Dall’incompetente Abete all’inadeguato Tavecchio, continuiamo a tirarci pedate nel sedere. Ha vinto la democrazia del metodo, vero, ma avrei preferito un commissario capace di ristabilire, soprattutto, la democrazia della sostanza: nuove regole, meno lacrime di coccodrillo, meno veti, un freno all’invasione straniera, un rapporto più corretto tra Federazione e Leghe, una mutualità che non sconfinasse nel calderone dell’assistenzialismo.
Scritto che mai avrei votato per «Taold», mi chiedo se Demetrio Albertini, lo sfidante, sarebbe stato un presidente migliore. Ne dubito fortemente, visto il fumo del suo passato aziendale. Ha vinto l’asse Carraro-Galliani-Lotito, con l’Inter improvvisamente canterina. Hanno perso Juventus e Roma, Fiorentina e Toro. Tutte per Tavecchio le Leghe (A, B, Pro, Dilettanti); tutte per Albertini le briciole (allenatori, giocatori, arbitri).
Guerra di potere. Poteri forti. Il potere logora chi non ce l’ha: il gioco delle lobby c’è sempre stato. Ricordo, ai tempi delle crociate pro Nizzola e Carraro, la tessitura di Penelope Moggi. Se Lotito è il badante, Tavecchio ha tutta l’aria di essere il badato. Le banane hanno contribuito a renderlo una macchietta «semplicemente impresentabile», come scrisse «la Repubblica».
Sono volati stracci fra Agnelli e la coppia Lotito-Preziosi. Meglio così: i finti salamelecchi e le maggioranze bulgare hanno portato il nostro football alla bancarotta, morale e non solo. La nomina del nuovo ct (Zaccheroni in rialzo, Conte e Mancini in ribasso) è una falsa priorità . In un Paese normale si dovrebbe giudicare il presidente federale per i «suoi» risultati, non per quelli della Nazionale. Precedenza alla scuola e agli istruttori dei vivai, loro sì fondamentali.
Mentre Malagò continua a promettere «sorprese», Carlo Tavecchio, 71 anni, governerà fino al 2016. Cambiare o cambiali, questo è il problema.
fabrizio, quello che i debiti travolgano la squadra portandola al fallimento e alla conseguente scomparsa in serie minori è la mia paura più grande. parlo da tifoso in generale. nello specifico nostro è questo il motivo per il quale apprezzo il fatto di avere una proprietà “storica” (anche se gli elkann mi stanno sui cabbasisi, per dirla alla leo) e, soprattutto, di avere un bilancio in ordine (anche se il prezzo da pagare è il non poter fare acquisti di peso).
Beck buongiorno! Capitolo nazionale : a Conte non credo molto (allenare una volta ogni morte di papa?….), a Mancini nemmeno (decurtarsi lo stipendio per accontentarsi di un misero milione e mezzo di euro?); rimangono per ovvie ragioni Zac o Guidolin. Poi magari lo stravecchio ci smentisce e ci stupisce……Sono d’accordo sulle priorità di un presidente federale.
indendevo “non io”
dimas: certo probabilmente non falliranno, probabilmente troveranno altre soluzioni, probabilmente finirà a tarallucci e vino, ma ricordiamoci che i buchi delle banche spagnole, con relativi salvagente miliardari, li pagano i cittadii spagnoli e i cittadini europei (voi – noi io che sono in SVizzera…) e a lungo andare qualcosa potrebbe cambiare.
D’altronde chi avrebbe pensato che scandali come quelli di Madoff, di Lehmann Brothers e dei subprime potessero verificarsi?
Diciamo che alcuni continuano a giocare col fuoco, e non é detto che non ci si bruci mai.
Gentile Martinello, Milano triste per via della scomparsa di R W.
Interessante articolo di Repubblica… alcune società , per esempio spagnole, potrebbero riconoscersi… ricordate quando parlavo di modello non sostenibile?
Le squadre spagnole non falliranno o meglio non le faranno fallire non conviene a nessuno, chi glielo spiega ai tifosi madridisti o barcellonisti che la loro squadra non esiste più.
Quale governo o magistrato spagnolo firmerebbe l’atto di fallimento di una di queste società .
Il primo perderebbe milioni di voti, il secondo verrebbe impiccato in piazza.
P.S. vedi alla voce lazio, roma e inter con buchi di bilancio spaventosi, le prime due ancora in serie A l’altra premiata con scudetti a tavolino e poi scudetti senza concorrenti.
Di Tavecchio non dico nulla, non c’è niente da dire il copione era ben (sic) scritto la messa in scena perfetta.
Io da questo paese me ne vorrei andare ma non posso purtroppo.
Saluti
Ciao MIchela!
Interessante articolo di Repubblica… alcune società , per esempio spagnole, potrebbero riconoscersi… ricordate quando parlavo di modello non sostenibile?
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LA CRISI AL TEMPO DEL PALLONE: IL BANCO ESPIRITO SANTO TRAVOLGE IL BENFICA
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La squadra campione del Portogallo è costretta a vendere i suoi titolari per far fronte ai debiti, garantiti negli anni passati dall’istituto di credito, ora nazionalizzato in seguito a un buco nei conti che ha rischiato di portarlo al fallimento. Il gruppo deve trovare 200 milioni di euro per far fronte ai propri debiti. A rischio la competitività della squadra che teme ancora la maledizione di Guttmann
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MADRID – Una nuova maledizione – questa volta di carattere finanziario – incombe sul futuro del Benfica, ultracentenario club che fu del grande Eusebio, e che vanta anche attualmente (per la 33esima volta) il titolo di campione della Liga portoghese di calcio. La scomparsa del Banco Espirito Santo, spazzato via dallo scandalo che ha travolto la famiglia che lo ha creato e gestito per decenni e resuscitato con il nome di Novo Banco grazie a una potente iniezione di aiuti pubblici, rischia di annoverare tra le sue vittime più illustri anche la società sportiva più amata di Lisbona (“O Glorioso”, come è conosciuto, ha 200mila soci). Secondo quanto ha rivelato il settimanale Expresso – provocando un terremoto nel mondo del “futebol” – il Benfica perderebbe il credito di 70 milioni di euro concessogli dal Bes e che veniva rinnovato automaticamente ogni tre mesi. Una “conta caucionada”, equivalente a una specie di scoperto che garantiva alla società ampio margine di manovra e la metteva al riparo da problemi di liquidità . Ma ora che i conti dell’istituto sono controllati direttamente dal Banco de Portugal (che ha designato l’economista Vitor Bento prima come presidente del Bes, poi del Novo Banco) i rubinetti del credito si chiudono.
L’Espirito Santo è uno dei principali creditori del Benfica, insieme al Bcp, che però negli ultimi tempi si è andato distanziando progressivamente dal mondo del calcio. L’attuale management della squadra di Lisbona, guidato dal presidente
Luis Filipe Vieira, aveva così stretto un rapporto finanziario privilegiato con Amilcar Morais Pires, il braccio destro di Ricardo Salgado, per 22 anni a capo del Bes, ora caduto in disgrazia e defenestrato (nelle scorse settimane è stato anche arrestato dalla polizia portoghese con l’accusa di riciclaggio ed è tornato in libertà dietro pagamento di una cauzione di 3 milioni di euro). Ma ovviamente, la scomparsa dalla scena del “clan” Espirito Santo non cancella il pesante indebitamento del club che, prima della fine dell’anno, deve trovare le risorse per rimborsare o rifinanziare un debito di quasi 200 milioni di euro. Oltre alla “conta caucionada” del Bes, ci sono obbligazioni in scadenza per 85 milioni fra ottobre e dicembre e titoli del debito a breve per 24,6 milioni. Una situazione d’emergenza che richiede soluzioni estreme.
Cominciano a rendersene conto i tifosi del Benfica, che assistono in queste settimane allo smantellamento della loro squadra del cuore. Quasi metà dei giocatori che hanno vinto l’ultimo campionato nazionale sono stati venduti: Oblak all’Atlético Madrid, Lazar Markovic al Liverpool, André Gomes e Rodrigo al Valencia, Garay allo Zenit e Cardozo al Trabzonspor. Se a queste operazioni si aggiunge la cessione (per 30 milioni) di tre giovani promesse della squadra “b” a un fondo misterioso e la possibile partenza di altri due campioni richiesti da Monaco e Valencia, ecco che il conto finale si avvicina ai 200 milioni di entrate necessari per saldare il debito. Ma anche sufficienti, probabilmente, per ridurre la squadra allenata da Jorge Jesus a un ruolo da comprimaria, soprattutto nelle competizioni internazionali. In una situazione simile, si allontanerebbe di sicuro la prospettiva di poter tornare a disputare, nei prossimi anni, una finale europea. E quindi di ricadere nella classica “maledizione di Guttmann”. E’ dal 1962, anno di conquista della sua seconda Coppa dei Campioni, che il Benfica non solleva più un trofeo internazionale. Otto finali, otto sconfitte: proprio come previsto dal tecnico ungherese Bela Guttmann, che dopo quell’ultimo trionfo chiese invano un aumento di stipendio alla società . Se ne andò sbattendo la porta e dicendo: “Nei prossimi cent’anni non vincerete più una coppa”.
X il Beck – Perché Milano triste? Mi sembra che ieri i meneghini abbiano festeggiato su ambo le sponde del Naviglio.
ma infatti, al di la delle banane, resta che era proprio un candidato improponibile. sono ben conscio del fatto che il mondo del calcio è marcio come il resto del paese, ma da tifoso devo dire che, nello specifico, sono orgoglioso del fatto che la società per la quale tifo si sia opposta all’elezione di questo penoso individuo. milanisti e laziali la pensino come vogliono. l’inter, come al solito, si contraddistingue per squallore. prima in silenzio, poi subito pronta a saltare sul carro dei vincitori. squallidissimi come sempre.
X il Beck – Buon giorno anche a lei. Il fatto è che attualmente la storia è impotente mentre continua ad imperversare la legge del menga.