Mi sono alzato in piedi. Gol così fanno la storia, non la cronaca. Ricorderemo sempre i 78 metri di Bruno Peres, l’Evra mangiato, il Vidal arreso, il Chiellini amletico, il palo sventrato, lo Storari stecchito. Tutti in piedi, pazienti miei: non c’è derby, non c’è rivalità , non c’è nulla che possa evitare o ritardare l’applauso.
Che poi abbia vinto la Juventus, con un tracciante di Pirlo al minuto 93 (anche i dettagli vanno curati) e in dieci contro undici (Lichtsteiner era finalmente «riuscito» a farsi espellere), questa è cronaca, non storia. Il Toro non segnava dal 24 febbraio 2002 e continua a non vincere, addirittura, dal 9 aprile 1995. Aveva limitato i danni, fino almeno allo sparo fatale, aveva sfiorato il raddoppio con Quagliarella, sembrava in assoluto controllo dell’ordalia, al netto del giro-palla juventino, non vi dico che barba, e del Gillet turista. Aveva blindato le fasce, Ventura, ricavandone un agio non certo marginale.
La Juventus ha pagato il gol facile su rigore, l’abuso di calcoli, il coraggio che, attraverso l’adrenalina del pareggio, aveva trasformato il catenaccio dei granata in una difesa meno pavida. L’epilogo ha ricordato l’asso calato da Bonucci al termine di Juventus-Roma. Allegri non poteva fare molto di più o di meglio, «tradito» com’è stato, per imprecisione o cottura, dal fior fiore dei califfi: Tevez, Marchisio, Pogba, Vidal, lo stesso Pirlo.
Sembrava un pareggio scritto, ed equo, con Ogbonna al posto di Tevez per evitare che le pagliuzze diventassero travi. La superiorità numerica avrebbe dovuto spingere il Toro a osare di più? Forse. La Juventus ci ha provato, sfinita ma infinita. Il gollissimo di Bruno Peres e il gollone di Pirlo hanno nobilitato un derby ben diretto da Orsato. Le vie del calcio sono proprio infinite.
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SE LEGATI ALL’INFAME “interNAZIONALE MILANO, SANTIFICANO ANCHE I PEGGIORI DELINQUENTI. “interISTI, TUTTI FARABUTTI BASTARDI-Pieni Di Merda! L’ “interISTA MENO FARABUTTO BASTARDO APPESO PER I PIEDI, CALATO TESTA IN GIU’ E’ LASCIATO ASISSIARE LENTAMENTE!
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LE MOTIVAZIONI DELL’ APPELLO
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CORSERA
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Sentenza sull’ Ambrosiano:
“Le pene alleggerite per rieducare i condannati”
Giuseppe Prisco da 8 a 5 anni e 4 mesi
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http://archiviostorico.corriere.it/1996/dicembre/28/Sentenza_sull_Ambrosiano_pene_alleggerite_co_0_96122813874.shtml
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CASSAZIONE
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L’UNITA’
Per effetto della pronuncia della Corte diventano così definitive tra le altre le condanne di:
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Licio Gelli (12anni),
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Umberto Ortolani (12 anni),
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Giuseppe Ciarrapico (4 anni e 6 mesi),
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Giuseppe Prisco (5 anni e 4 mesi),
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Mario Valeri Manera (5 anni e 7 mesi),
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Flavio Carboni (8 anni e 6 mesi),
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MaurizioMazzotta(8anni).
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Così i legalidi DeBenedetti:
MarcoDeLuca,
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Luigi Saraceni e
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Giuliano Pisapia
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hanno commentato insieme la sentenza:
«Finalmente-hannoconcluso – seppure dopo tanto tempo,
è stata fatta giustizia»
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http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/golpdf/uni_1998_04.pdf/23INT03A.pdf&query=Mi.Ma.
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Buonanotte 3.
Indi e per cui i comportamenti nefandi di costoro a cosa principalmente sarebbero dovuti?
Abbondanza di erre moscie?
Anche Montero e Del piero mi parvero molto emozionati in tribunale, nevvero Rose?
Coraggio.
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ANCORA: PER QUELLI CHE HANNO CONTESTATO IL PSEUDO COMMENTO AL DERBY, ECCO UNA VERA PERLA!
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9/2/2006
Ancora veleni sulla volata per lo scudetto
Il campionato urla: sante traverse. Appartengono entrambe a Del Piero. La prima, su punizione. La seconda, su un rigore che nasconde un’altra mina. Palanca è l’arbitro che, a Verona col Chievo, non aveva colto un’ancata di Lanna a Ibrahimovic. Averlo spedito al Delle Alpi, costituisce l’ennesimo sfondone di Mattei. Mano di Grella: ci sarebbero gli estremi. Fa il duro. Manata di Grella a Vieira: è un fuscello, non una trave. E indicare il dischetto, un gesto servile, da arbitrucolo. Anche perché, subito dopo, Fabio Cannavaro si aggrappa a Corradi quel tanto che basta per sbalzarlo da cavallo. Vidigal domenica, Corradi ieri: dosi massicce di arsenico. Da Dattilo a Palanca, i primi a non poterne più sono gli juventini veri. D’accordo, è «soltanto» il secondo penalty concesso alla Juve. Il guaio è che proprio non c’era. E così Juve-Parma finisce 1-1, mentre l’Inter sbanda a Firenze. Nove punti di margine: la partitissima di domenica avrà un senso, comunque. Merito di Beretta e Prandelli.
Dispiace dover parlare sempre, e sempre negli stessi termini, degli arbitri. Se Palanca perde la testa, Trefoloni si «accontenta» di graziare Adriano: la sua «bracciata» a Brocchi, uno degli eroi della serata, era da rosso diretto. Non averlo nemmeno ammonito costituisce uno sconto disciplinare di proporzioni bibliche. Trefoloni aveva fatto pace con Mancini: ecco i frutti.
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La Juve, in casa, aveva sempre vinto. L’Inter, in compenso, non perdeva dal 26 ottobre. Gennaio, febbraio: Capello li ha sempre sofferti. Se si escludono i venti minuti iniziali al Bentegodi, e lo scorcio, straordinario, di Ascoli, l’ultima Juve non azzanna più la preda. Il Parma non avrà un padrone, ma che cuore, e che disciplina, «ombrello» di Bucci a parte. Beretta è un allenatore che non frequenta i salotti e, per questo, non gode di buona stampa: il mestiere, però, lo conosce. Pattina, la Juve, e scivola: a cominciare da Fabio Cannvaro, sul gol di Dessena. Il fratello Paolo, invidioso, lo imiterà su Ibrahimovic. Marchionni è uno «juventino» in maschera che si guarda bene dal cadere in tentazione. Ibrahimovic non segnava dal 19 novembre. Ne firma due, stavolta: uno annullato per fuorigioco di Del Piero (questione di centimetri); l’altro valido (questione di centimetri, ancora).
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Parma decimato e imbottito, Juve «lunga» e monotona. Davanti alla difesa, meno protetta che in passato, governa Emerson, non Vieira. L’impressione è che Ibrahimovic (poi Trezeguet), Del Piero, Nedved e Mutu siano un lusso, di questi tempi. La ripresa è tutta juventina, anche se l’occasione più clamorosa, come già nel primo tempo, capita a Corradi, smarcato da un liscio di Blasi, entrato al posto di Zambrotta, acciaccato (come Ibra). Cresce Nedved, in particolare. Traverse, rigori-sì e rigori-no devastano il finale. Juve scricchiolante.
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Al Franchi, la Fiorentina si era arresa soltanto ai campioni. Il gol-lampo di Brocchi, complice il sopravvalutato Julio Cesar, consente a Prandelli di servire in tavola i piatti che predilige: squadra raccolta e ripartenze ficcanti. Colpita a freddo, l’Inter prova a reagire, e ci riesce. Solo per un tempo, però. E comunque Lobont si rivela assai più reattivo di Julio Cesar. Piano piano, Veron e Cambiasso perdono il filo del gioco. A secco dal 15 gennaio, Adriano non ne azzecca una, ribadendo di attraversare un periodo travagliato. La sfida con Toni non produce fuochi d’artificio. Toni, se non altro, gioca di sponda e si sacrifica. Adriano solleva polvere. La staffetta Bojinov-Jimenez produce il raddoppio, siglato dal cileno. Mancini recupera Recoba: la sua frustata su punizione è uno schiaffo ai rimpianti.
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Naturalmente, nessun ammonito fra i diffidati di Capello e Mancini. La Juve ha sprecato il match-ball. L’Inter si aggrappa al fattore San Siro: nove o otto punti, cambia poco. Ha perso, ma sta meglio della capolista. Tutti al Meazza, domenica sera. Ne vale la pena.
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QUESTA PERLA GLI FA ONORE…
Marchionni è uno «juventino» in maschera che si guarda bene dal cadere in tentazione.
E’ NEANCHE SI PUO’ DIRE VERGOGNA, NON LA CONOSCE!DELLA DIGNITA’, NEANCHE L’OMBRA.
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http://www1.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=70&ID_articolo=11&ID_sezione=141
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ILMACIGNO!
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Il punto
8/5/2006 -
Traditi e traditori
Il 14 maggio del 2000, la Juventus di Antonio Giraudo, Luciano Moggi e Roberto Bettega affogava nella palude di Perugia.
Aveva lo scudetto in pugno, i piedi sghembi di uno stopper antico, Alessandro Calori, lo consegnarono alla Lazio. Gli déi, che tutto ricordano e molto intercettano, hanno scelto il 14 maggio di sei anni dopo per congedarsi da quei dirigenti. Campo neutro di Bari. Avversario, la Reggina. Un pareggio e sarà scudetto, il ventinovesimo della società , il settimo della Triade, il secondo consecutivo di Fabio Capello.
L’epilogo era nell’aria, ed è stato timbrato dai risultati di ieri: Juventus-Palermo 2-1, Parma-Milan 2-3. Impossibile parlare solo del ritorno al gol di Ibrahimovic. Non sarebbe corretto. E comunque: partite normali, torturate dal caldo, la cui legge, in Italia, continua a essere una delle poche uguali per tutti. Procure e cimici hanno scoperchiato bidoni di spazzatura ai quali noi giornalisti ci eravamo accostati con una cautela che, oggi, l’uomo della strada non può non considerare sospetta. Visti Moggi, Giraudo e Bettega, con le lacrime agli occhi, sporgersi e alzarsi dai balconi di un Delle Alpi pieno di gente e solcato da striscioni di rabbiosa solidarietà . A proposito: chiude anche lo stadio, così arido e lontano da non giustificare nemmeno un briciolo di nostalgia.
Ripeto: d’ora in poi sarà difficile leggere la Juventus che «finirà » domenica senza correre a quei nastri che ne hanno imbrattato la storia. Bravo Capello a isolare il gruppo dalle macerie. Bravi i giocatori a macinare il Palermo sino ai triboli dell’ultima mezz’ora. Si sapeva che non sarebbe stata una domenica normale: né per i duellanti né per i loro rivali. Il Palermo, come il Parma, non ha fatto sconti. E sconti, per la cronaca, non ne hanno fatti neppure i curvaioli delle altre sponde. Slogan irridenti, cori, sfottò. Più che a Bari e all’ennesimo frutto che sta per cadere dall’albero, credo che gli juventini pensino a quello che è accaduto e, in un certo senso, «caduto».
Il fango e la gloria, scrivevo su «La Stampa» di venerdì. Il fango sulla gloria, per essere chiari. All’inizio, Andrea Agnelli ha accompagnato in campo Giraudo e Moggi. Alla fine, John Elkann li ha in pratica accompagnati alla porta. La liturgia torinese detesta gli effetti speciali: si accontenta di celebrare i suoi riti nella sacrestia aziendale. Altro che gogna mediatica. Questo è uno scandalo. E, per la Juventus, una ferita devastante.
Fuori i nomi, invoca la gente. Se Moggi e Pairetto erano il centro, da quali arbitri, da quali famigli e da quali complici era composta la periferia? I sentimenti fanno a pugni. La smania di un altro titolo contro la voglia di un altro calcio. Non può che prevalere la seconda. Deve. Gli insulti sono sempre preferibili agli indulti. Ci sono tifosi bianconeri che si sentono «traditi» dai giornali (?), ma cresce il partito di coloro che, specchiandosi nei dirigenti, si sentono «traditori». Sveglia, ragazzi.
La Juve rivoltata volta pagina in un clima da ultimi giorni di Pompei. Non c’è tempo da perdere. Se siamo qui a processare una squadra che guida la classifica da due campionati, impresa che all’estero sarebbe salutata ad applausi unificati, significa che qualcuno, sappiamo chi, ha calpestato l’etica. E non mi si venga a dire che nel calcio si può vincere solo così. Il trionfo del moggismo è stato la mia sconfitta più grande. Ora basta. Un punto, e a capo.
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ALTRO CHE SASSOLINO! SPAVALDRIA MESCHINA!!!
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http://www1.lastampa.it/cmstp/rubriche/stampa.asp?ID_blog=70&ID_articolo=34
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Rigore per l’Inter…
Mah intervengo non credo conte pensasse aisuoi interessi personali sottovalutando il benfica.la sua reazione a fine partita mi sembro’quella di unoa cui bruciasse molto la sconfitta e lo manifesto’in maniera sbagliata.penso che a vincere la uefa ci tenesse moltissimo.semmai ci fu un atteggiamento piu’superficiale nei confronti della coppa italia a roma ma lo scudetto di quei giorni ci ubriaco’tutti per molti mesi.
Paul pogba 36mocposto lo visto solo ora.scusassero.
Mah, il problema non me lo pongo. Sto quasi sempre dalla parte dell’imputato o dell’indagato, che si parli di Moggi, Conte, Allegri, Mauri, Criscito o Cellino, per limitarsi ai casi giudiziari calcistici, sia di giustizia sportiva che penale, E più approfondisco e più’ mi convinco di stare dalla parte giusta.
Emozione SSanetti in tribunale quindi.