Non volevo scrivere, di questa partita, ma un paziente lettore, «bwforever73», mi ci ha tirato per il camice, attraverso lo stratagemma di un parere su Pereyra. Eccolo: in Italia, va benissimo. E’ un centrocampista d’attacco, con poco senso della porta (anche se viene da due gol in due partite), ma dotato di dribbling verticale. Verticale, ripeto. Non orizzontale. Ha pagato il salto dalla provincia alla squadra grande, ha studiato, ha sofferto, è cresciuto. Il termine «jolly» gli calza a pennello, ancorché il ruolo di trequartista sia quello che sente di meno. Non a caso, il trequartista della Juventus, oggi, è Tevez.
Un altro degente, «Chihuaha/Pitbull» (a tavola un barboncino, alla tastiera un po’ meno), che di solito visito in un altro ambulatorio, mi ha chiesto un parere su Fiorentina zero Juventus tre. Gli rispondo intervistandomi, come va di moda tra le firme che contano (per una volta, fatemelo credere).
Se lo aspettava un epilogo del genere?
Assolutamente no. Mancavano Pirlo, Pogba, Tevez e Lichtsteiner. La scelta di Matri mi era sembrata un segnale strano, verosimilmente sbagliato.
Che partita ha visto?
La stessa che, immagino, avete visto voi. Una Juventus dalla personalità straripante. Non solo quadrata e tosta. L’1-2 di Torino la costringeva a sporgersi, a osare. L’ha fatto. Se l’equilibrio è stato spaccato sul filo degli episodi, sono stati poi il gioco e la maturità a scavare la differenza. E che differenza.
Lei, se non sbaglio, non avrebbe voluto Allegri.
Non sbaglia. Per questo, lo applaudo. Ha ereditato la Juventus di Conte al secondo giorno di ritiro, l’ha cambiata senza sfigurarla, cercando di ricavare una tecnica più raffinata e corale dal taglio al ritmo imposto nel nome della “spending review” energetica. Prendete la mossa simbolo: dal 3-5-2 al 4-3-1-2, o viceversa. E sempre a memoria».
Lo scudetto, in ghiaccio, il Monaco nei quarti di Champions, la finale di Coppa Italia: mezza Clinica pensa al Triplete.
In Clinica dovrebbero bere di più… Il Triplete è oggettivamente complicato. Bayern, Barcellona e Real sono di un’altra categoria. E anche con il Monaco, per grigio che possa sembrare, bisognerà tenere le antenne dritte. Il quarto scudetto, invece, è l’obiettivo più alla mano. Quanto alle coppe in generale, comprese quelle assegnate nei tornei dei bar cari al gentile Fulvio, appartengo alla sparuta tribù di coloro che, se devono perderle, preferiscono perderle – comunque – in finale. Alludo, naturalmente, alla Coppa Italia».
Mancheranno Marchisio e Morata, squalificati.
Proprio l’ordalia con la Fiorentina ha ribadito la forza della rosa juventina, almeno nei nostri cortili. Confesso, ero pessimista. Il 3-0 del Franchi è un pieno di autostima, figliastro del 3-0 di Dortmund, confine psicologico della stagione.
Lei è un estimatore di Salah: deluso?
All’andata, la diversità, come scriverebbe Mario Sconcerti, la fece la sua doppietta. In campo aperto, l’egiziano è un flagello. Se marcato, ad personam o ad gabbiam (come questa volta), sono cavoli anche per lui.
Alla Sartina, neanche una piccola mancia?
Come scrissi per il tocco di Rugani in Juvenuts-Empoli, lascio ai maniaci delle moviole l’autopsia degli episodi caldi. Estrapolo le proteste di Chiellini (per un calcio d’angolo!) e gli sfottò di Morata post rosso: esagerati, pericolosi, censurabili.
Spiazzato dalla Fiorentina?
Un anno fa, negli ottavi di Europa League, aveva pareggiato 1-1 a Torino. Le bastava lo 0-0. Perse 1-0, su punizione di Pirlo, uno scarto che, stavolta, le avrebbe garantito comunque la finale. Sfortunata in un paio di circostanze (il contatto Salah-Padoin, i centimetri di Gonzalo Rodriguez), dopo il gol di Matri non ha più saputo ribellarsi alla dittatura tecnica e tattica della Juventus, come certificato dalle reti di Pereyra, Bonucci e molto altro.
Sturaro?
Mi piace quella «vita da mediano» che sfodera a ogni tackle. Pura vitamina. Sul piano geometrico, deve decorare il repertorio. E’ appena arrivato, diamogli tempo.
Ricapitolando?
La notizia di Firenze, al di là del risultato, riguarda Claudio Marchisio. Il 27 marzo, in Nazionale, gli avevano diagnosticato una lesione subtotale del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, roba da sei-sette mesi di prognosi. Il 7 aprile è stato tra i migliori di Fiorentina-Juventus, ritorno delle semifinali di Coppa Italia. Voto (a lui, ai dottori, agli esperti, ai referti)?
Ecco uno che di calcio se ne intende, Roberto Pruzzo
Ho visto la Juve contro l’Empoli, in questo momento fatica a trovare soluzioni offensive, la Fioentina è favorita.
Ma quanto maloox avrà preso stanotte?
A me è molto spiaciuto che a Recoba non hanno mai assegnato la fascia di capitano, lui era il mio idolo
“Un bel tacer non fu mai scritto” un aforisma che all’inter sconoscono
-
Ad agosto l’iniziativa venne apprezzata e applaudita un po’ da tutti, tifosi in testa. Dopo un’annata al di sotto delle aspettative, durante la quale comunque l’Inter aveva raggiunto la qualificazione all’Europa League, la squadra di Walter Mazzarri si apprestava a iniziare la nuova stagione sotto auspici ben più ambiziosi rispetto a quella appena lasciata alle spalle. E i giocatori per responsabilizzarsi e attirare le attenzioni e il calore del pubblico avevano fatto una serie di promesse scolpite su un cartellone, a futura memoria, sull’esempio del Borussia Dortmund: “Noi promettiamo: di dare sempre il massimo; di giocare sempre con il cuore; di andare avanti tutti insieme senza dipendere dal risultato; tutti aiutano tutti; di lasciarsi aiutare dal proprio compagno; tutti mettono la propria qualità per la squadra; si vince, si perde, tutti si prendono la responsabilità; i problemi si risolvono insieme; di non arrenderci mai”.
Otto mesi dopo, nel momento più difficile di una stagione che nessuno pensava sarebbe stata così tanto travagliata, cambio di allenatore compreso, i tifosi non chiedono più risultati. Dopo i sonori fischi che hanno fatto seguito al clamoroso e deludente 1-1 col Parma a San Siro, dopo l’allenamento della mattina di Pasqua, dopo i proclami e le minacce di Roberto Mancini (da “siamo da terzo posto” a “serve una rivoluzione”), nelle ultime nove giornate di campionato ai sostenitori nerazzurri basterebbe una cosa sola, anche al di là di una qualificazione europea che ha sempre più i contorni di una chimera: il rispetto di nove promesse fatte ad agosto.
In pratica una promessa per ogni partita che manca da qui alla fine di una stagione difficilissima. Una promessa per ogni singola giornata per cercare almeno di mostrare una dignità e un attaccamento alla maglia anche per chi già saprà di non essere più nei piani futuri della società. Una dignità che ha dimostrato il Parma a San Siro proprio pochi giorni fa e che ha meritato gli applausi di tutti gli amanti del calcio e dello sport in generale. Se così non fosse, ricordando quel cartellone esposto ad agosto, sarebbe proprio il caso di rievocare l’aforisma: “Un bel tacer non fu mai scritto”.
axl rose…..il Faro
hai ragione, Mototopo è veramente il top!
Piu’ comico di capitan Ranocchia c’è solo capitan Nagatomo. D’altronde hanno avuto capitan Facchetti e capitan Sssssssssanetti……………..
#giulemanidaKermit
Per chi ha voglia di ridere
-
IL MURO DELLE PROMESSE INFRANTE
20 marzo 2015 by Inter Club C’è solo l’Inter Pavia
INTER-WOLFSBURG / MILANO – È fatta, ormai. Anche l’ultima (esigua) possibilità di riscattare la stagione è svanita, lasciando nei tifosi un profondo senso di insoddisfazione neanche troppo malcelata. A dispetto di tutte le chiacchiere e i dati snocciolati durante la settimana dai suoi calciatori, dopo la promessa di dare l’anima in campo per giocare la partita […]
Il post Il muro delle promesse infrante è stato pubblicato prima sul sito InterLive.
Leggi la notizia completa qui: http://ift.tt/1HaOSUN March 20, 2015 at 07:00PM
Così parlò capitan Ranocchia. Mai promessa fu pù mantenuta di questa ah ah ah ah
-
9 Agosto 2014
L’Inter ci crede, ma per farlo la strada è una solamente: combattere insieme. I giocatori nerazzurri hanno voluto mettere una serie di propositi incentrati proprio sul concetto di ‘fare gruppo’ per iscritto su un muro che, alla Pinetina, è stato già ribattezzato ‘il muro delle promesse’. Le frasi – in italiano e inglese – sono nove, più quella finale a caratteri cubitali “Io amo l’Inter”. Il primo a firmare è stato capitan Andrea Ranocchia.
“Noi promettiamo – si legge sulla parete color oro – di dare sempre il massimo; di giocare sempre con il cuore; di andare avanti tutti insieme senza dipendere dal risultato; tutti aiutano tutti; di lasciarsi aiutare dal proprio compagno; tutti mettono la propria qualità per la squadra; si vince, si perde, tutti si prendono la responsabilità; i problemi si risolvono insieme; di non arrenderci mai”. “Credo che siano – dice Ranocchia – le parole base per ripartire, per tornare grandi, per riaprire un nuovo ciclo. Sono cose che la società ha sposato in pieno e che tutti noi sottoscriviamo. E’ il riassunto di quello che deve essere il calcio e anche la vita”.
#antoniocontecapitanovero
….ma Conte sarà contento?