Due spari nel buio

Roberto Beccantini1 novembre 2014Pubblicato in Per sport

Sarebbe da scudetto anche il Napoli che ha asfaltato la Roma, ma non sempre Benitez ottiene una difesa così solida e un contropiede così micidiale. Il primo tempo di Napoli-Roma mi ha ricordato quello di Roma-Bayern: Higuain, Insigne, Callejon e Hamsik avrebbero potuto segnarne almeno quattro, non uno.

Un anno fa, Garcia le aveva vinte tutte dieci. Al di là del record, clamoroso e irripetibile, credo che c’entri anche il logorio della Champions. E la Juventus? Continua a regalare fette robuste di torta, ma a Empoli ha ritrovato due strumenti cruciali: la punizione di Pirlo, complici gli alti e Bassi del portiere, e la rapidità di Morata. Rapidità di gamba, di testa, di tiro. Non una grande Juve, per carità. Veniva dal k.o. di Marassi, e Allegri aveva praticato un congruo turnover. Tanto per rendere l’idea di quanto il calcio sia metà riffa e metà scienza: mercoledì, Buffon non aveva effettuato parate di rilievo; questa volta ha salvato su Pucciarelli e Tavano.

La Roma è attesa dal Bayern, a Monaco; la Juventus attende l’Olympiacos, a Torino. Snodi cruciali. Gli infortuni di Ogbonna e Asamoah agitano la vigilia. La Juventus non incanta (ma nemmeno la Roma, appena i rivali costringono Gervinho a muoversi in orizzontale e non in verticale). La manovra scorre macchinosa, facilmente leggibile. Continua a colpire legni (già dieci, fra pali e traverse), continua a soffrire il pressing alto.

Giovinco ha procurato la munizione del primo gol; Tevez, entrato al suo posto, ha liberato il sinistro di Morata. A Empoli, la Roma aveva vinto su autogol e il Milan pareggiato in rimonta. Questo passa il convento, non altro.

La Juventus ha gli stessi punti di un anno fa, la Roma otto in meno. Nessun dubbio che rimangano le più forti. L’impressione è che siano meno brillanti, più «giocabili».

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