titolari o riserve non importa. Siamo teneri, siamo vulnerabili nel gioco aereo. La Nigeria riassume i misteri e gli eccessi di quell’Africa che avrebbe dovuto occupare il calcio del Duemila e invece continua a bivaccare alla periferia delle semifinali mondiali (quando va bene).

Molti, tornando alla scuola italiana d’antan, trascurano i cambi di regolamento. Se la mentalità la scosse Sacchi con il suo Milan, i tre punti per vittoria e tutti gli incentivi che, dal 1990, hanno baciato gli attaccanti, dal fallo da ultimo uomo al fuorigiochicidio, hanno sabotato i tradizionali rapporti di forza.

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