Alla fine, il fatturato. Il 4-1 non esiste ma il calcio si pesa con i gol, non con gli aggettivi; e neppure con i concetti. Primo in Spagna, secondo in Europa: la stagione dell’Atletico resta straordinaria e d’esempio per tutti coloro che pensano che i quattrini siano tutto. Ogni tanto, ci casca persino Conte.
Da tifoso del Real sono contento per la decima, per Ancelotti (se il culatello sazia, il culo serve), per Zidane. Mi spiace per l’Atletico. E’ finita come finì, più o meno, nel 1974 a Bruxelles: con un crollo verticale. Pareggio di Schwarzenbeck al 119’, ripetizione, 4-0 per il Bayern. A Lisbona, invece: pareggio di Sergio Ramos al 94’, supplementari, 4-1 per il Real.
Consolare Simeone è facile, più difficile essere Simeone e accettare le coccole. Davide contro Golia, 108 milioni di euro a 521, la papera di Iker Casillas: sembrava, non dico un risarcimento, ma un investimento. Sembrava.
Hanno deciso i cambi. C’erano in ballo molti «moribondi», la riffa non ha pagato. Diego Costa è uscito dopo 9’. Benzema non era lui, Cristiano Ronaldo lo è stato poco, idem Gareth Bale fino al gol che ha spaccato la notte, come già nella «bella» di Coppa del Re. Simeone si è fidato di Diego Costa, Carletto, alla terza Champions, ha corretto gli errori di mescola: penso all’ingresso di Marcelo. Migliore del Real, Di Maria: ha solo il sinistro, ma carica di falli gli avversari e «vede» la porta. Migliore dell’Atletico, il gruppo. Per paradossale che possa sembrare, il risultato cambia l’indirizzo dei vincitori, ma non sposta di una virgola il senso della stagione.
Ricapitolando. Nazionale campione d’Europa nel 2008, del Mondo nel 2010 e d’Europa, ancora, nel 2012. Siviglia fresco detentore dell’Europa League, Real padrone della Champions: piazza di Spagna.
Beh Angel Di Maria giocava già alla grande da ala pura nel 4-3-3 di murrigno e non vedo questa enorme differenza di posizione e compiti alla fine.
Insomma non mi pare uncado Zambrotta, o Pirlo, o Bagni.
I playoff calcistici sono una bestemmia. Immaginiamo di premiare la riomma con una finale vontro la Juve fopo aver navigato a-8 per mesi ed infine cazzeggiato ignobilmente nelle ultime 3 partite.
La premiamo pure per tutto ciò? E no! Se ne rimane seconda e si porta a casa il suo titolo fantasia consegnatole dalla stampa anti-Juve. Più che sufficiente.
Poi semmai, più del tennis, il paragone sarebbe tra la Roubaix ed il Tour de France.
Chi pensa di pensionare il secondo?
Beh visto il culo di Ancelotti in coppa io lo richiamerei sulla panchina della Juve vedi mai che…
Ex ciuffo, vuoi un limite al “valore sportivo” delle competizioni ad eliminazione diretta? I calci di rigore, se al termine della partita l’incontro è finito pari. Certo, sempre meglio della monetina, il calcio di rigore è comunque un gesto tecnico e quindi viene premiata la squadra più brava a tirarli, od a pararli, ma insomma far decidere una qualificazione, se non una finale, alla c.d. “lotteria” è un po’ limitativo.
E quindi può capitare. Hai vinto il tuo girone, agli ottavi incroci la “grande” che è arrivata seconda perchè magari ha zoppicato un po’. Finisce ai rigori e vai casa. Agli ottavi di finale.
Per quanto riguarda il vantaggio o lo svantaggio di incontrare avversari più o meno demotivati, nel corso della stagione, concordo, è una variabile che un po’ può inquinare. Campionato a 18 con 4 retrocessioni, sono stati i più belli e combattuti.
Franz, anchio in fondo me lo sentivo.
Vuoi sposar…la difesa a 4?
Save (EX Ciuffo, appassionato di calcio internazionale, tifoso di bel gioco, non juventino, però mi state [quasi tutti] simpatici voi della clinica) il 25 maggio 2014 alle ore 09:27
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Si, io sono tra coloro che sostiene che il campionato sia la competizione a cui far riferimento per poi formulare considerazioni tecniche. Ed aborro anche solo l’idea dei play off. Esistono le competizioni a girone unico e quelle ad eliminazione diretta. Ed è vero che vanno adeguati approccio e atteggiamenti tecnico/tattici alle due competizioni. Una grande squadra lo sa fare. Non è questione di prediligere l’una o l’altra competizione, ma ritengo che quelle ad eliminazione diretta aggiungano altri fattori di imponderabilità a quelli già insiti nel calcio, (incastri dei sorteggi, stato di forma del momento, ecc ecc).
l’atletico se l’è giocata come ha potuto. forse ha tirato i remi in barca troppo presto ma la pressione del real era fortissima. poi c’è quella punizione nel finale (con l’inutile passaggio al portiere) che grida vendetta. comunque è stata una degna finale. la lezione, come dice il primario, resta. l’atletico se l’è giocata. era inferiore, ma ha lottato con tutti i mezzi a disposizione. prendiamone nota, invece di uniformarci pedissequamente ai lamenti del nostro mister. altrimenti la champions l’anno prossimo non giochiamola proprio, tanto non possiamo vincerla…
Vero Bilbao. Maledetti.
Bilbao….abbiamo vissuto la stessa esperienza.io ricordo un guerin sportivo (o simile) in cui vi era un fotomontaggio di Futre con addosso la maglia della Juve he calpestava una maglia del Napoli. Sapevo che c’era qualcosa di profondo che ci univa. Lo sapevo.
Gentile primario,
simpatici “pazienti”, sia juventini (la maggior parte… ) che no.
Le scrivo con gli occhi ancora lucidi dopo il drammatico spettacolo della finale-derby madrileno.
Lo scontro diretto finale, vinca il migliore, l’essenza stessa del calcio e dello sport.
Voglio tentare di fare una provocazione (ma solo per stimolare una discussione).
Per fare un parallelo con un altro sport, il tennis: ha sempre sostenuto il grande Rino Tommasi che il tennis sull’erba è “un altro sport” rispetto al tennis sulla terra battuta (negli ultimi 10-15 anni questo è un po’ meno vero, dato che la differenza tra le due superfici è molto diminuita e data l’evoluzione dei materiali), e che il doppio è “un altro sport” rispetto al singolare (possiamo metterci dentro perfino la “distanza 3/5 o 2/3 set” o con/senza tie-break per segnare ancor di più talune differenze). Troppo diversi i gesti tecnici efficaci e dunque vincenti nei diversi casi, troppo diverse le capacità fisiche necessarie e dunque vincenti per emergere nei diversi casi, troppo diverse le tattiche di gioco efficaci e dunque vincenti nei diversi casi, diverse perfino le implicazioni psicologiche che derivano da tutto ciò.
Ora, ribaltando il tipo di ragionamento ma su un piano completamente diverso come può essere come il nostro meraviglioso “soccer”, proiettato nel nostro tempo e nei nostri luoghi, io sostengo convintamente che:
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il calcio dei tornei ad eliminazione diretta ed il calcio dei campionati a girone sono due sport diversi
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Ancora una volta: troppo diverse le due formule dal punto di vista delle capacità tattiche, tecniche, fisiche e nervose necessarie a primeggiare nei due casi.
Aggiungo: lo schema ad eliminazione diretta è la forma “superiore”, è qui che emerge il più forte, è questo il modo di vedere chi merita di andare avanti.
La forma “campionato a girone”, oltre che essere obsoleta dal punto di vista spettacolare, non garantisce che a vincere sia “il migliore” (e forse andrebbe corretta con i play-off): troppo diluita nel tempo, con avversari diversamente motivati nel corso di una stagione lunga, addirittura con organici che cambiano, no: dev’essere qui ed ora che tutto si decide….
Ho letto spesso, anche qui in clinica, pareri contrari al riguardo: la squadra più forte la si vede in campionato, in coppa conta troppo la fortuna, non si può programmare una stagione sulle coppe e bla bla bla….
Naturalmente rispetto questo punto di vista, ci mancherebbe, ma a parte questo, mi piacerebbe stimolare una discussione al riguardo.
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PS: onore e gloria al grande Carletto, tutti a santificare Angel Di Marìa, dimenticando come sia stato “riposizionato” nello scacchiere tattico del Real e come sono le grandi intuizioni che fanno grandi gli allenatori, pagati anche per “inventarsi” con coraggio nuovi ruoli per loro giocatori (anche se campioni affermati) e non per giocare con le figurine messe loro a disposizione.