Interessante, il dibattito agitato dalle critiche di Arrigo Sacchi all’ultima Juventus, colpevole di aver battuto la Roma giocando all’italiana: «In Europa, le grandi squadre non aspettano, impongono il loro gioco». E giù una sfilza di nomi: l’Ajax del calcio totale, il suo Milan, il Barcellona di Guardiola, l’ultimo Bayern.
Non si può giudicare Sacchi dalla quantità. Si commetterebbe un grave errore. Certo, la nebbia di Belgrado. Certo, il braccio di Baresi: quando lo alzava in piazza Duomo, a Milano, era fuorigioco fino a piazza Navona, a Roma. Certo, Berlusconi e le sue truppe tele-cammellate. Arrigo, però, ha cambiato il calcio italiano: l’impatto, soprattutto. E’ stato scintilla, non fiammifero. Molti allenatori, Antonio Conte incluso, si rifanno al suo catechismo. Che, sia chiaro, non è assoluto: ed è stato traviato, addirittura, dai suoi seguaci, i boriosi «fusignanisti».
Visto da destra: ha vinto solo uno scudetto. Visto da sinistra: ha vinto due Coppe dei Campioni, due Supercoppe d’Europa, due Coppe Intercontinentali. Ognuno tira l’acqua al suo mulino. L’antipatia per Sacchi non può e non deve banalizzarne l’eresia del verbo. Eresia che predicò in tutta la sua profondità maniacale con il «primo» Milan, l’harem di Gullit, Van Basten e Rijkaard, Baresi, Maldini e Donadoni. Non in Nazionale. Non a Madrid (sponda Atletico) e tanto meno col Milan bis. Quel Milan lì, e non altri, prese il Real e lo appese al muro di un memorabile 5-0.
Si può sorridere del lessico siliconato che ne ha decorato l’epopea (per esempio: da contropiede a ripartenza); non si devono ignorare i cambi di regolamento. Resta l’idea, massiccia, di una manovra di possesso che stupì il mondo, abituato com’era a bollare the italians di eccesso di contropiede (sempre sia lodato), quando non di catenaccio. Prima Sacchi, poi Capello: a parti invertite, la storia del Milan – e del nostro calcio – sarebbe stata diversa.
partecipa a 4 campionati e ne perde 3. contro tre squadre differenti: il Napoli di Maradona, l’Inter di Trapattoni e la Sampdoria di Boskov. Troppe sconfitte, forse, perché possa essere considerata una squadra irraggiungibile.
zola mai convocato, maradona probabile panchinaro.
SCOMMETTIAMO CHE SARà ASSOLTO PER NON AVER COMMESSO IL FATTO?
Botte tra Irvine e figlio Moratti
Milano,ex pilota:picchiato per gelosia
Scazzottata tra l’ex pilota di Formula 1 Eddie Irvine e il figlio del sindaco di Milano, Gabriele Moratti, nell’esclusivo privé della discoteca Hollywood di Milano. La notte dello scorso 20 dicembre, l’ex ferrarista, secondo quanto ha lui stesso riferito alla polizia, sarebbe stato aggredito dal rampollo milanese “con due pugni in testa”, Il motivo? “Credo per gelosia – ha spiegato Irvine in questura – qualche volta sono uscito con la sua ex”.
Secondo quanto riporta il quotidiano La Repubblica, il bilancio per il pilota parla di un timpano rotto e 30 giorni di prognosi. Il fascicolo è finito in procura, ma al momento è ancora a carico di ignoti.
“Non riesco a capire questo ritardo – spiega irritato l’avvocato di Irvine, Marco Baroncini – recentemente un altro mio cliente a tre mesi dal fatto ha già ottenuto una citazione diretta a giudizio”. Secondo la denuncia dell’ex pilota, nel cuore della notte “un bodyguard del signor Moratti” gli avrebbe telefonato e, “in inglese, mi riferiva che sarebbe venuto a casa mia a picchiarmi”.
Differente la versione del figlio del primo cittadino. Che, saputo della denuncia, ha immediatamente controquerelato l’irlandese. “Era alticcio”, giura il figlio di Gianmarco e Letizia, che per documentare i suoi danni produce una sua foto da cui si vede un bernoccolo in fronte. Alla procura il compito di capire chi dei due dice il vero.
roberto baggio: “questo è pazzo”.
Finalmente una disamina… serie da parte dell’interiota-tipo sull’attuale stato della seconda squadra di Milano.
Dedicato ai malati della “mutua” che frequentano la clinica.
Fatevi na…risata va…
http://www.youtube.com/watch?v=4AzGriXmnVE
Il Milan si infila in quel vuoto lì. lo fa con un 5-2 ai bulgari del Vitosha e un 4-0 ai finlandesi dell’Helsinki. In finale le sue avversarie sono una rumena e una portoghese. qualcuno vorrà tirare fuori il 5-0 in semifinale al Real Madrid. gli ricorderei cos’era quel Real Madrid in Europa. Una comparsa. Una squadra che non vinceva la Coppa da 23 anni. Ventitré. E non andava in finale da otto.
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L’Europa su cui Sacchi si impone è un’Europa senza squadre inglesi, messe al bando dopo l’Heysel.
“Non insegno chimere, le lascio a Sacchi. Icaro volava, ma Icaro era un pirla”.(Giovanni Trapattoni)
Sacchi: non posso che appoggiare la tesi di Beck ma anche quella di Riccardo, in un certo senso non mi è mai piaciuta la sua intransigenza dei dettami tattici ma è da riconoscere sia i suoi meriti e le vittorie ottenute (certo: con i campioni olandesi e altri; certo, con i soldi del Berlusca in ascesa che rivoluzionò il calciomercato in quegli anni particolari; certo, in campo internazionale con una situazione favorevole come ha ricordato alex) e sia l’inequivocabile lascito nel calcio nostrano, la voglia di osare, di essere offensivi in una certa mentalità predefinita. Ancora oggi, a distanza di più di un decennio, certe idee permangono e guai se non fosse così, non ci sarebbe stata la rinascita in questa maniera della nostra Juve, tanto per dirne una. Sulla carriera di Sacchi con la Nazionale, ritengo sia opportuno e corretto fare un distinguo: a conti fatti è stato un mezzo fallimento l’Europeo del ’96 pur giocando bene, è stato quasi un trionfo emozionante il mondiale ’94, giocando molto spesso inadeguatamente con giocatori anche fuori ruolo, scelte non troppo sensate (Baggio spompato, azzoppato e schierato lo stesso in finale e non Zola) e un cammino, dal girone in poi, frutto di episodi e giocate dei singoli (Baggio, appunto). Ricordo una bellissima partita della Nazionale targata Sacchi: Italia-Spagna a quei mondiali. Ma quelle furie rosse non erano al livello eccelso di questi ultimi anni. Piaccia o non piaccia, Sacchi è uno di quelli che ha lasciato segno indelebile e ha pure vinto. Non è frutto del caso, sebbene molte considerazioni calcistiche sono spesso relative.
Si, Lamela è discontinuo, da plasmare nel ruolo che ancora non ha definito, ma anche giovane rispetto a Vucinic. Il poeta invece se non lo cedi la prossima estate non lo cedi più a prezzi vantaggiosi. Ma nell’economia del gioco di Conte, al netto dell’intoccabile Tevez e anche il basco, può ancora dire la sua.