I cinquant’anni di Marco Van Basten. I settant’anni di Gigi Riva. I quarant’anni di Alessandro Del Piero. Un numero nove, un numero undici (di centro-sinistra), un numero dieci. Il cigno di Utrecht, Rombo di Tuono, Pinturicchio. Un signor trio.
Dicono che il tempo sia galantuomo, ma queste raffiche così ravvicinate segnano il cuore, non solo il calendario. Di Riva colsi gli ultimi fuochi, quando sinistro (e, probabilmente, sinistra) aveva ancora un senso. Poi venne «mancino» e nulla fu come prima. Di Van Basten sono stato testimone più assiduo, e non meno sbalordito, dall’epopea milanista alla madre di tutte le parabole (il gol a Dassaev nella euro-finale del 1988, tra Olanda e Urss).
Un gradino sotto, Del Piero. Ma sempre lassù, tra i migliori. Van Basten chiuse, trentenne, dopo che gli avevano «ucciso» le caviglie. Riva immolò entrambe le gambe alla Nazione-Nazionale. La carriera di Alessandro è girata attorno al ginocchio fracassato a Udine, nel 1998, quando aveva 24 anni: fuoriclasse fino all’impatto e poi dentroclasse dai colpi superbi.
Lo scovò Boniperti, a Padova. Diciannove anni di Juventus. Gli artisti si giudicano per i quadri che dipingono, non per le cornici che scelgono. Ha vinto tutto, Del Piero. E quel gol alla Fiorentina, quel gol del 4 dicembre 1994, al volo d’esterno destro, su cross di un altro Alessandro, Orlando, non lo dimenticherò mai.
Omar Sivori era l’amante di tutti, persino di molti avversari, per come fornicava con il dribbling, con il tunnel. Michel Platini ha sposato l’eleganza all’efficacia. Roberto Baggio era un solista del gol. Del Piero non ha mai voluto fare un passo indietro: sul piano tattico e oltre. Anche per questo il divorzio da Andrea Agnelli fu brusco.
Dall’Australia all’India: ogni tanto accendo la tv e scorgo un Buffalo Bill romantico e cocciuto che porta a cavallo una storia enorme e spara contro i barattoli della cronaca. E’ lui.
Ok, ognuno ha un opinione, più che leggittimo.
Mi riferivo al contorto riferimento a calciopoli.
Gentile Michela (auguri!) e gentili Pazienti, non uno che pensi al Parma. Complimenti!
Avevamo detto di non farla tanto lunga quindi fermo la ruota. Opinioni diverse. Vale la tua, vale la mia. Se arriviamo ad un punto di incontro bene, altrimenti bene lo stesso. Tutto qua.
Se Del Piero e’ una bandiera, Tacchinardi o Pessottino che cazzo sono?
@ Domenico
Mi sembra che vai piuttosto a ruota libera.
Raúl aveva fatto il suo tempo al Real, ne prese coscienza e andò a fare il canto del cigno allo Schalke, alla grandissima.
Del Piero (tre anni in più) non ha capito qual’era il momento…
Poi ha detto bene Robertson in una riga e mezza, e’ talmente preso dall’”IO” e probabilmente lo è sempre stato, che è anche inutile che la facciamo lunga.
Alla fine, come già detto, la discriminante di tutti i discorsi qua dentro è calciopoli (o farsopoli per venirvi incontro nella lettura). Anche Del Piero, simbolo indiscusso della Juve dentro e fuori dal campo per vent’anni, c’è caduto dentro. Gol, prestazioni, infortuni, coppe vinte, coppe perse e quant’altro vengono persi come lacrime nella pioggia. È tempo di insultare (perché mettere in discussione la juventinità di qualcun altro dall’alto di non di sa bene cosa per me equivale ad un insulto). Che tristezza.
Sì Luca, Raul è andato a giocare però… Però l’ha fatto in maniera egoistica, per inseguire traguardi personali come le presenze e i gol in coppa. Al Real era chiuso (e vorrei vedere) da una serie di galacticos e non accettò la panchina (come invece fece del Piero) e se ne andò. Se mi parli di stile non mi pare una scelta da “bandiera”.
Credo poi che il punto sul post Juve di del piero viva su un equivoco: lui sarebbe rimasto, si sentiva ancora un calciatore (giusto o sbagliato che sia). È stata la società a non rinnovargli il contratto, non il giocatore a rifiutarlo (cosa che invece fece consensualmente alla squadra Raul). Qual’è stata la sua colpa? Non aver smesso perché messo alla porta da AA? Qualche richiesta dall’Europa gli sarà sicuramente arrivata ma scelse l’Australia per continuare a divertirsi (ricordo che il calcio è un gioco) e vivere nuove esperienze di vita (anche con la famiglia). Altrimenti, se avesse puntato solamente ai soldi, avrebbe accettato la richiesta di qualche sceicco annoiato. Preferisco la scelta di del Piero a quella utilitaristica di Raul.
Gentile Michela (auguri!) e gentili Pazienti buon giorno a tutti da una Milano eccitata.
Ciao Lex.