Da tifoso del Liverpool quale sono, mi inchino ai piedi (e non solo ai glutei) di José Mourinho e del suo Chelsea. So che Mou quando vuole è il massimo e quando gli fa comodo il minimo; so che habla, habla, habla, e alla vigilia dell’ordalia si era infilato nel rispetto per fare dispetto. Quando però c’è da incartare l’avversario, nessuno tocca i picchi del suo realismo storico, che i bar sport rozzamente traducono in «difesa a oltranza» (?).
Non gli andrà sempre bene, e magari già mercoledì con l’Atletico l’agenzia delle uscite gli imporrà una tassa sulla Champions, ma Suarez era e resta il conclamato pistolero di tutta la Premier, non uno sbirro qualsiasi: cancellato, letteralmente.
Il Liverpool veniva da undici vittorie e 96 gol. Mou gli ha inflitto un 2-0 di puro catenaccio «y contragolpe». Con Simeone nel mirino, aveva alleggerito la formazione di preziosi titolari. Capitan Gerrard gli ha dato una mano, e che mano. Il gol di Demba Ba è roba sua. Sono cose che succedono. Brendan Rodgers è finito in gabbia, pur conoscendo le attitudini del maestro. Ha fatto poco per uscirne: non sono bastati i tiri di Gerrard, la frenesia di Sterling, l’ingresso (tardivo) di Sturridge.
Dal Calderon ad Anfield, ho pensato a un passo di «Alla ricerca del calcio perduto» (autore, Nicola Calzaretta). Nel ricordare la celeberrima semifinale di Euro2000, tra Olanda e Italia, Albertini chiosa così l’assedio batavo: «Li abbiamo rinchiusi nella nostra area di rigore e non li abbiamo fatti più uscire!». A essere pignoli, gli azzurri erano rimasti in dieci fin dal 33’ (espulso Zambrotta), ma i Reds, senza Europa tra gli zebedei, erano freschi come rose.
Già a Manchester, Mou aveva operato il City. I puristi si solleveranno, i fusignanisti invocheranno il carcere duro. Non è proprio il caso. Erano di fronte il miglior attacco e la miglior difesa. Ha vinto la miglior difesa. Prosit.
PUPARI & PUPAZZI!
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PD, MASSONERIA di STATO! PD: “PARTITO DELINQUENZA”! IL PD E IL PARTITO DELLA LOGGIA “ASPEN ISTITUTE”! LA LOGGIA DI BANCHE & FINANZA CHE VUOLE FARE, E’ STA FACENDO DELL’ITALIA, UN “GHETTO” DELL’EUROPA, MODELLO QUELLO FATTO DA ISRAELE CON LA PALESTINA!
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ITALIANI!, ATTENTI ALLA RISERVA AUREA!!! QUELLI VOGLIONO IL VOSTRO (nostro?) ORO!!! ECCO LA RAGIONE DEL “TERZO” COLPO DI STATO; IL SECONDO SENZA SPARGIMENTO DI SANGUE DOPO QUELLO NOMINATO TANGENTOPOLY! HANNO ORDINATO AL NANO-DEPRAVATO DI BERLUSCONIA DI ANDARE A NASCONDERSI (e’ si e nascosto per 3 mesi!) PER AFFRETTARE I TEMPI DEL LORO PIANO, MANEGGIANDO DIRETTAMENTE IL GOVERNO CON I LORO SICARI: “NAPOLITANO-MONTI-LETTA ,E L’ATTUALE PUPAZZO MANOVRATO DAI LORO PUPARI, PER IMPOVERIRE LO STATO PER POI DIRE: PER PAGARE I DEBITI, SIAMO COSTRETTI A VENDERE L’ORO… PERCHE’ VOGLIONO COMPRARE
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E’ PERCHE’ VOGLIONO COMPRARE GLI F35: L’AEREO DA GUERRA PIU’ COSTOSO DEL MONDO? ADDIRITTURA 90! A QUALE GUERRA SERVIREBBERO, SE NON A QUELLA CONTRO GLI ITALIANI PER TOGLIERGLI L’ULTIMO TOZZO DI PANE?!!! PER DI PIU’, SECONDO UN DOCUMENTO DEL PENTAGONO, TRATTASI DI UN AEREO MAL COSTRUITO, DIFETTOSO! MA A CHI VANNO I 10/15 MILIARDI DI EURO CHE NAPOLITANO E I SUOI SICARI VOGLIONO DARE A TUTTI I COSTI? CHI COSTRUISCE GLI AEREI? FANNO FORSE PARTE DI QUALCHE CONGREGA?
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PENSO PROPRIO CHE CI SI DOVREBBE DOMANDARE CHI E’ MATTEO RENZI, E’ CHI SONO I SUOI COLLABORATORI E CONSIGLIERI?
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L’inquietante intreccio dei nomi che appoggiano Renzi: “Poteri forti che vogliono eliminare la sinistra” – See more at
http://www.infiltrato.it/inchieste/linquietante-intreccio-dei-nomi-che-appoggiano-renzi-poteri-forti-che-vogliono-eliminare-la-sinistra
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Noam Chomky
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=571777802918550&set=a.154287974667537.33296.100002590054684&type=1&theater
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Matteo Renzi: un pupazzo nelle mani della Mc Kinsey, la multinazionale che ha affossato il sistema bancario italiano
http://www.signoraggio.it/matteo-renzi-un-pupazzo-nelle-mani-della-mc-kinsey-la-multinazionale-che-ha-affossato-il-sistema-bancario-italiano/
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Itzhak Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e, membro del Parlamento, alla Camera dei Deputati nelle liste del PD.
http://www.signoraggio.it/itzhak-yoram-gutgeld-leconomista-israeliano-che-e-diventato-consigliere-e-guru-del-premier-in-pectore-matteo-renzi/
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Morte
A i
F arabutti
I..talia
A nela!!!
Scusate… sono Ermanno Licursi”.
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Salve, salve a tutti. Scusate se non so esprimermi troppo bene, scusate se vi sembrerò goffo. Mi chiamo, anzi mi chiamavo, Ermanno Licursi: dico mi chiamavo, perché sono morto. Sono morto per una partita di calcio, sapete. Facevo il dirigente di una squadretta di terza categoria dilettanti, la Sammartinese, con sede a San Martino di Finita (Cosenza). Per favore, abbiate rispetto verso un morto e non datemi ad intendere che sapete dov’è, San Martino di Finita.
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Vi vedo smanettare su Google Earth, San Martino di Finita, Italy. Così come, di sicuro, ignorate dove sia Luzzi. A Luzzi ci ero andato ad accompagnare la Sammartinese che giocava con la Cancellese. Terza Categoria, girone D calabrese. Sono morto a botte. Al termine della partita. Dicono per un calcio al collo
tiratomi da qualcuno della Cancellese, ma che ne so io, non è compito mio stabilire come sono morto. Ci penseranno le autorità, a quello.
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Io so soltanto che avevo 41 anni, un lavoro, una famiglia, e che per passione seguivo ’sta squadretta di paese. Per questo sono morto. Per questo i miei figli non hanno più un padre. Per questo mia moglie non ha più un marito. Sono qui a scrivervi questa cosa perché, devo dirvelo, sono incazzato nero. Non solo perché mi è toccato morire a 41 anni in questo modo idiota, per di più mentre cercavo di mettere pace in mezzo a una rissa scoppiata per una partita di calcio del girone D di terza categoria.
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No, non solo per questo. Sono incazzato nero anche perché mi sembra d’essere a me, di terza categoria, girone quel che volete. Del girone dei Nessuno, sono. Del girone dei Noncontiuncazzo. Sono sempre stato una persona tranquilla, non ho mai fatto del male a nessuno; e allora mi sarà permesso, almeno da morto, d’incazzarmi come una jena e di scriverlo.
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Il fatto è che, pochi giorni dopo il mio assassinio, è accaduto un altro gravissimo fatto. A Catania. Durante il “derby” fra Catania e Palermo, in serie A, anticipato al venerdì perché in quella città doveva cominciare la festa della santa patrona, Sant’Agata (nome che, in greco, vuol dire “buona”). Intendiamoci, di rivalità di paese me ne intendo; mi è toccato morire in questo modo cretino perché dalle mie parti sono tutti “derby”, di quelle ferocissime sfide di paese che non vi immaginate neppure.
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Calcio sano dilettantistico? Sano sport di provincia? Ma lasciatevi dire, signore e signori, che davvero non ci capite niente, voi là sotto. Qui, di sano, non c’è più niente. Ve ne potrei dire, di cose. Vi potrei dire che, oramai, per un rigore non dato, per un’espulsione di un giocatore, persino per un angolo o una punizione, si rischia la guerra tra le 57 persone che sono a vedere la partita e i 22 che sono in campo con le magliette sponsorizzate dalla Prosciutti Caruso o dalla Lux Elettrodomestici di San Pantaleo Su Pe’ Monti.
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Ma vi dicevo di Catania. Ecco, prima della partita di Catania mi sono riservato un piccolo momento di orgoglio, spero che mi capirete. Un minuto di raccoglimento tutto per me. In serie A. Io, Ermanno Licursi, di cui nessuno aveva mai sentito parlare, di cui nessuno avrebbe ragionevolmente, e seguendo il corso naturale delle cose, sentito parlare se non mi avessero massacrato a calci e pugni allo stadio di Luzzi. Ora, d’accordo che durante questo minuto di raccoglimento si sentivano urla del tipo “Palermo Palermo vaffanculo”, oppure “Palermitani bastardi, dovete morire”,segno -giustappunto- del più civile e sentito raccoglimento per la mia morte; ma mica potevo pretendere più di tanto.
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Mi stavo dunque disponendo a seguire la partita in collegamento su Sky (qui ci siamo direttamente nello sky e il decoder è gratuito), quando mi sono accorto che fuori dallo stadio stava accadendo il finimondo. Una Cancellese-Sammartinese moltiplicata cento, mille volte. Scontri armati. Ma che dico, scontri armati, la guerra! Alla fine chi la guardava più la partita.
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Dopo un po’, quassù, è arrivata un’altra persona. Poco più giovane di me, un ragazzo di trentott’anni. Un ispettore di polizia, stavolta. Tale Raciti. Ma porca della miseria cane e ladra, un’altra partita di pallone e un altro morto. I nostri sguardi si sono incrociati per un attimo, ma l’ho lasciato stare. Si vede, poveretto, che gli giravano le scatole, e non poco. Come non capirlo. Aveste dovuto vedere me i primi momenti dopo che ero arrivato quassù. Non mi si stava intorno.
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Ma nei prossimi giorni, spero di poter parlare due secondi con lui; sì, lo spero proprio, ci tengo. Non è mica colpa di quel povero ragazzo, anzi. Ci mancherebbe solo questo. Quando si sarà un po’ ripreso, quando si sarà fatto-volente o nolente-una ragione d’esser morto, e morto in questo modo, avrò sicuramente la voglia di abbracciarlo, magari ce ne andiamo a bere un caffè insieme (non Lavazza perché non la sopporto più quella pubblicità imbecille ambientata da queste parti).
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Sono incazzato con quegli altri, quelli che sono rimasti laggiù. Con i politicanti, con i giornalisti, con quella razzumaglia d’ogni risma. Per me, Ermanno Licursi, dirigente di una squadretta di serie zeta ammazzato negli spogliatoi al termine d’una partita, non si sospende nessun campionato. Nessuna legge speciale. Nessun articolo del grande giornalista; solo qualche servizio relegato per pochi giorni nei tg, solo articoli che dopo due o tre giorni son diventati trafiletti di poche righe.
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Ma questo sarebbe ancora niente. Questo lo potrei anche capire, non sono un presuntuoso e so stare al mio posto. Per me, no, nessun funerale in diretta televisiva. Nessun arcivescovo che si è scomodato per dirmi il funerale. E, soprattutto, nessun bel discorso su come “salvare il calcio”, nessuna ricetta magica, nessun modello inglese, nessuna sfilata di siti internet di mezzo mondo con la notizia in prima pagina. Niente di niente. Nessuna sottoscrizione del TG5. Nessuna borsa di studio per i miei figli.
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Tie’, Locurso, Licursi o come cazzo ti chiami, beccati ’sto minuto di raccoglimento e taci, e ringrazia pure. Come si dice? De sciò mas go on. Se quei disgraziati non avessero spedito quassù anche quel poveraccio di poliziotto, a quest’ora altro che campionati sospesi. A quest’ora, gran commenti sull’Inter schiacciasassi, su Ronaldo, su chissà cosa.
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Altro che partite a porte chiuse, altro che stadi a norma, altro che tornelli, altro che scritte sui muri di Livorno, di Piacenza o di San Diosagrato de’ Volsci. Nulla. Nada. Nix. Ora, certo, forse sto esagerando. Anzi, no. Del resto, è l’ultima occasione che mi resta per dire qualcosina; altre non me ne saranno date; e lasciatemi sfogare. Di tutte ne ho sentite in questi giorni. C’era di mezzo un poliziotto, e allora giù a ritirare fuori quell’altro poveraccio, come si chiamava, Giuliani, le scritte sui muri, gli strepiti, e io che di Giuliani al massimo conoscevo l’amaro medicinale. Ma che cavolo c’entra? O forse c’entra, e sono io che non capisco niente.
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Ma, del resto, sono solo un Ermanno Licursi qualsiasi, dirigente della Sammartinese. Il mio nome, fra due giorni, non dirà più niente. Come, purtroppo, non dirà più niente quello di Raciti. Come non dicono assolutamente più niente quelli di Paparelli, di Spagnolo, di Fonghessi, di Furlan, di Filippini, di De Falchi.
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Come non dicono più niente quelli di trentanove persone morte calpestate in uno stadio belga. O quelli di quattro ragazzi morti carbonizzati in un vagone ferroviario, la stessa fine che rischiò di fare un ragazzino di quattordici anni a Firenze, tale Ivan Dall’Olio. E questi qui parlano di “tolleranza zero”. La tolleranza zero, mi permetto di dire e poi torno nel mio nulla eterno, dovrebbe essere verso di loro. Verso il potere.
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Ma tanto mica c’è niente da fare; de sciò mas go on, e ci goerà on, cavolo se ci goerà on. Con qualche abbaiata del potente di turno, con qualche legge, con qualche repressione che colpirà da ogni parte tranne dove dovrebbe realmente colpire. E così vi saluto. Ero un uomo tranquillo. Tornerò, non abbiate timore, ad essere tranquillissimo. Per sempre.
Scusate… sono Ermanno Licursi”.
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Salve, salve a tutti. Scusate se non so esprimermi troppo bene, scusate se vi sembrerò goffo. Mi chiamo, anzi mi chiamavo, Ermanno Licursi: dico mi chiamavo, perché sono morto. Sono morto per una partita di calcio, sapete. Facevo il dirigente di una squadretta di terza categoria dilettanti, la Sammartinese, con sede a San Martino di Finita (Cosenza). Per favore, abbiate rispetto verso un morto e non datemi ad intendere che sapete dov’è, San Martino di Finita.
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Vi vedo smanettare su Google Earth, San Martino di Finita, Italy. Così come, di sicuro, ignorate dove sia Luzzi. A Luzzi ci ero andato ad accompagnare la Sammartinese che giocava con la Cancellese. Terza Categoria, girone D calabrese. Sono morto a botte. Al termine della partita. Dicono per un calcio al collo
tiratomi da qualcuno della Cancellese, ma che ne so io, non è compito mio stabilire come sono morto. Ci penseranno le autorità, a quello.
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Io so soltanto che avevo 41 anni, un lavoro, una famiglia, e che per passione seguivo ’sta squadretta di paese. Per questo sono morto. Per questo i miei figli non hanno più un padre. Per questo mia moglie non ha più un marito. Sono qui a scrivervi questa cosa perché, devo dirvelo, sono incazzato nero. Non solo perché mi è toccato morire a 41 anni in questo modo idiota, per di più mentre cercavo di mettere pace in mezzo a una rissa scoppiata per una partita di calcio del girone D di terza categoria.
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No, non solo per questo. Sono incazzato nero anche perché mi sembra d’essere a me, di terza categoria, girone quel che volete. Del girone dei Nessuno, sono. Del girone dei Noncontiuncazzo. Sono sempre stato una persona tranquilla, non ho mai fatto del male a nessuno; e allora mi sarà permesso, almeno da morto, d’incazzarmi come una jena e di scriverlo.
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Il fatto è che, pochi giorni dopo il mio assassinio, è accaduto un altro gravissimo fatto. A Catania. Durante il “derby” fra Catania e Palermo, in serie A, anticipato al venerdì perché in quella città doveva cominciare la festa della santa patrona, Sant’Agata (nome che, in greco, vuol dire “buona”). Intendiamoci, di rivalità di paese me ne intendo; mi è toccato morire in questo modo cretino perché dalle mie parti sono tutti “derby”, di quelle ferocissime sfide di paese che non vi immaginate neppure.
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Calcio sano dilettantistico? Sano sport di provincia? Ma lasciatevi dire, signore e signori, che davvero non ci capite niente, voi là sotto. Qui, di sano, non c’è più niente. Ve ne potrei dire, di cose. Vi potrei dire che, oramai, per un rigore non dato, per un’espulsione di un giocatore, persino per un angolo o una punizione, si rischia la guerra tra le 57 persone che sono a vedere la partita e i 22 che sono in campo con le magliette sponsorizzate dalla Prosciutti Caruso o dalla Lux Elettrodomestici di San Pantaleo Su Pe’ Monti.
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Ma vi dicevo di Catania. Ecco, prima della partita di Catania mi sono riservato un piccolo momento di orgoglio, spero che mi capirete. Un minuto di raccoglimento tutto per me. In serie A. Io, Ermanno Licursi, di cui nessuno aveva mai sentito parlare, di cui nessuno avrebbe ragionevolmente, e seguendo il corso naturale delle cose, sentito parlare se non mi avessero massacrato a calci e pugni allo stadio di Luzzi. Ora, d’accordo che durante questo minuto di raccoglimento si sentivano urla del tipo “Palermo Palermo vaffanculo”, oppure “Palermitani bastardi, dovete morire”,segno -giustappunto- del più civile e sentito raccoglimento per la mia morte; ma mica potevo pretendere più di tanto.
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Mi stavo dunque disponendo a seguire la partita in collegamento su Sky (qui ci siamo direttamente nello sky e il decoder è gratuito), quando mi sono accorto che fuori dallo stadio stava accadendo il finimondo. Una Cancellese-Sammartinese moltiplicata cento, mille volte. Scontri armati. Ma che dico, scontri armati, la guerra! Alla fine chi la guardava più la partita.
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Dopo un po’, quassù, è arrivata un’altra persona. Poco più giovane di me, un ragazzo di trentott’anni. Un ispettore di polizia, stavolta. Tale Raciti. Ma porca della miseria cane e ladra, un’altra partita di pallone e un altro morto. I nostri sguardi si sono incrociati per un attimo, ma l’ho lasciato stare. Si vede, poveretto, che gli giravano le scatole, e non poco. Come non capirlo. Aveste dovuto vedere me i primi momenti dopo che ero arrivato quassù. Non mi si stava intorno.
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Ma nei prossimi giorni, spero di poter parlare due secondi con lui; sì, lo spero proprio, ci tengo. Non è mica colpa di quel povero ragazzo, anzi. Ci mancherebbe solo questo. Quando si sarà un po’ ripreso, quando si sarà fatto-volente o nolente-una ragione d’esser morto, e morto in questo modo, avrò sicuramente la voglia di abbracciarlo, magari ce ne andiamo a bere un caffè insieme (non Lavazza perché non la sopporto più quella pubblicità imbecille ambientata da queste parti).
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Sono incazzato con quegli altri, quelli che sono rimasti laggiù. Con i politicanti, con i giornalisti, con quella razzumaglia d’ogni risma. Per me, Ermanno Licursi, dirigente di una squadretta di serie zeta ammazzato negli spogliatoi al termine d’una partita, non si sospende nessun campionato. Nessuna legge speciale. Nessun articolo del grande giornalista; solo qualche servizio relegato per pochi giorni nei tg, solo articoli che dopo due o tre giorni son diventati trafiletti di poche righe.
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Ma questo sarebbe ancora niente. Questo lo potrei anche capire, non sono un presuntuoso e so stare al mio posto. Per me, no, nessun funerale in diretta televisiva. Nessun arcivescovo che si è scomodato per dirmi il funerale. E, soprattutto, nessun bel discorso su come “salvare il calcio”, nessuna ricetta magica, nessun modello inglese, nessuna sfilata di siti internet di mezzo mondo con la notizia in prima pagina. Niente di niente. Nessuna sottoscrizione del TG5. Nessuna borsa di studio per i miei figli.
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Tie’, Locurso, Licursi o come cazzo ti chiami, beccati ’sto minuto di raccoglimento e taci, e ringrazia pure. Come si dice? De sciò mas go on. Se quei disgraziati non avessero spedito quassù anche quel poveraccio di poliziotto, a quest’ora altro che campionati sospesi. A quest’ora, gran commenti sull’Inter schiacciasassi, su Ronaldo, su chissà cosa.
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Altro che partite a porte chiuse, altro che stadi a norma, altro che tornelli, altro che scritte sui muri di Livorno, di Piacenza o di San Diosagrato de’ Volsci. Nulla. Nada. Nix. Ora, certo, forse sto esagerando. Anzi, no. Del resto, è l’ultima occasione che mi resta per dire qualcosina; altre non me ne saranno date; e lasciatemi sfogare. Di tutte ne ho sentite in questi giorni. C’era di mezzo un poliziotto, e allora giù a ritirare fuori quell’altro poveraccio, come si chiamava, Giuliani, le scritte sui muri, gli strepiti, e io che di Giuliani al massimo conoscevo l’amaro medicinale. Ma che cavolo c’entra? O forse c’entra, e sono io che non capisco niente.
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Ma, del resto, sono solo un Ermanno Licursi qualsiasi, dirigente della Sammartinese. Il mio nome, fra due giorni, non dirà più niente. Come, purtroppo, non dirà più niente quello di Raciti. Come non dicono assolutamente più niente quelli di Paparelli, di Spagnolo, di Fonghessi, di Furlan, di Filippini, di De Falchi.
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Come non dicono più niente quelli di trentanove persone morte calpestate in uno stadio belga. O quelli di quattro ragazzi morti carbonizzati in un vagone ferroviario, la stessa fine che rischiò di fare un ragazzino di quattordici anni a Firenze, tale Ivan Dall’Olio. E questi qui parlano di “tolleranza zero”. La tolleranza zero, mi permetto di dire e poi torno nel mio nulla eterno, dovrebbe essere verso di loro. Verso il potere.
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Ma tanto mica c’è niente da fare; de sciò mas go on, e ci goerà on, cavolo se ci goerà on. Con qualche abbaiata del potente di turno, con qualche legge, con qualche repressione che colpirà da ogni parte tranne dove dovrebbe realmente colpire. E così vi saluto. Ero un uomo tranquillo. Tornerò, non abbiate timore, ad essere tranquillissimo. Per sempre.
E se non dici niente e ti limiti a sottolineare gli aspetti positivi senza cercare con il lanternino qualcosa che non vada sei solo uno che va in giro con la sciarpetta (cit). Nel senso di piccola, presumo.
Scritto da Massimo Franzo’ il 28 aprile 2014 alle ore 23:32
Franzò, sinceramente, se vuoi giocare dialetticamente, ti dico che hai ragione, così sarai contento e la smettiamo con sta tiritera. Se vuoi capire, e ne sei in grado, accomodati, altrimenti gioca da solo. Mamma mia ma quanti anni hai? E dovresti essere pure più grande di me.
Scritto da axl rose…..il Faro il 28 aprile 2014 alle ore 23:34
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Vera la considerazione su ogbonna e gli attributi di Bonucci.
L’unica differenza tra i 2 é che ora angelino ha davanti uno forte, sicuro e che gioca bene, più difficile inserirsi al posto di uno dei 3 dell’ave maria.
Vabbe’, credevo che si sarebbe cominciato a festeggiare il 32°, terzo consecutivo, e invece mi ritrovo a fare i soliti processi del cazzo. Buon divertimento.
ok, a domani. si va a nanna contenti per noi (juventini) e per il mister che le ha cantate di nuovo, più che giustamente, a garcia le cui ultime, censurabili, dichiarazioni hanno azzerato la stima che nutrivo nei suoi confronti. ottima risposta sul campo e fuori. così si fa. forza juve!
Che conte sostituisca uno dei 3 dietro é cosa ben rara.
Bocciatura per angelino, almeno per stasera ma é grave che conte abbia dovuto sostituirlo, sostituzione sacrosanta, fra l’altro.
Chiaramente quoto ankio axl delle 23:34.
A leggere certa roba viene da pensare che qui ci siano piu’e diversi passamontagna.
Ciao luca
Confermo su ogbonna.costantemente incitato tutto il campionato.col bologna mi era sembrato in crescita dopo la prova un po’balbettsnte di udine.stasera il mister dopo averlo sicuramente incoraggiato nell’intervallo(sennoz’lo avrebbe tolto subito)gli ha dato un’altra chance nel secondo tempo ma ogbonna stava diventando il loro attaccante piu’pericoloso.giustissimo toglierlo anche perche’leo e’entrato calmo e concentrato e ci ha ridato linearita’.