Immagino che, per i cultori del pensiero unico, partite come Olanda-Costa Rica assomiglino al ruttino che scappa a tavola e sequestra per un attimo l’imbarazzo generale. Da una parte, gli inventori del calcio totale declassati a concessionari di un calcio quasi tappetaro, con tanto di difesa tre (ripeto: a tre). Dall’altra, la zucca che per farsi carrozza deve alzare trincee da piccolo mondo antico.
E chi se ne frega. A un lettore è venuta in mente Olanda-Italia di Amsterdam, semifinale degli Europei 2000: 0-0, espulso Zambrotta, ancora 0-0, rigori prima, rigori dopo, Toldo para-molto (se non proprio tutto), fino al cucchiaio di Totti. «Alla ricerca del calcio perduto» è un libro di interviste raccolte da Nicola Calzaretta. E’ Demetrio Albertini a tornare su quella omerica disfida. Cita la battuta di un compagno: «Li abbiamo rinchiusi nella nostra area di rigore e non li abbiamo fatti più uscire!».
Splendida: riassume la storia del calcio – o, almeno, di un certo calcio, né volgare né rozzo – e va oltre la cronaca della singola partita. Incarna la resistenza di Keilor Navas, il miglior portiere del Mondiale, e la mossa regina di Van Gaal, fuori il portiere da centoventi minuti e dentro, agli sgoccioli dei supplementari, il portiere da undici metri. L’avremmo sbranato, se non gli fosse andata come poi gli è andata: Krul due, Navas zero, Olanda in semifinale, Costa Rica a casa.
Si chiama favola, l’avventura di Costa Rica. Il suo catenaccio mi ha commosso. D’accordo, santo palo e santa traversa tifavano per coach Pinto e i suoi «Ticos», ma il calcio non morirà mai proprio per questo. Non basta chiamarsi Robben per vincere, né Gamboa per perdere. La democrazia degli episodi mescola le carte, tanto che per fare poker, a volte, bisogna ricorrere a un colpo di «c»: casualità , competenza, coerenza, coraggio. Ho dimenticato qualcosa?
ovviamente parlavo di lire ….
Ciao Lex…. Patrese e Michele son stati gli italiani migliori della storia della F.1 moderna (diciamo da metà anni 70 in poi che forse moderna è un termine un po’ così ormai) ma anche Elio era molto forte……
In Italia è sempre stato difficile perché non c’è mai stata una vera scuola, ma c’erano, se non altro, sponsors e mecenati che aiutavano : i Rossi (Martini & Rossi) Zanon (Lavazza) Rumi (Fondmetal) Buzzi (Marlboro)……….. e poi non c’era solo la Ferrari, c’era la Alfa Romeo, la Fiat e la Lancia (non solo nei rally), c’erano la Tecno, la Minardi, la Osella……….
poi oggi correre costa veramente troppo. Ai miei tempi una stagione di F.3 in Italia si faceva con 50/60 milioni, con poco più di 100 correvi un europeo o l’inglese… era più facile trovare un volante se valevi, perché un team riusciva a far quadrare i conti anche se non portavi soldi tu… per non parlare di turismo e prototipi dove i team avevano ottimi budgets grazie a sponsors e ai piloti, cosiddetti, gentlemen … oggi con quei soldi fai a malapena il trofeo 500 abarth ………..
poi all’estero è più facile far circolare la “grana” in Italia ormai controllano anche se compri le arance o le albicocche…………
per fare un’esperienza da aiatollà avrebbe firmato anche in bianco. e chi lo ferma più?
L’avevo presa per una battuta Franz.
Che poi Prandelli si sia dimesso solo perchè sapeva già dell’offerta del Gala, e non perchè è un signore, è anche verosimile, e allora?
Quanta retorica, da Aldo Grasso non me lo sarei aspettato. Il mondiale per noi è finito, nonostante il fallimento Prandelli ha ricevuto una ghiotta offerta (cavoli del Galatasaray), l’ha accettata. Chiunque di noi, nel proprio ambito lavorativo, avrebbe fatto lo stesso. Le elaborazioni del lutto lasciamole per quando ci sono dei veri lutti, questo è business.
Lo so Bilbao era una battuta…..
Lo so Bilbao era una battuta…
Da Liberoquotidiano.it
Cesare Prandelli come capitan Codardo, come Schettino che lascia la nave prima ancora che affondi. E’ l’analisi spietata che Aldo Grasso fa sul Corriere della Sera, un duro attacco contro l’ormai ex ct della Nazionale che, dopo il disastroso risultato in Brasile, senza neanche “elaborare il lutto” ha già accettato di andarsene in Turchia ad allenare il Galatasaray. “Prenderà il posto di Roberto Mancini, casa a Istanbul, vista sul Bosforo e tanti soldi e tante tasse. E chi s’è visto s’è visto”.
La grande fuga – “A noi – scrive Grasso – le rogne, le presunte colpe di Balotelli, la figuraccia indegna, le liti nello spogliatoio, l’inutile convocazione di Antonio Cassano, i clan, le divisioni e tutto il resto”. L’immagine di Prandelli crolla così. Non solo sotto il peso della sconfitta, delle polemiche per le sue scelte, delle recriminazioni. Ma, osserva Grasso, “il processo di beatificazione era stato imponente. Prandelli buono, Prandelli gentile, perfino pretesco. Prandelli da copertina sempre accompagnato dalla bella fidanzata Novella Benini. Prandelli dialogante con i calciatori, Prandelli sempre a disposizione dei giornalisti (specie di quelli portati all’agiografia) Prandelli tutore in Nazionale del codice etico (con interpretazioni molto disinvolte, secondo le opportunità ). Insomma, un santo eppure non ha vento nulla. E forse sospettas Grasso “per non farsi seppellire da una montagna di critiche si è inventato una fuga alla turca, forse preparata in anticipo”. Insomma, Grasso getta il dubbio che la partenza per la Turchia fosse già stata organizzata…
Barone: almeno su Giovinco temo che dovrai rassegnarti: vedrai che resta.