Oggi, venerdì 29 maggio 2015, corre il trentesimo anniversario della strage dello stadio Heysel di Bruxelles. Juventus-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni: 39 morti. Vittime della ferocia di hooligans ubriachi, della negligenza degli organizzatori belgi, della miopia dell’Uefa.
Come molti di voi, c’ero anch’io, inviato della «Gazzetta dello Sport». Come pochi di voi, lo status di giornalista mi permise di telefonare a casa con ben altro agio rispetto ai vostri triboli.
Molto è stato scritto e molto è stato detto sul prima, sul durante e, soprattutto, sul dopo di quell’immane massacro. Ognuno di voi custodisce ricordi, emozioni, rabbia.
«Morire sul campo» era e resta un modo di dire che, per una sera, diventò un drammatico modo di fare.
Trentadue italiani, 4 belgi, 2 francesi, 1 irlandese. Si chiamavano:
Rocco Acerra (28 anni), Bruno Balli (50), Alfons Bos (35), Giancarlo Bruschera (35), Andrea Casula (11, il più giovane), Giovanni Casula (44), Nino Cerullo (24), Willy Chielens (41), Giuseppina Conti (17), Dirk Daeneckx (38), Dionisio Fabbro (51), Jaques François (45), Eugenio Gagliano (35), Francesco Galli (25), Giancarlo Gonelli (20), Alberto Guarini (21), Giovacchino Landini (50), Roberto Lorentini (31), Barbara Lusci (58), Franco Martelli (22), Loris Messore (28), Gianni Mastroiaco (20), Sergio Mazzino (38), Luciano Rocco Papaluca (38), Luigi Pidone (31), Benito Pistolato (50), Patrick Radcliffe (38), Domenico Ragazzi (44), Antonio Ragnanese (29), Claude Robert, Mario Ronchi (43), Domenico Russo (28), Tarcisio Salvi (49), Gianfranco Sarto (47), Amedeo Giuseppe Spolaore (55), Mario Spanu (41), Tarcisio Venturin (23), Jean Michel Walla (32), Claudio Zavaroni (28).
Promessa: non sarete più soli.
La tragedia dovrebbe insegnare il rispetto nei confronti di chi tifa per altre squadre. Dovrebbe insegnare che vanno attaccate le idee e nn gli uomini che le esprimono, parlando sempre di calcio. Dovrebbe insegnare l’assurdita di coltivare acrimonia verso altre persone solo in quanto interisti o milanisti o chi volete voi. E magari perche no..sciogliere una volta per tutte i gruppi organizzati. Ognuno vada allo stadio per i fatti suoi e tifi per la propria squadra.
Va benissimo, Massimo, spero pero’ sia chiaro che non essere d’accordo con l’opinione espressa da chi ha sofferto la perdita di un caro, non significa non rispettarne il dolore. Come è gia’ stato detto, il dolore è privato, ma la “questione coppa” è di tutti gli juventini, per cui si puo’ contestarne l’opinione e allo stesso tempo rispettarne il dolore.
Axl
intendo che potrei non essere d’accordo con l’opinione espressa da uno che ha perso dei cari in quell’inferno. Ma nn me la sentirei di contestarlo proprio per quel che gli è costato l’Heysel.
Anche perché lui non è lì a raccontare il suo dolore.
Ma a portare avanti una lunga battaglia, fatta con coscienza e determinazione.
Sinceramente non conosco l’opinione di tutti i parenti delle vittime dell’Heysel , ma presumo che tra loro ci sia chi è dell’opinione opposta, per cui…….
@ massimo e Claudio
Capisco quello che dite e che dice anche Riccardo.
E come ho detto a Riccardo e’ sacrosanto.
Però se come giustamente ha fatto notare ieri sera il figlio di Lorentini, dopo anni che il nonno non è stato considerato o poco, devi argomentare in modo opportuno, forte credibile, ne va delle tue ragioni e di tutto il lavoro che ha fatto il nonno in 30 anni.
La tragedia dovrebbe appartenere a tutti gli appassionati di calcio, a tutti i tifosi, e magari ispirare qualche riflessione sulla natura umana, capace dei peggiori obbrobri, quali assaltare dei tifosi inermi, ma anche esultare per una coppa vinta, dopo quella tragedia. Ma anche slanci di generosità quali quello di Lorentini o come quello di un tifoso del Liverpool che salvo’ la vita ad una ragazza italiana, in mezzo a quel caos, adesso mi sfugge il nome, praticandole respirazione artificiale. La ragazza rimase in coma diversi giorni, ma poi si riprese ed oggi gode di ottima salute. Io non mi tiro indietro, io “forse sapevo”, almeno nell’altra curva qualche voce di “feriti e ci sono anche dei morti”, circolava. Ma non ci volli credere, ero lì per la Juve, per la partita, per la Coppa. Ho letto De Pasquale, almeno in questa occasione il beneficio del dubbio voglio concederlo anche a lui, costernato per le scene di giubilo nelle piazze dopo la partita. Lo capisco, io ero a Bruxelles, ma mica sono sicuro che se fossi stato in Italia, quindi con notizie certe, NON sarei sceso in piazza a festeggiare, come non sono sicuro che LUI non sarebbe sceso, fosse stata una partita dell’Inter. Magari poteva evitare di intervenire solo per rimarcare l’aspetto dei tifosi juventini, tanti o pochi che fossero, festanti, qualche riflessione in più,e di diversa natura poteva scriverla. Ma tant’è. Sarebbe come se io ricordassi SOLAMENTE che a Firenze, pochi in verità ’, qualcuno scese in piazza per festeggiare, si, ma i morti. Perché accadde anche questo. Le morali susseguenti le lascio a chi ne è’ capace, Soc he ogni volta che allo stadio vedo tafferugli, o leggo notizie di incidenti, di accoltellamento, il pensiero mi corre all’Heysel e forse, se oltre ai daspo, si obbligasse i responsabili a guardare per una settimana intera, ininterrottamente, le immagini della disperazione dipinta sui volti di quella serata….forse…
Occhio Massimo, io, e parlo per me, non contesto il diritto di chi ha perso un figlio, un padre o una figlia a dire quello che gli pare, come gli pare, non deve affatto stare attento a come si esprime, contesto il preteso peso maggiore dell’opinione espressa.
Ho perso.un figlio, un padre, una figlia e devo stare attento a come mi esprimo? Capisco la ricerca della razionalizzazione ad ogni costo, pero mn scherziamo dai.
Aver vissuto.in prima persona quella vicenda credo dia un peso superiore all’opinione espressa. Quelle persone che hanno perduto dei cari possono dire quello che vogliono sulla questione e.per.rispetto di quanto hanno vissuto si dovrebbe stare zitti.
Diverso chi vi ha solo assistito da spettatore e strumentalizza il fatto per dare addosso alla Juve. Quelli che “avete rubato la.coppa” e “la coppa andava restituita”.