All’andata fu una sinfonia, questa volta è stata un’operazione chirurgica. Due colpi di bisturi – Tevez, Bonucci – e ciao Lazio. Reduce dalla siesta di Parma e dal complicato braccio di ferro con il Monaco, la Juventus ha vinto di forza, da grande squadra normale.
La più forte contro la più in forma, la propaganda aveva pigiato questo tasto. Ci stava. Partita molto fisica (che stecche, il pio Marchisio), risolta lungo l’asse solidità -episodi. Pioveva, fischiava il vento: lo scudetto è a un passo, l’Europa non so.
Veniva, la Lazio, da otto vittorie. Aveva scavalcato la Roma, aveva soffiato lo scettro di miglior attacco proprio alla capolista. Bene: la Bbc juventina (Barzagli, Bonucci, Chiellini) le ha concesso una palla gol, una sola, agli sgoccioli degli sgoccioli (di Felipe Anderson, sventata da un Buffon). Al garbo e alla sportività di Ettore, la nostra Sartina adorata, non potevano sfuggire le assenze di De Vrij, Cavanda, Novaretti e Parolo. E difatti non sono sfuggite. Però, come dice Lotito, «hic Rodhus hic salta»: qui è Rodi e qui bisogna saltare.
Sono sincero: non che la Juventus abbia tirato molto di più. Ha tirato meglio. Ha sfruttato il ventre molle di una difesa incerottata. Ha mostrato i muscoli. Ha chiuso a chiave la porta di casa. Tevez di sinistro, Bonucci di destro. Sul raddoppio, esemplare il movimento «ad allargarsi» di Matri e Tevez: il mar Rosso si è aperto e «Mosé» è passato.
E’ stata una Juventus molto realista, molto italiana: ha gestito l’ordalia un po’ alla Trap e un po’ alla Mourinho, se vogliamo aggiornare i testi. Allegri ha riesumato il 3-5-2 e un Vidal da film western, tanto era dentro la partita. L’hybris che di solito lo porta a spaccare gli avversari e, magari, a sprecare munizioni, ha continuato a tatuarne la crescita.
Certo, Pirlo non è ancora Pirlo, e in fase di uscita gli errori di misura hanno procurato turbolenze, ma di fronte, signori, c’era la Lazio di Pioli, la regina di questo scorcio: se cercate un percorso netto, rivolgetevi altrove.
Naturalmente, Felipe Anderson verrà degradato a broccaccio. Calma. I fuoriclasse hanno bisogno di una palla; i campioni, di una squadra. Felipe è ancora un progetto. Ha 22 anni, l’età di Pogba, viene dal Santos di Neymar: se gli regali un tappeto di zolle, ti morde in dribbling. La Juventus l’ha pressato, ingabbiato, isolato. Piano, allora, con il classico «tutto qui?». Poche notizie anche sul conto di Mauri, Klose, Candreva.
La Juventus si è buttata sugli errori come un naufrago sulla sabbia. I fusignanisti ne censureranno l’estetica. Li capisco. Ma loro capiscano le esigenze di Allegri: in 31 partite, ne ha perse due come Conte, si accinge a giocarsi l’accesso alle semifinali di Champions ed è finalista di Coppa Italia (con la Lazio, ancora). Una cosa fatta bene, diceva proprio un signore di Torino, si può sempre fare meglio. A patto di non lasciarsi prendere dall’euforia o dalla frenesia, questi due impostori.
Biglia e c. avrebbero dovuto alzare il ritmo, o almeno provarci. Gli avversari gliel’hanno impedito. L’uno-due di Tevez & Bonucci ha spaccato l’equilibrio e offerto ai campioni il copione preferito (anche se, spesso, recitato a bassa voce). Il rosso di Cataldi, per concludere, appartiene ai saliscendi di Rizzoli. Era l’89’: la mamma aveva già buttato la pasta da un pezzo.
Ha aggiunto anche, x Mac, che tra Cavani e Dybala sceglierebbe quest’ultimo….Dybala ha altri procuratori…Qualcuno qui dentro (Dybala) se lo vorrebbe portare nel suo giardino di casa! Atteso che Giovinco si è fatto la casetta in quel di Toronto e per un bel po’ non potrà tornare in Italia! Leo
Ultime perle (ma davvero) dell’ex pizzaiolo che ne sa sempre una giusta. Da incidere nella mente.
Dicono ci sia un gentleman agreement: Pogba ha rinnovato, ma va via a giugno. Vero?
«Cavolate. Abbiamo firmato per 5 anni. Ma siamo tutti gentiluomini: se arriva l’offerta giusta per Pogba e la Juve, si fa. Ma la vera questione è un’altra».
Ovvero?
«La grande sfida della Juve sarà rifare la squadra: altrimenti, tra due anni, saremo qui a dire che ha sbagliato».
Smonterebbe una squadra da tre scudetti, quasi quattro?
«La mia tesi è: devi cambiare quando sei forte, non quando lo devi fare per necessità . Il prossimo anno ci vorrebbero quattro o cinque pezzi. Ricordatevi dell’uscita di Zidane».
Un nuovo crack del futuro?
«Donyell Malen, 16 anni, dell’Ajax, un fenomeno. Ma tanto in Italia i giovani non giocano. Guardi Coman».
Tevez e Morata non sono male.
«Tra 4 partite e 50 ci sono mezze misure».
Aggiunta: in pratica facciamo decidere ai riommers la quota scudetto di quest’anno, quale onore per quei mentecatti. Sull’argomento Carlitos invece ho le mie impressioni ma le tengo per me, l’importante è che continui da campione come sta facendo fino a fine stagione, molto dipenderà da lui, soprattutto come esempio per la squadra.
Ho potuto vedere il match il giorno dopo, niente o poco da aggiungere se non una gara condotta dall’inizio alla fine come deve fare una grande squadra, gestendo energie mentali e fisiche in maniera ottimale, un lavoro ben fatto così come dovrebbe sempre essere in superiorità . Bonucci prima del suo bel gol ne aveva segnato un altro… ancora più importante, in quel momento della partita.
La Lazio resta comunque una delle squadre più in forma del campionato attuale e soprattutto una delle poche che è giunta allo stadium a organizzare il gioco con molto possesso palla (ma poca pericolosità e concretezza), credo più per merito dei nostri tre sceriffi dietro in difesa. Ora testa e gambe a mercoledi sera e poi, se tutto andrà bene… di qui fino a metà maggio io opterei per un turnover calcolato, ragionato, dosato, non eccessivo ma sicuramente ci dovrà essere una rotazione per evitare guai di infortuni e per alimentare il sogno della lotteria della Champions e per provare comunque ad alzare la quota di probabilità del double con la decima coppa Italia. Il quarto consecutivo era prenotato già da almeno due settimane, la matematica conferma la stiamo aspettando senza fretta nè calcolini vari perchè può darsi che dipenderà non dai nostri campioni ma da cosa faranno i cugini laziali e romanisti a braccetto in classifica. Per chiudere la giornata calcistica ieri, la parte più clownesca di uno dei più brutti e insulsi derby milanesi sono stati i ragli di Mancini e le solite frasette estenuanti dell’altro allenatore per caso. Braccia rubate all’agricoltura, insieme al figlio di troia con l’accento sulla a che pontificava e sviolinava già da ottobre (che sia chiaro).
Fino alla fine!
scusa Roberto ma tra elevatissimi discorsi religiosi e impeccabili analisi calcistiche ti sta sfuggendo un accento di troppo sul Monaco.
e quando dico solo… intendo che non cè toro-fiore-e tutte le altre fin alla fine del campionato che vinceremo(come van le altre..) ANCHE PERDENDOLE TUTTE…
Scritto da barbabianconera il 20 aprile 2015 alle ore 14:01
… singolare coincidenza?
derby?…sarà che noi del profondo sud…
esiste solo monacò….
veramente eravamo a erode..dei 5, o 6 tra l’altro non posso giurare a chi si riferiva axl.. e avevamo il giornalismo di riferimento allargato… e ora siam a pilato… e non soò se quell’erode collegato a pilato e a Gesù..e quello a cui si riferiva axl… cmq. il riferimento me lo puoi un po’ introdurre?…
Beccantini, De Pasquale, tre…..tutti spariti…tempo di macumbe…