E’ stato un derby dal quale, come da una valigia, è uscito di tutto: la storica vittoria del Toro dopo vent’anni – ripeto: vent’anni – i battiti furiosi del cuore granata, l’inchino della sorte che spesso l’aveva tradito, l’arte del professor Pirlo, i pali e le occasioni di una Juventus molle e poi asfissiante, punita da quella lotteria di episodi che spesso, in passato, aveva castigato gli avversari. Minimi i danni collaterali, visti la sconfitta della Roma a San Siro, con l’Inter, e il pareggio casalingo della Lazio, con il Chievo: i punti di vantaggio sono 14; e di giornate ne mancano sei.
Veniva dalla notte di Montecarlo, la Signora. Ha applicato un turnover casto, nella speranza che potesse bastare, e tenuto un profilo basso, in attesa degli eventi. Il Toro era partito con più «garra», ma l’occasione più chiara l’aveva offerta Pirlo a Matri; e un’altra, sempre su Matri, l’aveva sventata Glik. Ecco, Andrea Pirlo: un gol e un palo su punizione, un bouquet di assist, al lordo di qualche liscio in uscita. E’ tornato. Buona notizia, in proiezione Real.
Il Toro di Ventura ha giocato di gruppo, aggrappato a un’organizzazione che solo nella ripresa gli acciacchi, la tensione e i muscoli dei campioni hanno rigato. Gli uomini del destino sono stati tre: Fabio Quagliarella, dura lex sed l’ex, ispiratore dell’aggancio, artefice del sorpasso e delle minacce più serie, compresa una sforbiciata che Martinez, da posizione di fuorigioco, aveva corretto in rete, tanto da insinuare un dubbio: ce n’era proprio bisogno? Matteo Darmian, autore del pareggio con uno «stop a inseguire» che mi ha riportato al repertorio tutto istinto di Petruzzu Anastasi; Emiliano Moretti, protagonista degli episodi più caldi (mani-comio su cross di Pereyra e trattenuta a Morata, entrambi in area; martellata a Tevez). Tagliavento è stato buonista, io lo sarei stato di meno.
Sul piano del puro sfizio, non ho capito l’abbraccio di Lichtsteiner a Maxi Lopez nell’azione dell’1-1: mi sembrava che un certo margine per intervenire – margine di spazio e di tempo, intendo – non gli mancasse. L’indecisionismo di Bonucci, viceversa, appartiene (penso) alle montagne russe della concentrazione, come le migrazioni di un Vidal cocciuto e grigio.
Il Toro ha creato problemi sulle fasce, anche perché questa volta, forse, il ritorno dal 3-5-2 al 4-3-1-2 non ha prodotto i soliti automatismi, persino in Lichtsteiner. Gazzi, in compenso, è stato l’anello debole del centrocampo. Non sono crollati sotto la parabola di Pirlo, i granata. La fortuna e la tenacia gli hanno fornito addirittura gli strumenti per ribaltare il risultato. I due pali di Matri e un paio di parate di Padelli hanno fissato confini che, lì per lì, non sembravano invalicabili.
Morata largo, quasi ala, non mi convince. Di 4-4-2 non è mai morto nessuno, dovrebbe saperlo anche Allegri. L’ingresso di Tevez ha alzato la pressione, ma non è bastato. Per il Toro, il derby era tutto; per la Juventus, una tappa. Non si tratta di sminuire i meriti dei vincitori; si tratta, semplicemente, di collocare l’ordalia nel momento della stagione, quando il calendario impone selezioni spietate di obiettivi, e dal momento che la Juventus può permetterseli tutti, a buon intenditor.
Il Toro ha così colmato un vuoto enorme, che gli sanguinava dentro. La Juventus, da parte sua, ha ribadito l’allergia ai match-point. All’andata, ebbe di più, con la chicca di Pirlo al 94’. Oggi, avrebbe meritato di più. Come dice Patrice Evra: c’est la vie. E, come ringhiano molti Pazienti, le vittorie ai punti se le tenga pure lei, Primario.
questa sì che è clamorosa! quindi nessuno lancio, hanno fatto tutto da soli… da libro cuore, proprio.
granata topo di fogna di torino sei la vergona
Ma cmq non è possibile….
Sulla carta dalla bomba carta c’era scritto:
questo ordinnnio è stato confezzzzzzionato da noi gobbbbi maledeti….
Quindi sicuro è stata la juve. ladra.
Gomblotto.
Ormezzano guida l’indignazione popolare, scortato dai cafeteiros…
La bieca magistratura sabauda, serva degli agnellidi, modifica a suo piacimento la realtà dei fatti che, piaccia o non piaccia è quella. 27 punto di penalizzazione, facciamo 28 va.
http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/04/27/news/bomba_carta_al_derby_svolta_nelle_indagini_il_pm_nessun_lancio_accesa_sul_posto-112963048/?ref=fbpr
SORPRESA!
Hahahaha, scusate dopo il post delle 10.32 dovevo uscire come un razzo ed ho appena riletto che nel mio post il T9 del tablet ha scritto “antisemitismo” di Ogbonna quando invece volevo scrivere “antitesi”.
Chiedo venia.
Ma voi cosa stavate facendo l’ultima volta (aprile ’95) in cui la Juve aveva perso un derby? Io seguivo i primi corsi di ingegneria al Poli (2° anno) e giocavo a pallone al Fante nelle pause tra una lezione e l’altra. Ricordo che era appena nato Magic (il gioco di carte fantasy) e giocavo attivamente ad AD&D. Mi ero appena mollato con una collega di corso e abitavo ancora dai miei…
Il sostituto procuratore Padalino smonta la prima versione sul rudimentale ordigno che ieri ha provocato 11 feriti nel settore granata della “curva Primavera”, che attribuiva la responsabilità dello scoppio ai vicini tifosi juventini: “Non è nemmeno un lancio maldestro: doveva solo fare un botto ‘coreografico’ mentre nell’altra curva, la Maratona, veniva srotolato il maxi striscione”
Oh cazzo quei fafcinorosi tifosi della juve non c’entrano proprio niente.
E adesso chi lo dice a Tavecchio che deve chiederci scusa anche per questo?
“La Juve di Andrea Agnelli è il punto di riferimento assoluto del calcio italiano. Lo dimostrano i risultati ottenuti sul campo e fuori dal campo, la realizzazione dello Stadium, la compattezza della struttura dirigenziale, il gioco di squadra e non mi riferisco soltanto agli straordinari risultati ottenuti da Allegri e dai suoi giocatori in questa stagione.
La Juve di nuovo fra le prime quattro squadre d’Europa non è un caso: è il risultato di un lavoro lungo e faticoso che oggi viene premiato. Ho avuto la fortuna di giocare in bianconero, sia pure per un breve periodo: quando si cita la mentalità vincente della Juve, non si ricorre a uno stereotipo. La forza della Juve è un gruppo dove tutti remano nella stessa direzione. E Agnelli è l’emblema di questa società . Le sue idee, il suo spirito manageriale possono cambiare il calcio purché il calcio abbia il coraggio di seguirlo. Se fossi ministro dello Sport, Agnelli sarebbe l’interlocutore ideale come presidente della Figc o della Lega. E tutto cambierebbe”.
Parole di Guglielmo Stendardo, un ragazzo che oltre ai piedi fa funzionare pure qualcos’altro.
Complimenti….
giancarlo
ma bogut non ti piace?io da profano dico finale GSW-cleveland