Quando gli dei se ne vanno, il piacere di averne goduto i favori confligge con la malinconia del vuoto che lasciano. Eusebio è sempre stato la bilancia sulla quale abbiamo pesato il calcio portoghese: dal suo ritiro all’avvento di Cristiano Ronaldo. Ha avuto il gusto del ricamo e del dribbling, quel calcio, ma gli mancava sempre qualcuno, sempre qualcosa. Eusebio e il suo tiro.
Se n’è andato a 71 anni. Era mite, diventò un mito. Era la pantera del Mozambico, risposta afro alla perla nera del Brasile, Pelè. Nacque a Lourenço Marques e, pensate, sarebbe potuto diventare juventino. Lavorava colà Ugo Amoretti, un ex portiere che invano lo segnalò alla casa madre.
Eusebio da Silva Ferreira. Deve molto a Bela Guttmann, allenatore carismatico e creativo come pochi (dal 4-2-4 all’anatema anti Benfica: «dopo di me, il diluvio»). Fu lui a sdoganarlo. Insieme, consolidarono la grandezza del Benfica che aveva già vinto una Coppa dei Campioni e un’altra se l’aggiudicò proprio grazie ai morsi e ai graffi della pantera: contro il Real, ad Amsterdam. Anni Sessanta. Gli anni della dittatura latina: il Real di Di Stefano, Puskas e delle cinque coppe, quel Benfica lì, poi il Milan di Rocco e Viani, l’Inter di Herrera e Moratti. Undici successi consecutivi fino all’intrusione del Celtic.
Pallone d’oro, scarpa d’oro, capo-cannoniere, pile di scudetti: dietro al centravanti (Torres, Aguas), o al suo fianco, Eusebio seminava gli avversari con lo scatto, bruciante, e li fulminava con la «lecca», devastante: di destro o di sinistro. Ai Mondiali del 1966 trascinò il Portogallo a uno storico terzo posto dopo aver sbriciolato a suon di gol (quattro, addirittura) quella Corea del Nord che ci aveva ridicolizzato a Middlesbrough.
Coluna era la mente, Eusebio il braccio. «Dà a ogni giorno la possibilità di essere il migliore della tua vita», scriveva Mark Twain. Eusebio l’ha dato: a ogni giorno, a ogni partita.
Garcia sempre pacato ed educato, comunque ha detto in soldoni che nel primo tempo hanno dominato, e che se fossero rimasti in undici allora magari chissà … Ma se erano sotto di due a 15 minuti dalla fine! Gli converrebbe non dire certe cose, lui è più intelligente di quelli che allena e dei suoi tifosi.
Capolavoro tattico di Conte, batterli 3-0 lasciandogli l’illusione di aver giocato meglio.
Oggi c’è poco poco da commentare parlando di calcio, non siamo al cento per cento dopo le feste, ma abbiamo fatto il gatto col topo, con un Artù mastodontico, vera anima bianconera……
Per il resto Gatto e topo, ma la Roma stà facendo comunque più di quanto gli è dovuto….
QUESTO È DE SANCTIS. UN ALTRO LIVOROSO PIAGNUCOLONE PEZZO DI MERDA EX MAZZANELLIANO. UNO CHE SAREBBE PIÙ FACILE CHE STUDIASSE LA FISICA QUANTISTICA ANZICHÉ FICCARSI LA LINGUA NEL CULO E RICONOSCERE SCONFITTA, DEMERITI PROPRI E MERITI DELL’AVVERSARIO. UN INETTO PERDENTE DI BORGATA.
Fegatini alla romana saltati in padella.
Senza dignitÃ
Perdenti che non vinceranno mai un cazzo.
DeSantis ha detto che la Juve gioca allo Stadium ed è’ un vantaggio e lo Stadium e’ merito del sistema… Ahahahahaha
De Sanctis non l’ha presa benissimo. Ce l’ha con il sistema.
De Sanctis. De Sanctis.