Da quel Cibali talvolta clamoroso, arrivano in un colpo solo trentesimo scudetto, tre stelle e terzo titolo consecutivo dell’era Conte. In alto i calici, scriverebbe Gianni Brera, per la Juventus strameritatamente campione d’Italia. Mi accodo. Non giocava, la capolista. Scenderà in campo domani sera, con l’Atalanta. Cito pure Sun Tzu: «La migliore battaglia è quella che si vince senza combattere».
Mancano due turni. La Roma, scaricata dall’«Ite, missa est» di Rudi Garcia, si è sciolta a Catania. In teoria, la Juventus può ancora toccare i 100 punti, record dei record. Se mai vi riuscirà , dovrà ringraziare proprio gli irriducibili avversari, che l’hanno costretta a un’andatura folle, pagata – in parte – sul fronte europeo, argomento già approfondito.
E’ stato lo scudetto degli attaccanti. Non dico «dell’attacco», perché la Juventus di Conte nasce all’attacco. La prima, quella che contese il titolo al Milan di Ibrahimovic, non aveva coppe, come la Roma attuale, e anche per questo, ma non solo, fu – delle tre – la più brillante, la più tranciante. La seconda, che duellò con il Napoli di Cavani, ha incarnato una via di mezzo. L’ultima segna una netta crasi, sul piano filosofico, e deve molto a Tevez e Llorente, 34 gol in totale. I cannonieri degli altri titoli erano fermi a dieci: Matri nel 2012, Vidal e Vucinic nel 2013.
Conte, allenatore martello e oratore macello, ha asciugato la manovra, adeguandola ai sentieri e alle esigenze dei «gemelli». Cambio della guardia: da «bella» a «pratica». Tre scudetti di fila, la Juventus non li vinceva dagli anni Trenta, dallo squadrone del Quinquennio e di Edoardo Agnelli, nonno di Andrea. Ci teneva al punto da fare terra bruciata di tutto il resto.
Quando vince la squadra più forte, l’applauso non è più un dovere: diventa un piacere. Così, almeno, penso.
Scritto da Riccardo Ric il 5 maggio 2014 alle ore 11:10
Ric, la mia carriera di ladro di scudetti è cominciata nel 1967, avevo quasi 6 anni!!!
Scritto da Il martinello giappogobbo il 5 maggio 2014 alle ore 10:54
Per me con questo sono 20 (tutti sul campo) in quasi 53 anni!!! Spero che la media non si abbassi!
.
Scritto da bit il 5 maggio 2014 alle ore 10:57
Caro Bit, i record sono fatti per essere battuti, ma se facessimo 19/19 in casa lo si potrebbe solo uguagliare…se poi rispetto alla formazione iniziale si facesse qualche cambio – magari nel secondo tempo – tattico, cioè qualcosa che da Andonio non abbiamo mai visto…ottimo!
.
Scritto da axl rose…..il Faro il 5 maggio 2014 alle ore 10:58
le ciabatte erano rigorosamente infradito, immagino!!! ;-)))
Bit: l’esperimento potrebbe comunque essere poco probante (motivazioni, stanchezza ecc. sia nostra che degli avversari).
Scritto da Il martinello giappogobbo il 5 maggio 2014 alle ore 10:54
Io conto solo quelli che ho “visto”, quindi a partire dal 1972, quando avevo 8 anni. Quindi questa è la mia 43esima stagione, ed ho vinto e visto 19 scudetti. Meno di uno ogni tre anni. Grazie Juve.
Sig. Beccantini, mi piacerebbe leggere la sua sulla terza stella sulla maglia.
Si dice che la Juventus abbia vinto il suo 32° scudetto in tuta e ciabatte.
Vucinic è stato il migliore in campo :-)))
devo dire che, non essendo molto amante dei record, mi piacerebbe che si cominciasse a provare in queste ultime tre partite qualcosa di diverso. proviamo ‘sta cavolo di difesa a quattro, vediamo se asa e isla possono giocare da interni, oppure come va pogba dietro le punte, o un tridente giovinco-tevez-llorente, insomma sparigliamo le carte e vediamo se esce qualcosa di buono…
Carissimi amici, buon giorno a tutti. Per me è il 25° scudetto, uno ogni tre anni della mia vita. E mi emozionano sempre.
Fabrizio, prevedo per stasera e per la partita contro la riomma il massimo impegno e probabili 4 punti, poi col Cagliari potrebbe essere una partita come l’ anno scorso con i calciatori mentalmente proiettati ai mondiali o alle vacanze, quindi con un risultato non scontato. Comunque 98 punti li faremo di sicuro e batteremo anche l’ era fantasia di mancini
La terza volta di Conte e le lezioni a Garcia.
La prima volta, ti dicono, è per assurdo quella più semplice. Complicato è ripetersi, quasi impossibile vincere tre volte di fila. Eppure Antonio Conte ce l’ha fatta: terza stagione sulla panchina della Juventus e terzo scudetto consecutivo. Un’impresa per pochi, in Italia. Prima di lui c’erano riusciti solamente Fabio Capello con il Milan e Roberto Mancini con l’Inter dei titoli ottenuti “in segreteria”, come sottolineava perfidamente José Mourinho in riferimento a quello del 2006. Davanti resta unicamente Carlo Carcano, un altro juventino. Quello che vinse per quattro volte di seguito a cominciare dal 1931, mostrando un calcio all’avanguardia sui tempi. Quattro volte che avrebbero potuto essere cinque, se uno scandalo a sfondo omosessuale non avesse spinto la dirigenza a congedarlo prima del previsto. Un obiettivo che oggi è alla portata di Conte. Glielo dipingeranno come un’impresa al di fuori del normale ma lui si sta già attrezzando per raggiungerlo. Ha fatto capire che parte del gruppo è forse stanca della lunga corsa, lui no. Ed è la garanzia. Perché lui è uno che vuole sempre arrivare davanti agli altri, ovunque e comunque, perfetta incarnazione del desiderio di potere che ha accompagnato il cammino bianconero fin dalla sua origine: arrogante e vincente, come deve essere un allenatore che transita da Torino. I piacioni e i falsi modesti non hanno avuto mai vita facile. Alla Juventus servono la mascella vibrante di Fabio Capello, il senso di superiorità toscano di Marcello Lippi, i continui affondi di Antonio Conte. Il solo Giovanni Trapattoni poteva passare per simpatico anche alle controparti, per il linguaggio immaginifico e la concretezza lombarda. Ci pensava però Giampiero Boniperti a reggere alla perfezione il ruolo di cattivo. Come lo è stato Conte. Perché dalla squadra ha preteso, venendo ripagato con un campionato come in serie A non si vedeva da tempo per passo da padrone e continuità di risultati. E perché agli avversari non ha mai concesso possibilità di replica: se gli altri andavano veloci, lui andava ancor più veloce; se gli altri alzavano la voce, lui aumentava ancor più i toni. Un campionato mai messo in discussione, soltanto i giornalisti hanno provato a tenerlo in vita quando tutto era ormai deciso. A fare da contrappunto negativo c’è stata però l’Europa, con una Champions League abbandonata prima del previsto e con un’Europa League salutata all’ultimo atto prima di poter approdare alla finale da giocare in casa propria. Questo è stato il limite della Juventus, come lo è oggi dei club italiani quando devono confrontarsi all’estero. Da qui riparte la sfida di Conte per la prossima stagione. Da oltreconfine perché, ad annusare l’aria che già sta tirando, si ha l’impressione che Carcano l’anno prossimo non sarà più l’unico allenatore italiano ad aver inanellato quattro scudetti uno dietro l’altro…
E a lezione da Conte dovrebbe andare Rudi Garcia, almeno per un aspetto. Per imparare che il calcio da noi è prima di tutto una questione di nervi, grazie ai quali a volte Davide ha la meglio su Golia: più scarsi, ma più determinati. Il tecnico francese ha ricevuto applausi (meritatissimi) per la stagione inimmaginabile vissuta con la Roma. L’ha ricostruita sulle macerie lasciata da Zdenek Zeman, l’ha riproposta competitiva dopo un mercato fatto più per incassare che per spendere. Con 85 punti avrebbe vinto più di un campionato, in passato. Ha dovuto accontentarsi del secondo posto, con il merito di disturbare – sia pure da lontano – il cammino della Juventus. Ma a livello dialettico deve imparare ancora parecchio da noi italiani. Garcia si era presentato bene, picchiando duro (e non si sa con quanta consapevolezza) sugli ultras giallorossi a inizio stagione. Ma poi ha finito per infilarsi in una serie di luoghi comuni che l’hanno portato al livello medio di dichiarazioni di rito così ben conosciute: quelle cui a una causa x corrisponde un effetto y. Fino alla frittata conclusiva, quel “tanto lo scudetto l’ha vinto già la Juventus” sfuggitogli alla vigilia di Catania. Tutti abbiamo visto come sia ingloriosamente finita la trasferta siciliana, mentre Garcia si affannava inutilmente a sottolineare come la prestazione non fosse figlia delle sue frasi. Per primo sapeva benissimo che non si trattava della verità , scoprendo sulla propria pelle come in Italia non si possa allentare minimamente la tensione se vuoi ottenere risultati, in ogni campo. E questo Conte può insegnarglielo benissimo.
di Sandro Bocchio.