E’ stato un derby povero di qualità , confuso, fin troppo alla camomilla, come documentano gli ammoniti, quattro appena. Il dodicesimo Milan di Inzaghi e la prima Inter di Mancini si sono nascosti tra i propri limiti. Di veramente bello, solo il gol di Ménez: per l’azione (Muntari-El Shaarawy-Ménez) e per il suggello (piatto destro, alla Beccalossi).
Obi non aveva mai segnato in serie A. Ci si aggrappa ai numeri per decorare un’ordalia sciatta. Ho visto il solito Milan, né d’attacco né di difesa, una via pericolosamente di mezzo: di difesa, quando sarebbe stato più opportuno non esserlo (sull’1-0, per esempio), e viceversa. L’Inter ha l’attenuante, almeno, del passaggio dal 5-3-2 di Mazzarri al 4-5-1 o giù di lì del Mancio. Con Nagatomo e Dodò terzini, Kuzmanovic in regia, Palacio e Kovacic all’ala e Guarin un pelo sempre in ritardo (nel tiro, nel passaggio), il gioco spremuto era rivolo, neppure torrente. Diamogli tempo.
Resta un mistero, nel Milan, l’impiego di Forrest Gump. E’ un ex campione che ha scelto un ex campionato per chiudere in lentezza. Inzaghi lo lascerebbe volentieri fuori, ma l’ha voluto Berlusconi, non un burocrate qualsiasi; e allora, tutti sull’attenti.
Ecco qua il classico derby di cui ricorderemo a malapena il risultato. Europeo è stato il ritmo, non il gioco. E la cornice di San Siro, non il resto. Non che si pretendesse la luna, i derby sono derby, foreste di nervi, selve di agguati, al diavolo il dolce stil novo. C’è un limite a tutto, però. La Juventus, con la Roma, è la punta di un iceberg complessivamente modesto. Il derby di Milano era uno dei riferimenti più preziosi. Il trasloco da Moratti a Thohir, ammesso che sia concluso, e la retrocessione di Berlusconi mecenate a Berlusconi e basta hanno scavato il distacco. In assenza di quattrini, servirebbero idee. Non ne vedo.
Alèmichel: sai che ci avevo pensato anche io. Mi son detto che il primario ha fatto un casting in cui il criterio era ispirarsi a gente che non fa più parte dell’universo Juve: tutti conosciamo un Luciano, un Antonio e un Mirko che se ne sono andati…
gentile fulvia, noto con piacere i vostri nomi d’arte ma non capisco la scelta del suo e di quello della sua collega mirka.
potrebbe darmi qualche indizio, sa sono un po’ a corto di idee.
Gent.ma signora Fulvia,
Innanzitutto ringrazio per aver cortesemente risposto alle mie osservazioni.
In particolare, riferendomi alla sua risposta delle ore 12:27, vorrei far notare che la sostanza cambia… e di molto. Specialmente se non si conosce il gatto…
E mi creda, c’è gente che non ha mai visto un gatto.
Buona giornata a lei e colleghe della clinica.
P.S. Se serve, per stasera, ho un amico che suona la fisarmonica e potrebbe farvi passare una serata “diversa” o “diversamente movimentata”
Vogliamo 5 Benetti e 5 Furino… Dajeeeeee!
3 sei un grandissimo pezzo di merda
Mi sembra che siamo d’accordo, vogliamo 11 guerrieri e non 11 fighette… Speriamo in bene!
dalla questa partita mi aspetto una juve finalmente all’altezza, una gara della serie “bono la’ e nun te move”….0-2 alla fine del primo tempo tanto per mettere in chiaro come stanno le cose.
Cara Fulvia, era solo una battuta: mi fido. Confesso che all’inizio credevo fosse così, più che altro per una questione di stile: voi infermiere avete un modo di rispondere, e di strutturare il testo, simile a quello del primario, così il lettore ingenuo potrebbe essere indotto all’errore…
Che il campo non debba rappresentare un alibi, è indubbio, però incide come fattore, così come il restringimento del campo, a proposito di sportività degli svedesi, e di luoghi comuni. Gli svedesi sono sportivi tanto quanto gli italiani ed i turchi, il nostro difetto è che ci proponiamo come quelli più furbi, senza esserlo, e quindi spesso facciamo pure la figura dei coglioni. Ma anche la condizione del campo si inserisce in quanto detto da Allegri:”Domani dovremmo essere svegli, capire subito su che campo si gioca e che tipo di partita è e vincerla». L’unico pericolo di queste partite è approcciarle confidando solo sulla superiorità tecnica, mentre loro la metteranno sulla corsa, tanta, e sull’aggressività .(favoriti dal campo). E magari dover aspettare un tempo prima di capire che tipo di partita giocare e magari a quel punto sei pure sotto, come capitato a Copenaghen ed ad Atene poche settimane fa.
Gentile professor Torchia, buon giorno. Non si preoccupi: tifiamo per squadre piccole, legate ai borghi in cui siamo nate. Non cercate l’indirizzo in serie A.
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Fulvia