Secondo il gentile Fulvio, il Greto Garbo della Clinica per il fascino misterioso del lessico, «a livello tecnico, questi tornei [Champions League] equivalgono al torneo dei bar estivi». Ero a Roma nel 1996 e non mi sembra di ricordare che capitan Vialli avesse alzato una mortadella, ma posso sbagliarmi. Nel rispetto della sua opinione, credo che la Champions sia qualcosa di più, in assoluto, di un certame balneare.
Per questo scrivo della lezione che il Paris Saint-Germain ha inflitto al Chelsea di José Mourinho a Stamford Bridge, eliminandolo dal torneo dei bar di cui sopra. Con Ibrahimovic espulso troppo presto e troppo in fretta (il Mazzoleni di Chievo-Roma lo avrebbe forse ammonito, ripeto: forse), con Cavani cecchino «impalato» e Thiago Silva prima traditore (il rigore) e poi giustiziere (lo smash del 2-2).
La scorsa stagione, sempre negli ottavi, Mourinho pescò dal mazzo Schurrle e Demba Ba: entrati a gioco in corso, firmarono il 2-0 che ribaltava l’1-3 del Parco dei Principi. Salii sul carro di Josè incantato e venerante, specialista in Special One. Un anno dopo, abbandono il carro come un mediocre Schettino al grido di «Già fuori con i soldi di Abramovich, shame, shame!».
Swinging Paris. Diabolico, Mourinho è arrivato a dire che l’uomo in più aveva favorito i Blanc, non i bleus. Salvo poi aggiungere, da cherubino col passamontagna, «Sono stati più forti di noi». A Roma direbbero: e te credo.
Josè è allenatore estremo ed estremista, nei trionfi (Porto, triplete con l’Inter), nelle mosse (il catenaccione del Calderon, Pepe mediano contro il Barça, la mossa Zouma contro il Paris in dieci), nei tonfi. Dividerà sempre. Laurent Blanc ha studiato gli errori di un anno fa e li ha corretti. Mourinho, viceversa, si è seduto sul suo ego. Che per una volta, ma non la prima, l’ha schiacciato.
Certamente Bilbao, Baresi, ho scritto, era un grande difensore.
Quanto a desquale ho detto che i 4 riunivano le doti che servono ad un centrocampo non che Furino e Benetti fossero dotati di tecnica sopraffina. comunque entrambi sapevano giocare a calcio….
Fernando Hierro, gentile De Pasquale. Una citazione, sì. Certo. Ma personalmente lo vedo fuori dai primi dieci.
Gentile De Pasquale, buon giorno.
Tardelli: eclettismo al massimo. Capace di segnare gol cruciali e di marcare tipi come Maradona e Keegan.
Causio: il talento, la fantasia.
Furino: il lucchetto che chiudeva la tre-quarti difensiva. permettendo le escursioni di Scirea. Non una tecnica da Nobel ma attenzione: neppure così grezzo come ha scelto di “vivere” privilegiando il valore della grinta, del guerriero eccetera.
Benetti: il marmo del centrocampo. Su e giù, giù e su. Recuperatore e passatore. Ma anche tiratore. Rammento una lecca memorabile a Firenze, sotto Pasqua. Da lontano lontano.
Mi creda: un centrocampo che univa fantasia, versatilità , acume tattico (non lo sottobvaluti), forza.
Beh, potrei andare oltre destra e sinistra e trascendere al mistico-clericale…“ se due o tre persone si riuniscono in mio nome, Io sono in mezzo a loro”…e rido….
Una citazione x Fernando Hierro no?
Ezio, ma io non mi contrapponevo a ciò che dicevi.
Scirea aveva più classe, ma non è che Baresi non ne avesse eh?
Vincere a 18 anni uno scudetto da libero con i compagni di reparto dell’epoca che non erano nè Cabrini, nè Gentile, non è roba da poco e non si ottiene se non si ha classe.
Il nostro era un centrocampista prestato alla difesa, il mmmilanista un difensore.
Passi Tardelli ma Furino e Benetti qualita’ tecnica…
Poi si capisce perche’ snobbate Baresi.
Daniele, come già detto dal Sig. Beck ed altri colleghi deve la sua grandezza agli anni trascorsi sulla fascia sinistra con l’Ajax e Olanda.
Poi certo era forte anche come libero, ma per me lontano dai due mostri nostrani.
Gentile Daniele, uno dei più grandi interpreti del ruolo. Certo.
Direi, se è d’accordo, uno dei più grandi liberi che la storia ricordi.