Ora che persino il Bernabeu ha capito, la memoria corre a un pomeriggio del 25 luglio, quando la primissima Juventus di Allegri perse 3-2 con i dilettanti del Lucento e tutti noi, quorum ego, ci demmo di gomito. Sono passati nove mesi ed è «nata» la finale di Champions, addirittura. A Berlino, il 6 giugno, contro il Barcellona della triade Suarez-Messi-Neymar. Sarà l’ottava «bella» per entrambi. Sarà, soprattutto, la sfida tra due scuole, tra due stili, tra umani e marziani.
Ma adesso è il caso di tornare a Madrid, ai 35 gradi, a quell’1-1 che, firmato Cristiano Ronaldo e Morata, elimina i campioni in carica e bacia la squadra che in estate pedalava in mezzo al gruppo, un po’ come il Borussia Dortmund del 2013 e l’Atletico Madrid dell’anno scorso, classe operaia pronta per il paradiso.
Con l’alito dei sorteggi – che non sono colpe né meriti: sono – e con il lavoro di tutti, lavoro duro, serio, la Juventus ha rimontato le diffidenze e limato le differenze. Bravo, Allegri, a non fissarsi sul ristorante (da dieci o cento euro), ma a garantire comunque – attraverso il passaggio dal 3-5-2 al 4-3-1-2 e ritorno – pasti in linea con la cassa aziendale e le cucine europee.
Non è stato un miracolo. E’ stata un’impresa. Al Real casalingo – anche a questo, grigio come Cristiano Ronaldo – non puoi non regalare un rigore (Chiellini, maledizione) e almeno un paio di paratone ad altezza Buffon (sicuro, sempre). Già campione, sabato con il Cagliari la Juventus aveva risparmiato fior di titolari. Il Real non ha potuto. Si è spremuto con il Valencia, non ha «ucciso» la Signora, pagandone il fio. Niente Liga, niente Champions, niente Coppa nazionale: la spocchia di Perez impone scelte drastiche, sciocche, come la testa di Ancelotti, fino a dicembre spacciato per una sorta di mago di Oz.
Un buffetto, l’assenza di Modric. E quelle sberle di Bale, a fil di palo, tracce generose. Non vorrei però rigare i meriti della Juventus, squadra matura, nei limiti e nelle risorse. In Italia domina, in Europa ha imparato a soffrire. Penso che la svolta sia stata a Dortmund, con quel 3-0 che accese lampadine che lei per prima considerava spente, fulminate.
Si sapeva che il Real avrebbe segnato. Si poteva immaginare che lo avrebbe fatto anche la Juventus. Così è stato. Se cito le palle-gol che Casillas ha sottratto a Marchisio e Pogba, sull’uno pari, lo faccio esclusivamente per dare a Cesare quello che è di Cesare, e se il Cesare al quale alludo non piace a mezza Italia, meglio per l’altra mezza.
E’ passata, la Juventus, con il suo calcio che in campionato è di attesa-possesso e all’estero di attesa-agguato. O di catenaccio-attesa, se serve. Aver bloccato il Real senza il miglior Tevez e con uno dei peggiori Pirlo della storia, dilata i meriti. Ne abbiamo parlato migliaia di volte, in chiave internazionale il Conte dei tre scudetti consecutivi credeva più ai fatturati che ai fatti. Precettato d’urgenza, Allegri ci ha messo la pazienza e la semplicità dell’allenatore che sa di avere per le mani una squadra non da rifare ma da spalmare. Fatte le debite proporzioni, la staffetta mi ha ricordato quella tra Sacchi e Capello.
Chi scrive, era partito con Real 60% e Juventus 40%, per poi scendere, dopo il 2-1 di Torino, a 55% e 45%. Felice di essermi sbagliato. E felice di essermi sbagliato anche sull’impiego immediato di Pogba, in imbarazzo per un tempo e poi più sciolto, più coinvolto, come certificano la sponda del pareggio e l’occasione sciupata. C’è stato Real finché c’è stato Benzema, il cui ritorno ha permesso a Bale, se non altro, di tornare all’ala, ruolo e settore che ne stimolano le qualità di corsa e di tiro.
In finale va la Juventus di Agnelli presidente operativo e gran tagliatore di nodi (Del Piero, Conte); di Marotta, i cui mercati faranno anche sbellicare dalle risate i maniaci ma poi scopri: quattro scudetti, finale di Champions, finale di Coppa Italia con la Lazio (mercoledì prossimo) e allora, bè, ridiamoci pure su; la Juventus di tutti; di attaccanti più feroci sotto porta, di una duttilità tattica fuori del comune; di umiltà. E poi gli dei, lassù: raramente di cattivo umore. Grazie a todos, anche a loro.
I migliori: Buffon, Morata e Marchisio. «Bello poter dire: si vedrà», avevo scritto nell’ultima analisi. Dal Lucento a Berlino, però quella squadra ne ha fatta di strada.
===
Le mie pagelle:
Real Madrid: Casillas 6,5; Carvajal 6, Varane 6, Sergio Ramos 6,5, Marcelo 6,5; Isco 6, Kroos 5,5, James Rodríguez 6; Bale 6, Benzema 6,5 (dal 22’ s.t. Hernandez sv), Cristiano Ronaldo 6. Allenatore: Ancelotti 6.
Juventus: Buffon 7; Lichtsteiner 5,5, Bonucci 6,5, Chiellini 6,5, Evra 6; Marchisio 7, Pirlo 5 (dal 34’ st Barzagli sv), Pogba 6 (dal 43’ s.t. Pereyra sv); Vidal 6,5; Tevez 6, Morata 7 (dal 37’ s.t. Llorente 6,5). Allenatore. Allegri 7.
Arbitro: Eriksson 6 meno. Sul rigore di Chiellini, giudica bene perché in ottima posizione; in mezzo al campo, viceversa, prende molte decisioni contraddittorie.
Gentile Nick, le chiedo scusa ma non leggo giornali italiani. Soprattutto la Gazzetta, non attendibile dai tempi di Calciopoli (vi scrivo solo, una volta la settimana). O quando fa comodo è attendibile?
non vorrei dire … ma ve l’avevo detto…………
Scritto da ezio maccalli il 14 maggio 2015 alle ore 10:19
Avvistato ex allenatore in fila alla mensa della “caritas”
Scritto da ezio maccalli il 14 maggio 2015 alle ore 10:16
Saltare fuori ora, dopo quattro anni di trionfi, nella serata della conquista della finale più ambita e riproporre un canovaccio vecchio di quattro anni è da tifosetti.
Se c’è uno che ha toppato clamorosamente le previsioni e le aspettative di una società e della sua tifoseria è il Conducator, il ducetto del salento.
Non si faccia illusione, nessuna grande società di navigazione affiderà mai la propria ammiraglia ad uno che abbandona la nave nel bel mezzo della navigazione…
Scritto da teodolinda56 il 14 maggio 2015 alle ore 10:00
_________________
STANDING OVATION, non serve aggiungere altro
La copertura di Tavecchio alla JS: La questione è ancora “aperta”. Per la partita contro l’Inghilterra sono stati coperti sia il 32 all’ingresso che i simboli sugli spalti relativi ai due scudetti incriminati. Questo ha suscitato legittimi risentimenti da parte dei tifosi juventini, me compreso, nei confronti del Presidente Andrea Agnelli. Nel Settembre 2013 gioco’, per la prima volta, la nazionale allo Stadium, per l’occasione fu lasciato scoperto il 30 all’ingresso ma furono coperti i due simboli sugli spalti, una specie di via di mezzo.
Relativamente a questo, le mie considerazioni, riguardo il comportamento del Presidente le ho fatte, ma non devo spiegazioni a macchiette vedovelle che usano questo episodio, in maniera strumentale, per gettare fango addosso ad Andrea Agnelli, reo di aver sostituito l’omino di Lecce con Allegri. Nel 2013, ad omino di Lecce regnante, frego’ un cazzo alle vedovelle inconsolabili di cosa fu coperto allo Stadium.
Gent. Beck, ho dovuto fare un lungo giro per trovare la Gazzetta qui a Bruxelles, finalmente l’ho trovata come ultimo esemplare in un distributore di benzina. Volevo verificare se quanto ho affermato era da “ubriachi” come dice lei. Ebbene, leggo sulla rosea che Vidal è stato il migliore e gli danno un bel “8″, meritatissimo secondo me. Evidentemente siamo in tanti ad aver visto il match con le bollicine in testa. Commento lapidario della Gazetta sul guerrero: “morde, ruba, imposta: con un Vidal cosi la Juve gioca in 12″.
Bon dimanche!
Concordo con Giancarlo, se i panchinari non giocano le partite inutili francamente non vedo a cosa serva pagargli lo stipendio. Poi hai visto mai che anche con Padoin, Ogbonna, Pepe, ecc.. facciamo risultato con prescritti e kabul… sai le risate!
Beh, Nino, la spiegazione potrebbe essere questa: quando uno decide di “affittare”, di cedere anche momentaneamente lo Stadium ad un terzo, il terzo poi decide come arredarlo…..
dopo lo scempio di Porcopoli non speravo più, causa l’età, di aver tempo per ritrovare nuovamente i colori bianconeri in finale Champions
e invece è successo e mi sento leggero e appagato, e nemmeno mi disturba pensare che forse la finale non la vinceremo, perchè il cammino percorso dal 2006 è stato per me molto di più che vincere la Champions, è stato come l’impresa leggendaria di Walter Bonatti in solitaria, contro tutto e contro tutti, ed è una sensazione stupenda
P.S. per Alex: per la copertura di Tavecchio allo JS invece non ho cambiato posizione su AA: non lo doveva permettere e ci doveva – e ci deve – una spiegazione
Questa Juve in Champions mi ricorda un po’ quelle squadre che fecero imprese da sfavorite, l’Italia nel 1982 e 2006, il Verona nel 1985, etc.
Il calcio è bello anche perché con l’organizzazione, l’umiltà, la coesione, la “garra” di squadra, si possono raggiungere obiettivi insperati. Certo, tutto deve andare al posto giusto; devono stare bene i giocatori fondamentali, la componente della buona sorte a favore, gli avversari non nel periodo migliore, etc.
Ma sognare si può, inerzia positiva ed entusiasmo non mancano, l’impresa è fattibile, in caso negativo grazie lo stesso!
Nel 2006 avevo trascritto il finale di un suo articolo, certo che un giorno sarebbe tornato attuale. Mi è venuto in mente ieri sera… “Cara nemesi, goditi questo momento di gloria. La Juve ferita e
spogliata dei suoi gioielli ti aspetta al varco. Non vorrei essere nei tuoi
panni, quel giorno.”
Scritto da alèmichel il 14 maggio 2015 alle ore 11:20
non concordo, siamo a fine stagione, in ordine di usura:
Cicciobrutto
Mastro Pirlo (aka il merlettaio di Flero)
la littorina del Bernina
Patrizietto
Chiello
Psyco
Barzaglione
necessitano di tirare il fiato, giocheranno tutti mercoledì prossimo, poi preparazione mirata per il 6/6.
Aggiungerei il Principino, a partire da sabato dopo la partita e Artù a partire da mercoledì dopo la finale di coppa.