E’ stata una partita molta brutta e molta italiana, l’ha vinta la squadra che almeno ha tirato: uno per tempo, il primo parato, il secondo (di Arda Turan) no. La Juventus lascia il Calderon con il possesso palla (61% a 39%), per la libidine dei fusignanisti, sei ammoniti e il portiere avversario senza voto.
Per carità, lo zero a zero sembrava scolpito, ma gli episodi, si sa, non rispettano la dittatura dei numeri. In Italia, a parità di trama, Allegri ne sarebbe venuto a capo. In Europa è diverso. Simeone l’ha aspettato, soffocato, incartato. Mi hanno deluso i pezzi grossi, da Tevez e Llorente a Marchisio, Vidal e Pogba. Troppo imprecisi, nelle rifiniture.
Finalista dell’ultima Champions, l’Atletico ha perso Courtois, Filipe Luis e (soprattutto) Diego Costa, ma è sempre lì, una manica di operai indiavolati che, per la maglia, danno tutto. I paragoni tra Conte e Allegri si rincorrono maliziosi. I conti per ora tornano. Anche a livello europeo. Siamo sempre lì: la qualità, ammesso che sia poi così evidente, non riesce a uscire; e con la qualità, la personalità.
Non è una sconfitta che pregiudica il futuro, visto che, paradossalmente, la prima del gruppo è proprio la Juventus. E’ una sconfitta, se mai, che non allontana il passato. I ritmi avvolgenti ma lenti, suggeriti dal mister, possono spaventare un Milan, non certo un Atletico, che su difesa e contropiede ha costruito il suo regno, legnando addirittura il Real.
Se la Roma è squadra verticale, la Juventus sta diventando sempre più orizzontale. Manca, fu Conte a lanciare l’allarme, un Cuadrado, un Gervinho: gente capace, cioè, di sostituire le azioni alla mano tipo rugby, specialità della casa. I cambi di Allegri appartengono alle lotterie delle bocciofile. Pensierino della notte: a volte, non basta tenere la palla per essere coraggiosi.
x Impera, ciao, Cuadrado ..lo prenderi al volo al prezzo giusto….Gervinho no…ho Coman e mi basta quello….Però Coman deve giocare….se non lo fai giocare non hai ne Gervinho (ipotesi) ne Coman…hai Lick li davanti con i limiti di Lick…Stando così non si apporta nessuna novità al modulo di gioco…ed allora basta sprecare parole sulla “europeicità” di Allegri..L’europeicità ha portato solamente un Evra al posto di Asa….e non mi pare che i benefici siano stati così evidenti! Tevez e Llorente ingabbiati per un modulo di gioco adottato in maniera fin troppo prevedibile…facile per Simeone bloccarli con gli uomini che ha a disposizione…Allegri gli ha offerto il fianco!!Leo
Scritto da Roberto Beccantini il 2 ottobre 2014 alle ore 09:52
Concordo al 100%. Per questo ieri sera mi sono incavolato con Pogba, in primis.Detto più volte dell’impostazione tattica della squadra che è stata quella voluta da…Simeone (sic!) Quando si ha il possesso palla e non si incide mai, non si tira mai, non si mette in difficoltà petutamente gli avversari, soprattutto a livello europeo…si aspetta il contropiede “buono”… per loro !!! Questo presentimento avvertivo nel secondo tempo… Alla squadra manca un po di velocità e brio in fase offensiva. Un po di imprevedibilità. Non deve ricadere tutto sulle spalle di Tevez. Non si può utilizzaere una punta, Llorente, solo come pivot buono per tenere palla e fare sponde…Poi con due mezze ali in questo stato di forma , fisica Vidal, psicologica Pogba, vengono a mancare due risorse fondamentali in fase realizzativa. In Italia questo si può sopperire,…anche se non sempre !!! In Europa…quasi mai !!! Adesso li voglio vedere domenica pomeriggio contrio i …lanciatissimi…gasatissimi…osannati lupacchiotti del “sergente”.
Buongiorno a tutti…Leo incazzato…non poteva essere diversamente…Non mi piace vedere la stessa partita due volte…Ieri contro l’Atletico e l’anno scorso (calcistico) contro il Gala..Due allenatori diversi….così diversi che hanno fatto gli stessi calcoli e sistematicamente perso due partite…Non è successo niente di compromettente…però a me sta storia del possesso palla convince poco poi se poi non concretizzi..e porti a casa il risultato…Fisicità contro tecnica…Non è scesa in campo la testa…sei ammonizioni (‘) gratuite…essere provocati e reagire comporta questo..a che servono poi gli abbracci a fine partita? Zero assoluto..Simeone ride, Allegri non tanto allegro ..lo si è visto ieri sera contro sacchi (ma questo ne capisce di calcio giocato?)…Diatribe tra “luminari”, ma è bene non nascondersi contro quelli che di calcio ne sanno………Ritorniamo ad Allegri…nel secondo tempo un Coman o al limite un Giovinco (tanto vetuperato) potevano dare una mano meglio di lick…ed un Pereyra, dopo 15 minuti del secondo tempo si poteva rendere più utile di un Vidal in cerca di riacquistare i tempi della partita…Forse Asa poteva dare anche lui il cambio ad Evra…Tanti forse…. è il tempo delle mele “verdi”, amio parere, come le maglie di ieri sera…Avanti un altro (ieri sera sarà rimasto soddisfatto quell’imbecille), adesso ci tocca di andare ad Atene…basta non fare calcoli…bisogna solo giocare la partita per come da nostre capacità e poi si può anche perdere (se capita, mi sto toccando!!!!)…ma almeno vorrei avere il piacere di vedere tirare in porta i nostri..Non serve avere il possesso palla per più di 60 minuti…se poi si perde!!! Leo
DEDICATO A CHI HA AVUTO LA SFORTUNA DI NON VEDERLO GIOCARE.
«Omar Sivori è un vizio». Soleva ripetere l’avvocato Giovanni Agnelli con un accostamento tanto colorito quanto efficace.
Omar arriva da Buenos Aires nell’estate del 1957, grazie al programma del dottor Umberto Agnelli, che esige il rilancio della Juventus dopo cinque stagioni di vacche magre. Omar è uno degli “Angeli dalla faccia sporca” del calcio argentino. Non è alto, ha un baricentro piuttosto basso, dettaglio importante per un calciatore, una zazzera corvina e lo sguardo pungente di chi ti vuole prenderti in giro.
Il resto della storia non ha misteri. Su di lui sono stati versati torrenti di inchiostro. Il suo è un calcio diabolico, cinico, quasi maligno, che nasce dal piede di un prestigiatore fatto per pungere i difensori e divertire il pubblico. La scuola argentina gli ha insegnato che innanzitutto conta il divertimento, lo spettacolo, il numero ad effetto del giocoliere. Omar, però, è anche essenziale. È perfetto nel profilo, la posizione del corpo rispetto alla palla.
Quando corre in linea retta verticale, per superare meglio chi gli si affianca si esibisce in ripetuti tocchi prima di cambiare direzione in diagonale, d’improvviso, con carezza d’esterno, proprio in mezzo alle gambe dell’avversario che sta effettuando la normale falcata. È il momento del “coup de théatre”, il famoso tunnel. Questione di tempo e di coordinazione. Il pubblico delira. Omar è imprevedibile e fantasioso quanto istintivo. La sua grandezza si definisce soprattutto nella capacità di mantenersi freddo in area di rigore, là dove i calciatori di solito perdono la testa con entrate tempestose.
Per lui tutto è un gioco per ragazzi. Gli avversari non fanno complimenti, ma Omar è astuto come una volpe e difende la palla sollevando e inclinando il piede a protezione della stessa, in modo che l’avversario calci contro la pianta della sua scarpa. Quando supera il portiere lo fa con irriverenza, mai di forza e piuttosto con perfida delicatezza. Sfrutta con estrema abilità gli assist di John Charles, un gallese stupendo per generosità e forza penetrativa: «C’era il desiderio di fare qualcosa di speciale, di giocare con gli avversari. Per cui, giocavo con i calzettoni abbassati per far vedere che non avevo paura; c’erano i tunnel, i dribbling, tutto quello che si poteva fare per innervosire i rivali. Io, poi, sentivo moltissimo il pubblico, non riuscivo a far finta di niente. Ed i miei compagni si divertivano tantissimo con queste mie esibizioni».
È un emotivo: quante volte lo si vede sbiancare prima di una gara importante. È terrorizzato dai viaggi in aereo. In campo non esibisce un bel carattere: è infatti squalificato per 33 giornate complessive. È il suo tallone di Achille. Il tallone di un campione immenso: «Io e Boniperti avevamo una concezione totalmente diversa del calcio e non riuscivamo ad andare d’accordo. Tutto lì, avevamo dei caratteri forti ed inconciliabili. In campo, però, questo dissidio non aveva alcuna conseguenza; si giocava senza pensare alla differenze od alle polemiche».
Tanti sono gli aneddoti da ricordare. In un Juventus-Sampdoria portò la sua irrisione verso gli avversari ad un punto estremo: scartato anche il portiere, si fermò sulla linea con il pallone sotto la suola, aspettando il recupero del difensore avversario, e quando il poveretto (Vincenzi) si avventò a corpo morto, spostò il pallone indietro mandandolo a vuoto, per poi appoggiarlo in rete: «Stavamo vincendo 3-0 con il Padova e la partita stava già finendo, quando l’arbitro ci concesse un rigore che i padovani contestarono vivacemente, nonostante non avesse influenza sul risultato finale. Vedendo la disperazione di Pin, il portiere, mi avvicinai e gli dissi: “Non preoccuparti, tanto lo tiro sulla sinistra”. Andai sul dischetto ed, ovviamente, tirai sulla destra, segnando. Pin si arrabbiò come un matto, inseguendomi ed insultandomi. Non me la perdonò mai. Lo incontrai nuovamente, un paio di anni dopo su una spiaggia, e lui ancora si arrabbiò. Inutilmente tentai di spiegargli che io avevo inteso la mia sinistra e non la sua. Non ci cascò e continuò ad odiarmi».
All’atto della presentazione, Sivori fece qualche palleggio davanti agli occhi dell’Avvocato, il quale, da grande intenditore, gli fece notare che era bravo, ma che non sapeva usare il piede destro. Omar prese il pallone e fece 3 o 4 giri di campo palleggiando con il sinistro, senza mai far cadere il pallone. Poi si fermò davanti all’Avvocato e con la sua naturale sfrontatezza disse: «Secondo lei, cosa ci dovrei fare con il destro?»
Una mattina Sivori si presentò all’allenamento con gli occhi gonfi di sonno; i compagni stavano già facendo i soliti giri di campo da una ventina di minuti. La giornata era bella ed Omar si sdraiò sull’erba. Arrivò Gren, il Professore, che era allenatore della Juventus, affiancato da Carletto Parola. Gren si sdraiò di fianco a lui e gli passò il pallone sul piede; Omar, sentendo la palla, aprì gli occhi e si mise a palleggiare, passandosela dal destro al sinistro, dal sinistro al destro, sempre rimanendo coricato. Quindi passò il pallone al Professore, anche lui sdraiato sull’erba, e diedero vita ad un numero da circo, da autentiche foche del calcio. Ad un tratto si alzò e piazzò la palla sulla lunetta dell’area di rigore; scommise con Gren e Parola, sulle traverse e sugli incroci che avrebbe colpito. Ne fallì 1 su 10. Ogni tiro era annunciato: incrocio dei pali sulla sinistra, palo interno sulla destra, traversa centrale. E così fece.
Erano anni molto difficili per gli attaccanti, soprattutto quelli dotati di grande talento, come il Cabezon. I difensori erano soliti tracciare, con i tacchetti, una riga fuori dall’area di rigore minacciando il malcapitato attaccante di entrare duramente se l’avesse superata. Sivori non solo la oltrepassava allegramente, ma aveva la fissazione di umiliare l’avversario facendogli tunnel e, magari, di ritornare a sfidarlo per farglielo una seconda volta. Così, un giorno a Torino, lo stopper del Catania, tale Grani, lo minacciò, dicendogli che, al ritorno, gli avrebbe spaccato una gamba. Omar, con molta calma, accettò la sfida, avvertendo il difensore di affrettarsi a farlo, altrimenti se ne sarebbe pentito. Detto e fatto; dopo pochi minuti del match del “Cibali”, del 26 febbraio 1961, il Cabezon entrò con il piede a martello del povero Grani, distruggendogli il ginocchio.
Sivori realizza 167 reti nelle 253 partite disputate in maglia bianconera. Vince tre scudetti e due Coppe Italia e si aggiudica nel 1961 il Pallone d’oro. Si trasferisce al Napoli nel 1965 per incompatibilità di carattere con Heriberto Herrera, il Sergente paraguaiano. «Sivori come Coramini», aveva detto il Ginnasiarca.
«Purtroppo, si arrivò al distacco definitivo. Non riuscivamo ad intenderci ed a concepire il calcio nella stessa maniera. Me ne andai io, nonostante la stima della società, perché non mi sembrava giusto porre il dilemma “o Sivori o Herrera”. L’allenatore doveva restare ed io andare, non potevamo restare insieme. Inizialmente, pensai di tornare in Argentina, ma alla fine mi convince Flavio Emoli, ex capitano juventino approdato al Napoli, a tentare un’altra avventura italiana».
Per Omar, da quel giorno, cominciano a sognare i tifosi partenopei.
no Bit…non sono critiche ingenerose, sono critiche e basta, ieri Simeone verso il 60esimo ci ha provato a vincerla, il ns doveva fare altrettanto, mentre invece, si e’ limitato a cambiare solo quando la frittata era fatta, ecco perche’ l’impressione che ha dato un po’ a tutti era di volere il pareggio.
per me non è mancata la personalità, si è visto da subito, appena cominciata la partita, che li abbiamo affrontati senza alcun timore, subendo praticamente nulla. sulla qualità sono invece d’accordo. si sono visti tantissimi errori, che hanno spezzato qualsiasi velleità offensiva. non ho invece visto questa volontà di vincerla, la partita, ma piuttosto una squadra che ha cercato di controllare ed è stata punita. concordo anche sul ritardo dei cambi, quando loro hanno fatto entrare griezmann, allegri doveva rispondere cambiando qualcosa. ma sto leggendo critiche un po’ ingenerose nei confronti del mister che, fino ad ora, sta facendo bene.
Ieri un giocatore che è mancato maledettamente è stato Pirlo, anche perchè la punizione da 25 metri battuta da Pogba non si poteva proprio vedere. Marchisio fa bene il suo lavoro ma gli manca la precisione negli assit e la capacità di vedere in anticipo uno smarcamento.
Buongiorno Primario e pazienti….siamo alle solite….non si riesce ad andare a cena fuori il martedì o il mercoledì senza tornare a casa soddisfatti….assolutamente d’accordo sulla mancanza di qualità,e anche di personalità….a centrocampo soprattutto.Che cambiasse sto modulo almeno in europa…non se ne può più…
Il problema di Allegri, o di Conte, e piu’ in generale di tanti,troppi tecnici e’ l’immobilita’ piu’ assoluta, mai una sterzata, mai una prova di coraggio…Lippi ad esempio in questo era maestro, ieri ci voleva poco a capire che in tanti non ne avevano piu’, lich vidal llorente, coman o giovinco,pereyra,morata, difesa a quattro e poi si vedeva…magari cambiava qualcosa,magari no…alla luce dei fatti pero’…non avresti perso nulla di piu’ di quello che hai cmq perso.
Gentile Barbabianconera, buon giorno a lei. Si tenga pure il possesso palla, io preferisco il possesso piedi, cioè la qualità degli alluci. E non da ieri. Come ho scritto, sono stati i pezzi grossi a far mancare la differenza: Tevez, Pogba, Marchisio, Vidal. Ribadisco: in Italia, un catenaccio così sarebbe stato prima o poi smontato. Penso all’Udinese (primo tempo), al Cesena. In Europa è diverso. L’Atletico è la ventunesima squadra del campionato italiano.
Ci è mancata qualità, non quantità. La quantità, purtroppo, sta diventando la misura di troppo, specialmente nello sport. Sta diventando un grande alibi. Come se io, per il solo fatto di stare in ufficio 24 ore su 24, dovessi godere di un passaporto per l’eternità. Non va sottovalutata, che diamine, senza però trascurare la scintilla della qualità. Venti righe di Montanelli surclassano duemila righe di Beccantini, mai dimenticarlo.