Bulgaria-Italia passerà alla storia, non tanto per il bellissimo gol con cui il brasiliano Eder ha salvato una brutta Italia, quanto per lo strano caso del dottor Castellacci e del signor Marchisio. Nemmeno ai tempi d’oro del Milan Lab, una lesione subtotale del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, paragonabile a uno tsunami, sarebbe stato declassato, nel giro di poche ore, a brezzolina primaverile.
Robert Louis Stevenson si era fermato al doctor Jekyll e mister Hyde. E già gli era sembrato – e a noi, leggendolo, pure – di essere in anticipo sui tempi (di recupero?). Leggo che Marchisio potrebbe giocare addirittura sabato 4 aprile con l’Empoli. Ne prendo atto: resta uno dei più grandi misteri che neppure Ippocrate, sul quale deduco che anche Castellacci abbia giurato, avrebbe potuto sbrogliare.
La partita, adesso. Le vigilie, ad Antonio Conte, piacciono così: polvere da sparo, più che polvere di stelle. Caccia grossa ai nemici (con un occhio di riguardo, da venerdì, alle diagnosi dello staff medico). I bulgari hanno giocato come giocavamo noi una volta: difesa e contropiede. Noi abbiamo giocato come vediamo giocare gli altri in televisione. Abbiamo sequestrato il primo quarto d’ora e l’ultimo. Immobile si è mangiato due gol all’inizio, Gabbiadini uno alla fine. Senza hybris, le squadre di Conte sono spaghetti scotti.
Se l’autorete di Minev è stata trovata perché cercata, è stato gravissimo concedere a Popov e Micanski due gol in sei minuti; ed entrambi, su ripartenze. Sul primo, si è fatto uccellare Bonucci; sul secondo, Barzagli. Al netto del filtro, e degli stranieri di supporto, la BBC juventina (Barzagli, Bonucci, Chiellini) non mi è parsa la corazza che in campionato ha spaccato teste e classifiche.
Sospesa tra ristoranti da dieci e cento euro, la Nazionale incarna e riassume quel che resta della cucina casalinga. Verratti non mi ha entusiasmato, ma bocciarlo dopo una partita così sarebbe da ingrati. A centrocampo hanno ballato tutti tranne Bertolacci (o comunque, meno degli altri). Immobile e Zaza hanno ribadito quanta pazienza ci voglia con i nostri giovanotti, e come certi paragoni (uno a caso, con Morata) siano impegnativi. Sirigu, precettato d’urgenza al posto del febbricitante Buffon, non ha avuto occasioni per reagire alla doppietta bulgara (imparabile, tra parentesi).
Le convocazioni di Eder e Vazquez avevano agitato il processo e portato a una condanna spiccia, «con il condizionale». Il plotone di esecuzione era pronto. Conte lo sapeva, ancorché fosse stato messo al muro da chi di italiani ne schiera sì e no un paio alla volta. La «magia» di Eder ha rinviato la fucilazione.
Nella graduatoria del girone, la Croazia ci ha staccato. Siamo secondi. Ripeto: la vera impresa non sarà qualificarsi per gli Europei; sarà «non» qualificarsi. Conte non c’entra: c’entra la formula.
idiota pezzente. sparissi, possibilmente sotto due metri di terra.
3 se fosse come dici tu a quest’ora saresti con una pallottola in mezzo al cranio. Comunque per il tuo bene non ci provare mai più, bastardo e cosaccia inutile.
Ritiro tutto quello che ho scritto a Fabrizio,va tutto a Massimo….
Scritto da lovre51 il 31 marzo 2015 alle ore 17:47
Ok, smetto di leggere i tuoi post, sennò finisce che fra un po’ devo andare in analisi…
Beh, Lovre, magari Fabrizio ha comprato la laurea…
Un po”come gli studi di Buffon…
Scritto da De pasquale il 31 marzo 2015 alle ore 17:55
Ma scherziamo? Quella è roba superata. Basta chiudere i docenti a chiave in camera di consiglio e il gioco è fatto.
Gente, bevete di meno, o almeno bevete roba di qualità…
Salvadore e’ il classico esempi di stronzo palermitano che tifa juve . gente servile , probabilmente gli stessi che fanno gli inchini durante le processioni.
Crepa bastardo. togliti di torno .
oh oh la merda è salita a galla, è proprio vero, gli stronzi galleggiano, vero 3?
Pasqualì fatti na ripassata, così, tanto per rinfrescare la memoria.
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Ferruccio Mazzola, il ‘terzo incomodo’, dal titolo del suo celebre libro autobiografico.
Figlio dell’immenso Valentino, simbolo del Grande Torino scomparso nella tragedia di Superga, e fratello minore del più noto Sandro, campione con l’Inter e con la Nazionale, Feruccio ha vissuto anche lui nel e per il mondo del calcio. La sua fama però non è dovuta alla discreta carriera da calciatore tra Venezia, Inter, Lecco, Lazio e Fiorentina (con cui vinse lo scudetto all’epoca di Maestrelli), né alla successiva carriera di allenatore, per lo più in Serie C. Bensì alla sua decisione di non allinearsi. Da qui la definizione di ‘terzo incomodo‘. A fronte di cotanti famigliari, che della storia del calcio hanno scritto alcune delle pagine più luminose, lui decise di raccontarne gli angoli più bui.
Mazzola pubblicò nel 2004 per Bradipo Libri ‘Il Terzo Incomodo’, in cui denunciava le pratiche dopanti nel calcio fin dagli anni Sessanta. Il suo j’accuse non solo rimase inascoltato, ma gli valse l’emarginazione e l’ostracismo da parte del mondo del calcio. E del fratello Sandro. Obiettivo delle denunce fu soprattutto la Grande Inter di Helenio Herrera, nella quale Ferruccio giocò una sola partita, ma di cui il fratello Sandro fu uno dei protagonisti. Le critiche più forti nei confronti del tecnico spagnolo: accusato di dopare consapevolmente i propri giocatori.
Ferruccio Mazzola fece gli esempi circostanziati delle morti premature di Armando Picchi (36 anni, tumore), Carlo Tagnin (67, osteosarcoma), Mauro Bicicli (66, tumore al fegato), Ferdinando Minussi (61, epatite C), tutti giocatori di quella squadra. Per questo fu ‘scomunicato’ dal mondo del calcio. Sia il fratello Sandro che l’amico Facchetti, entrambi dirigenti dell’Inter, ruppero con lui ogni rapporto e la società nerazzurra lo querelò per diffamazione, chiedendo 3 milioni di euro per danni morali e patrimoniali. Ma il giudice respinse la richiesta dell’Inter e la condannò al pagamento delle spese processuali. Nel frattempo si erano spenti anche Giuseppe Longoni (64 anni, vascolopatia) ed Enea Masiero (75, tumore) tutti passati dalla Grande Inter, e tutti deceduti prematuramente. Come lo stesso Facchetti scomparso per un tumore nel 2006 a soli 64 anni.
Oltre ai nerazzurri Mazzola denunciò l’uso di doping anche nella Roma, nella Lazio e nella Fiorentina, ma nessuna procura della Repubblica ha inteso aprire fascicoli per indagare su queste morti. Lo ha fatto solo la Procura di Firenze nel 2005, dopo le denunce della vedova di Beatrice (deceduto di leucemia a 39 anni nel 1987), per indagare sul sistema doping alla Fiorentina negli stessi anni. Dato che anche qui la lista di ex calciatori scomparsi prematuramente o gravemente ammalati è lunghissima. In questo caso ci sono stati dei rinvii a giudizio (anche nei confronti dell’ex allenatore dei viola Mazzone, accusato di omicidio preterintenzionale) poi caduti in prescrizione. Negli ultimi anni Ferruccio, cui il libro aveva dato solo enormi dispiaceri, sia dal punto di vista affettivo che nel vedere le sue denunce lasciate cadere nel dimenticatoio, divenne presidente dell’Associazione Vittime del Doping fondata dai famigliari di Beatrice e continuava ad allenare per passione i ragazzini a Roma.
Magari tu fai la stessa fine , o la tua stirpe .
Quello che non torna sono i 7 morti dell’intercaffeinata, tutti con 60 anni o poco più, come se ci fosse stato un “timer” o una “data di scadenza” per quei giocatori che hanno giocato in quella squadraccia. Erano altri tempi e che i controlli antidoping erano ancora tutti da definire, ma come mai la Fiorentina anni ’70 e l’inter sono le due squadre che hanno avuto una vera e propria “epidemia”: sono troppe le morti sospette, però la figc non ha mai aperto un’inchiesta, chissà perchè?
-Armando Picchi, morto a 35 anni per un tumore al midollo
-Marcello Giusti, morto a 54 anni per un tumore al cervello
-Fernando Miniussi, morto a 62 anni per cirrosi evoluta da epatite C
-Giuseppe Longoni, morto a 63 anni per ictus da vasculopatia cronica
-Giacinto Facchetti, morto a 64 anni per un tumore al pancreas
-Mauro Bicicli, morto a 66 anni per un tumore al fegato
-Carlo Tagnin, morto a 68 anni per un tumore alle ossa
Tutti quanti hanno giocato anche in altre squadre ma, il dato che ritorna è l’aver fatto parte di quella squadraccia. E con le denunce di Ferruccio Mazzola i dubbi si sono volatilizzati.