La cassa del mezzogiorno

Roberto Beccantini9 marzo 2014Pubblicato in Per sport

Alla cicala non bastarono due gol e un’ora di controllo totale. Alla formica è stato sufficiente il tesoretto di Asamoah. Il calcio, a volte, si concede gite curiose, se non proprio misteriose. Primo tempo tutto Juventus: con un paio di occasioni per raddoppiare. Secondo, tutto o quasi Fiorentina: con il gol di Diakité (la Sartina mi perdonerà, ma a velocità normale e audio spento mi è parso corretto annullarlo) e la traversa di Matos. Il brasiliano aveva rimpiazzato Gomez, ombra del Supermario che fu. Avresti detto: ciao, colpi di testa. E invece proprio di testa Matos stava per pareggiare.

E così sono quattordici vittorie in altrettante partite casalinghe. Conte ha chiuso con Padoin al posto di Tevez e un 5-4-1 che la dice lunga sulle sofferenze che, complici i primi caldi ma non solo, hanno accompagnato la progressiva ritirata della squadra. Il risultato lo premia, e allora cin cin. In caso contrario, lo avremmo appeso al muro, come un cappotto del Trap.

Pirlo era squalificato. Montella, lui, rendeva ai rivali un paio di titolari del calibro di Borja Valero e Giuseppe Rossi. Il ritmo è stato tipico del nostro campionato: uno sbadiglio da elefante inframmezzato, qui e là, da rari sussulti. Prandelli avrà sorriso.

I tifosi sognano scarti obesi. Non sempre è possibile. Contro il Milan, la Juventus aveva vinto di singoli (Tevez, Llorente). Con la Fiorentina, ha vinto di gruppo. Marchisio vice Pirlo è meno lontano dall’originale di quanto si potesse immaginare. Mancano, però, le sue incursioni. Soprattutto se Vidal, al rientro, gira al largo e Pogba alterna scampoli regali a distrazioni imbarazzanti.

Le Nazionali lasciano spesso strascichi di complicata lettura. Si sarebbe potuta mescolare la trama, cioè un po’ più di Fiorentina all’inizio e un po’ più di Juventus alla fine? Non ho la sfera di cristallo. E adesso, tutti in maschera alla sfilata dell’Europa League.

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