Se n’è andato, a 88 anni, Alfredo Di Stefano. Prese il ruolo del centravanti, e lo moltiplicò. Era un altro calcio, d’accordo: più piccolo, più vago, forse più facile. Ma fu lui, soprattutto lui, a trasferirlo nella modernità , anticipando quel «totalitarismo» che poi gli olandesi avrebbero innalzato a eresia negli anni Settanta.
Pelé e Diego Maradona sono stati il massimo. Di Stefano è stato tutto. «Falso nueve», quando l’etichetta non era né una bava di etica né un segno su una valigia. Cannoniere. Mediano. Difensore. Di Stefano ha fatto la storia del Real Madrid e della Coppa dei Campioni, di cui divorò le prime cinque edizioni. Di Stefano, Puskas, Gento: musica, maestro. Francisco Gento teneva e arava la sinistra. Ferenc Puskas coltivava le zolle che poi si sarebbero aperte ai dribbling di Maradona e Messi. Don Alfredo copriva e scopriva gli spazi, direttore d’orchestra e umile orchestrale a seconda delle esigenze.
«Giocare alla Di Stefano»: ancora oggi si dice e si scrive così. Ognuno è figlio del suo tempo, e anche Di Stefano lo è stato. C’è però chi li impone, i tempi, e chi li subisce: la differenza è tutta qui. Di Stefano li ha anticipati, addirittura. E ci è riuscito nonostante una singolare e clamorosa latitanza: i Mondiali. Mai una fase finale, mai. Non gli è bastato giocare in due Nazionali (Argentina, Spagna) e sfiorarne una terza (Colombia). Il destino l’ha sempre aspettato al varco: o non c’era la squadra, o lui era infortunato, come in Cile nel 1962.
La fame sofferta da ragazzo l’aveva spinto a farsi cannibale in campo. Anche per questo, è diventato Di Stefano. Ne «Il più mancino dei tiri», Edmondo Berselli cita una frase di Adolfo Pedernera, suo maestro al River: «Ragazzo, di questo gioco campiamo tutti: vedi di darti una regolata». Per fortuna, non gli diede retta.
Lex, se volevi arrivare a dire che Marotta è un coglionazzo, potevi dirlo prima, e ci risparmiavamo tutta la storia
Fabrizio chiamalo vassallaggio o come ti pare, ma qui stiamo parlando di un potenziale crack, quindi se arriva uno da me e mi dice: Ti do un crack a 20 milioni, gli dai 2 milioni l’anno, ma fra 2 anni te ne do 40 e me lo riprendo, io rispondo: Dove devo firmare?
P.S. Tanto per fare un gioco, dagli il nome di un grande attaccante attuale, a quel crack, e poi dimmi se rifiuti a prescindere che giochi da noi 2 anni.
E non avevamo nemmeno lo stadio di proprietà .
Per axl rose : Moggi quali cazzo di soldi aveva?……però costruiva le squadre da Champions. E non avevamo bisogno di andare ad elemosinare recompre o non recompre……
Lex, cazzo di paragoni fai? Zidane era nostro.
axl: siamo d’accordo sul fatto che le clausole si possono anche non esercitare, ridiscutere, e che alla fine la volontà del giocatore conta molto. Resta il fatto che il mio lato irrazionale non sopporta l’idea di vassallaggio implicita in una clausola di recompra, e il mio lato razionale, pur rimarcando quello che fai notare tu, ritiene un guadagno di 10-20 milioni su un potenziale crack troppo bassi. Dunque dovunque mi giro non sono contento, poi se arrviva forza Morata per tutto il tempo che starà con noi ovviamente.
Per axl rose : con Zidane gliele abbiamo dettate noi le condizioni. Mi pare…..
pare, secondo Tuttoballe, che sia arrivato l’Atletico Madrid a fregarci Iturbe
secondo Tuttoballe sarebbe arrivato l’Atletico Madrid a fregarci Iturbe
Si Lex, pagando, SE lo vuole, se lo riprende. Pero’ poi sai come funziona con i giocatori capricciosi……..