Di solito, una società va sul mercato per reclutare un giocatore che le risolva un problema. Con Mario Balotelli è il contrario: si va sul mercato per ingaggiare un problema nella speranza di risolverlo. Inter, Manchester City, Milan e Nazionale non ci sono riusciti. Ci prova il Liverpool.
Arrivò al Milan il 31 gennaio 2013. Lo lascia nell’agosto del 2014. E poi dicono che Galliani sia un grande dirigente: figuriamoci gli altri. Mario ha 24 anni e la sua vita è un romanzo che ha sedotto fior di riviste come «Time» e «Sports illustrated». In Mino Raiola ha trovato un moltiplicatore di quattrini più che una stampella etica. Tutti coloro che gli hanno dato la caccia, sono stati felici di lasciare l’incombenza ad altri.
Balotelli si piace così. La questione non è più tattica, ambientale o razziale; tutto fa brodo per gonfiare il personaggio a scapito del giocatore. Ha il fisico, il tiro, i fondamentali. Resta uno dei rari progetti di fuoriclasse che il nostro calcio può vantare. Mancini, Mourinho, ancora Mancini, Allegri, Seedorf e Prandelli hanno cercato invano di domarlo per liberarne il tritolo e il talento. Tocca a Brendan Rodgers. Anfield è stato il regno e la tana di Luis Suarez: Balotelli è tutt’altra roba, e anche per questo la scommessa coinvolge, eccita, stupisce.
Patti chiari: non siamo noi i suoi nemici. Noi nel senso di tifosi, giornalisti, dirigenti. E non lo sono nemmeno gli avversari. «In un viale senza uscita, diceva papa Wojtyla, l’unica uscita è nel viale stesso». Fuor di metafora: il nemico di Mario è Mario. Al diavolo gli alibi, i pretesti, le balotellate. Torna in quella Premier che aveva definito un paradiso, salvo gettarla via come una cicca. Il postino, nel suo caso, non smette mai di suonare. Gli apra: la pazienza ha un limite.
Ric quella della sostituzione c’entra come i cavoli a colazione.qui noi esprimiamo opinioni profane.se pensassi di saperne piu’di conte nel giudicare tecnicamente o tatticamente un giocatore sarei da camicia di forza.
Scritto da Alex drastico il 25 agosto 2014 alle ore 13:26
ahhhhh…….sono opinioni profane….. le mie come le tue quindi. Tutte cazzate (cit) insomma, quindi di cosa parliamo? Ogni allenatore ne sa più di noi, quanto a tattiche, moduli, sostituzioni e giocatori.. Mi sta bene. Ma anche ogni ds allora ne sa più di noi quanto a trattative e contratti ed ammortamenti. Marotta compreso. Quindi Marotta ne sa più di te…e quindi,,,,,come ti permetti di criticarlo?
Sai Alex, è vero che ogni allenatore ne sa più di noi, ma questo non ci impedisce di esprimere le nostre opinioni su quel che vediamo in campo. A volte qua si parla di musica, o di letteratura, o di cinema. Che forse qualcuno di noi è musicista, o scrittore, o regista, o attore? Semmai sempre bene parlarne, esprimere opinioni, con la consapevolezza del proprio ruolo ed avendo sempre l’umiltà di cercare di apprendere. Ritengo che scrivere che, a parere mio, Cuadrado, Cerci ed Immobile sono mezzi giocatori, o sopravvalutati, rientri nelle mie facoltà. E tanto per chiudere solo un giorno fa hai espresso valutazioni negative nei confronti di Osvaldo, tanto per fare un esempio. Profana eh….ci mancherebbe….
Era il 25 febbraio del 1962.
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A Milano va in scena quella che sarebbe diventata “la” partita della Serie A: Inter e Juventus si affrontano a viso aperto. Sono i nerazzurri ad andare in vantaggio al 13’ con un gol proprio di Bicicli e a raddoppiare al 74’ con Hitchens. Ma la Juventus non è mai stata una squadra in grado di arrendersi e, in meno di 9 minuti pareggia: prima è Sivori al 79’ ad accorciare le distanza, poi Stacchini a 3 minuti dalla fine ad agguantare il pareggio.
Ma qualcosa era già successa prima della partita.
E’ Franco Zaglio a raccontarlo, tanti anni dopo.
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“Beccarono i tre cremonesi: Guarneri, Bicicli e il sottoscritto. Nell’imminenza della partita che pareggiammo 2-2 contro la Juve (25 febbraio 1962) i nostri dirigenti vennero a sapere che a fine gara ci sarebbe stato il controllo antidoping. Il segretario corse negli spogliatoi e raccomandò di non prendere niente. Un’insinuazione strana: come se noi giocatori prendessimo iniziative personali ! Voglio precisare che fino a quando sono rimasto io, cioè fino al 1964, nessuno di noi ha mai preso niente per propria scelta: certe cose, caso mai, ce le mettevano altri nel caffè.“
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Le parole sono importanti, pesanti, gravi.
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Per tanto tempo ho sentito parlare della “pillola nel caffè” di Herrera solo da Ferruccio Mazzola. Parlando con i miei amici interisti di questa cosa mi è sempre stato fatto notare come le dichiarazioni di un solo giocatore non possono essere sufficienti a concludere che quella storia è vera. Ma adesso c’è un secondo giocatore che sostiene che qualcuno gli scioglieva delle pillole nel caffè. A questo punto, quindi mi viene da pensare che, qualche verità nelle parole di Ferruccio Mazzola ci può essere: già mi sembrava strano che un ex giocatore si fosse inventato tutta quella storia solo per gettare discredito verso chi non l’ha amato fino in fondo, figuriamoci due.
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