Gaetano. Gaetano Scirea. Oggi avrebbe 61 anni. Ne sono passati venticinque da quando non tornò dalla Polonia. Ci manca tanto, perché siamo cambiati troppo: noi, il mondo, il suo mondo. In questi casi, si rischia sempre di cadere nel patetico. Nel suo, sarebbe imperdonabile non correrlo, il rischio.
Raccontare ai giovani chi era e cosa ha rappresentato, è facile. Basta prendere i calciatori della generazione borotalco – non tutti, ma quasi – e liberarli dal grottesco ciarpame che li ha ridotti a guardie del corpo di se stessi.
Atalanta, Juventus, Nazionale: mai espulso, mai squalificato. E giocava battitore libero, mica all’attacco. Accennerei poi ai suoi silenzi e alla sua lealtà . La tv non aveva ancora invaso il calcio, d’accordo, ma già allora esistevano gli svitati e i teatranti. Solo che c’era spazio anche per gli Scirea.
Un modo, non una moda. Questo era Gaetano. La differenza non è nella vocale: è la vocazione. Testa alta, un naso che sarebbe piaciuto a Conte (Paolo), anche se non proprio triste come una salita, il gesto preferito al comizio. Era fatto così. Timido, riflessivo, non portato al pulpito. Un mito che, spente le luci, tornava un mite.
Non me lo vedo che twitta o selfieggia. Spesso, abbiamo considerato grigia la sua serietà , e banale la sua normalità . Passava per il simbolo del calcio difensivo. Affinché i ragazzi non ne restino traviati, riassumo l’azione che portò all’urlo di Tardelli nella finale del Bernabeu: Scirea recupera palla e avanza dai bordi della sua area. Passa a Conti, borseggiato da Rossi. Palla a Scirea, ancora in area, sì, ma quella tedesca. Di tacco a Bergomi, da Bergomi a Scirea, di tocco a Tardelli. Serve altro?
«You may say I’m a dreamer/But I’m not the only one»: e invece ho paura di sì, Gaetano. Eri solo. Eri libero.
Ciao gaetano mi manchi, avevo 13 anni, ricordo le lacrime del mio povero papà . Non voglio fare il patetico ma sono sincero
gaetano era nel mio cuore, era si, adesso posso dirlo anche più dei mitici platini, rossi, bettega…era di più, perchè anche adesso che son passati tanti anni, che sono adulto e padre, ricordo vive quelle lacrime che versai quel lunedì mattina successivo alla sua morte, con la notizia in prima pagina del mio giornale sportivo che acquistavo puntuale…lacrime sincere, silenziose e rispettose come solo lui sapere essere!
Ero un adolescente….sapevo di aver perso qualcosa d’importante, ma l’esempio mi era già impresso nell’animo.
…”per i giocatori c’è l’orgoglio di indossare questa maglia che fa venire i brividi più di ogni altra cosa”….
Ma come quella della salute non c’è nulla, caro Iago.
Zaza a tratti e esplosivo come chiesa..merita di giocare sempre titolare
Speciale di vespa sulla nazionale con alfano speaker
Orlando del pd si congratula con conte..far giocare insieme ranocchia e bonucci rende giustizia al calcio
Obama telefona a tavecchio e chiede come si fa a fare una manfrine con pochi soldi