Sarebbe piaciuta a Esopo, la favola che Claudio Ranieri ha intitolato «Le volpi e l’uva», anche perché i contenuti sembrano fratelli. Solo il finale è diverso. Nelle versione originale, la volpe, spinta dalla fame, tentò di raggiungere un grappolo là in alto. Non riuscendoci, esclamò: «Nondum matura est». Non è ancora matura. Nella versione moderna, le volpi, the foxes, non hanno mai smesso di saltare e, alla fine, ci sono riuscite, l’hanno presa. Era matura.
Così il Leicester, questo Dorando Pietri alla rovescia, sempre sul punto di crollare e mai crollato, è campione d’Inghilterra per la prima volta nella storia, 24a. società inglese ad aggiudicarsi il titolo. Il timbro ufficiale è arrivato dal rissoso 2-2 tra Chelsea e Tottenham, l’unico avversario scampato alla decimazione.
Lo davano 5000 a 1, in estate. Si era salvato in extremis, aveva reclutato sì e no tre pezzi: N’Golo Kanté, Christian Fuchs, Shinji Okazaki. E poi l’allenatore. Claudio Ranieri chi? Il camaleonte solido. L’eterno secondo (con la Juventus, con la Roma, quando riuscì a perdere uno scudetto vinto, con il Monaco, con lo stesso Chelsea prima dell’era Mourinho). Quello che a Torino chiamavano, con sarcasmo, il «cantante».
Si parlerà a lungo, del suo Leicester, della sua impresa. E di Jamie Vardy, il centravanti della fabbrica accanto. E di N’Golo Kanté, il trottolino amoroso pescato a Caen. E di Ryad Mahrez, l’algerino dal dribbling alla «guarda come dondolo, guarda come dondolo» scovato a Le Havre. E di Kasper Schmeichel, figlio di Peter, il lucchetto di casa Ranieri. Già si pensa di fare un film, delle volpi e della loro uva.
Siamo di fronte a una splendida fiaba laica, dal momento che, come ha scritto Marco Iaria sulla «Gazzetta.it» del 28 marzo, «una provinciale come il Leicester in Italia farebbe parte della ricca borghesia. L’anno scorso, da neopromossa, ha avuto un fatturato di 137 milioni di euro, il quinto della A, di cui ben 97 dai diritti tv (nonostante «solo» il 14° posto in Premier), cioè 3 in più della Juventus (che poi vi ha aggiunto il malloppo della Champions); si è potuta permettere 75 milioni di stipendi come la Fiorentina, non lontano dal Napoli (85), e ha chiuso con 41 milioni di profitti senza fare plusvalenze».
Leicester, «culla» di Gary Lineker, è una città di 280 mila abitanti. I proprietari del club sono gli Srivaddhanaprabha, miliardari thailandesi che devono la loro ricchezzza all’impero del Duty Free e a una catena di alberghi. Il polo, per loro, veniva prima del calcio. Da oggi, forse non più. Nessun dubbio che Ranieri, «parlando poco di tattica e molto di gruppo», abbia compiuto un prodigio. Sui livelli, penso, di quello che Brian Clough realizzò a Nottingham, portando il Forest all’unico scudetto della sua storia con l’aggiunta di due Coppe dei Campioni. Uno scudetto, Clough l’aveva già vinto a Derby. Ranieri no, era «vergine». C’era poca televisione, a quei tempi, e l’emozione grande (nondum matura erat) scivolò negli almanacchi e lì giacque, come una lapide, a debita distanza dalla memoria.
A me viene in mente il Verona di Osvaldo Bagnoli, metà degli anni Ottanta, quando i diritti tv e la sentenza Bosman non avevano ancora sventrato gli equilibri. Ma persino quel Verona ci arrivò per gradi, alla cima, non un giorno all’improvviso. Il Leicester pratica un calcio che non è tiki taka e neppure catenaccio, molto verticale, molto solidale. Ranieri non ha inventato nulla. Ha solo creduto, e fatto credere alla sua gente, che dal nulla si potesse inventare qualcosa. E se le cicale storiche della Premier – dal Manchester United al City, dall’Arsenal dal Chelsea, al Liverpool – erano distratte o si sono perse, evviva le formiche.
Adesso, però, scusatemi. Salgo anch’io sul carro del Leicester. Io che scrissi «Ranieri graffia ma non morde». Sono in ritardo.
A parte ciò che ho scritto sopra, proprio non mi viene in mente nessun motivo per il quale dovremmo abbandonare l’attuale modo di fare la minestra per “avventurarci” nell’ignoto calcistico rappresentato dalla maniera di fare calcio (ovviamente attualizzata al 2016) di Marcello Lippi o del primo Fuggitivo.
Scritto da bilbao77 il 4 maggio 2016 alle ore 14:26
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Applausi per lo stile specie della chiusa:
ma con Marcello in panca abbiamo avuto anche noi 4 anni paragonabili al quadriennio del Pep in Catalogna, facendo 4 finali di coppa (1+3) consecutive, di cui, purtroppo, una sola vinta (e le altre due sappiamo COME furono perse)…ma non ci siamo saputi VENDERE bene (nel senso del marketing);
il primo anno di Conte NON giocammo in Europa, il secondo ed il terzo il gioco era ben diverso, pur essendo stata migliorata la rosa (e non di poco).
Direi che anche a me piacerebbe molto che il Tuo sogno si avverasse; ma se deve andare male così, con Re Mida in panca e nuovi trofei in bacheca, beh, pazienza….me ne farò una ragione.
(…) Val la pena cambiare, se cambiando aumentano le possibilità di raggiungere l’obiettivo. Questo come concetto generale, entrando nello specifico della Juve, cercare di cambiare “lo stile di gioco”, guarda un po’, è proprio quello che ha cercato di fare Allegri nei primi mesi….(…)
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Esatto. Ci ha provato, ha toppato ed è stato saggio a tornare a fare quello che la squadra ha sempre fatto.
Per me è indice che non è ingrado di portare il gioco e la squadra ad un livello di gioco superiore.
Per questo lo congederei, avendo un’alternativa pronta (ovvio che se non fosse il caso, me lo terrei, ma per averla bisogna cercarla, e la società legittimamente mi pare contentissima di Allegri.
Riconfermo che il Max mi piace moltissimo come comunicatore e come si pone all’esterno.
Scritto da Riccardo Ric il 4 maggio 2016 alle ore 12:58
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Cominciamo col dire che scrivo quello che è valido e giusto secondo me.
Poi il cambio di stile lo voglio perchè:
da amante viscerale di questo sport, voglio che il mio gusto estetico (e quello di tutti coloro i quali compartono la stessa opinione) venga appagato, e che le partite della mia Juventus diventino quanto più frequentemente possibile, delle opere d’arte che diano lo stesso piacere che si prova ad ammirare i Bronzi di Riace piuttosto che la Cappella Sistina;
pretendo che la Juventus FC diventi un marchio distintivo, un’idea di gioco piacevole riconoscibile a Shanghai come a Valparaiso, a Doha come a Toronto. Voglio che nei bar di una qualsiasi sperduta parte del pianeta, la saletta che trasmette le nostre partite sia stipata per lo meno quanto quella dove si può vedere Crystal Palace-Norwich, che sarà quel che è ma che gode del marchio EPL;
voglio che questa società si sieda permanentemente accanto ai giganti economici di questo sport e siccome ho capito benissimo da tempo che la proprietà della Juventus non si comporterà come sceicchi od oligarchi russi (e la cosa non mi fa di certo perdere sonno), voglio che la mia società incrementi l’efficacia del marketing e conseguentemente le entrate da sponsor più munifici e dal merchandiing, e francamente non conosco metodo più efficace di continuare a vincere, offrendo però uno spettacolo calcistico di alto livello che attragga, in tutti gli angoli del globo, sempre più tifosi, simpatizzanti…amanti della nostra prestigiosa società. E questo lo si può ottenere solamente scovando i Pogba o i Dybala del futuro, costruendo un progetto pluriennale sugli stessi, fidelizzandoli pagando il giusto per le nostre tasche, e consegnando quel ben di Dio nelle mani di un allenatore che abbia ben stampato in mente la missione di cercare di vincere divertendo.
Non si può tollerare che una società come gli olgettini, ridotta oggi ad allungare il cappello in attesa di una elemosina cinese, sia decisamente più conosciuta e tifata nel mondo, grazie sicuramente alle 5 Coppe dei Campioni/UCL vinte durante l’era del Cav. Pompetta (più altre 3 finali di contorno), ma anche al fatto che è universalmente rionosciuta come portatrice di bel gioco. Persino ora che sono con le pezze al culo da un po’ di tempo, sono il club italiano più famoso nel mondo e tali rimarranno, stante le cose.
Il Barcelona, che qui viene stupidamente denigrato, sino a 10/12 anni fà non valeva un’unghia della Juventus, poi ha cominciato a vincere giocando un calcio scintillante che ha mandato al manicomio i suoi avversari. Quei 4 anni di guardiolismo hanno cambiato per sempre quel club, come e più di quello che aveva fatto Johan Crujiff…il suo papà calcistico. Adesso le maglie el Barcelona si trovano a frotte ovunque.
A parte ciò che ho scritto sopra, proprio non mi viene in mente nessun motivo per il quale dovremmo abbandonare l’attuale modo di fare la minestra per “avventurarci” nell’ignoto calcistico rappresentato dalla maniera di fare calcio (ovviamente attualizzata al 2016) di Marcello Lippi o del primo Fuggitivo.
Un ottavo di champions, prima che il mononeuronico (non è un insulto vero?..è’ un dato di fatto…)intervenga…
Le due sfide contro il Bayern possono avere diverse letture. Secondo me, la qualificazione ce la siamo giocata a Torino, nella prima ora di gioco. Un po’ di timore reverenziale ed una impostazione non adeguata alla partita, Allegri pensava di riproporre il canovaccio della partita contro il Napoli, solo che il Bayern è un po’ più forte. Una volta due a zero sotto, più niente da perdere, rotti i legami mentali e tattici, li abbiamo aggrediti ed abbiamo agguantato il pari. Stesso discorso a Monaco, obbligati a vincere in trasferta li abbiamo aggrediti, disputando un’ora di gioco a livelli altissimi, ma veramente altissimi. Ed il terzo goal ci stava tutto. Dopodiché in quella partita i cambi, Mandzukic e Pereyra, hanno reso meno delle aspettative. È’ difficile determinare quanto fosse davvero stanco Morata. E poi Evra, al 92esimo. Poi personalmente vorrei chiedere ad Allegri perché Hernanes non era abile per disputare una semifinale di coppa Italia ed invece adatto ad una semifinale di champions, ma tant’è. Rimane che, a prescindere dalla singola partita, dal singolo episodio, dalla singola scelta di formazione o sostituzione, il lavoro di Allegri e’ stato immenso, in questa stagione. Ho perso il conto, mi pare 25 vittorie in 26 partite denotano una forza mentale e motivazionale mostruosa ed anche su questi aspetti la mano dell’allenatore è’ fondamentale. Il cappotto volato a Carpi è’ indicativo, tanto algido e composto in conferenza stampa, (lo adoro) quanto incisivo e concreto negli aspetti che contano.
Fabrizio oggi mi trovo particolarmente in accordo con te.
Per la questione Allegri, prima di tutto si devono riconoscere i meriti dell’allenatore ma è opportuno segnalare anche i demeriti soprattutto all’inizio di quest’anno quando ha pensato di poter fare “il fenomeno”.
Per la questione champions mi sembra che i primi a pensare che questa sia stata un’occasione psrecata siano proprio i giocatori e perciò speriamo che la dirigenza li assecondi nei lroro desidarata per il prossimo anno.
Oddio…mi è rimasto un quasi nella tastiera, chiedo venia.. Quasi tutti giovani, in buona parte giovani, prevalentemente giovani,
Allora, i complimenti ad Allegri sono doverosi visti i risultati del suo biennio, ci mancherebbe.
Quando però si parla di intelligenza, mosse, gestione ecc. ricordiamoci sempre che:
1) L’anno scorso si é ritrovato un telaio forte da toccare il meno possibile
2) Quest’anno per tornare a un rendimento elevato é bastato (o stato necessario, fate voi) tornare alla difesa a tre contiana, abbandonando le fregole di schieramenti a quattro e trequartisti
3) Ci avesse messo meno tempo a sdoganare Dybala e a considerare “pronto” Alex Sandro, e avesse avuto meno alzate d’ingegno a inizio stagione, il campionato avrebbe probabilmente avuto meno pepe.
Poi per carità bene così, però relativizziamo eh.
sui rimpianti (poi basta per un po’, eh!):
in coppa non ci sono mai sicurezze ed ho già scritto che l’Atleti è aversario difficilissimo per chijunque, ma con tutto quello che si è scritto e letto, continuo a ritenere che la squadra di quest’anno sia più forte di quella dell’anno scorso e che soprattutto saremmo arrivati ad una eventuale semifinale in condizioni migliori, anche senza Marchisio e Cáceres (a Monaco non c’era Dybala, tra l’altro).
Buona giornata a tutti.
Scritto da alex drastico il 4 maggio 2016 alle ore 13:14
scusa tanto se non sono stato chiaro, ma mi rifiuto di credere che azioni come quella citata (o altre che coinvolgono qualche inserimento di Khedira o di A.Sandro – e ne ho volutamente scelta una NON finita in gol) non incontrino (anche) il Tuo gradimento;
poi ci si può sempre chiedere se siano state lungamente provate in allenamento o frutto della fantasia dei singoli…
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Su Guardiola: certo che ha adeguato il gioco, crossare per Messi (o per “lo spazio”) non ha lo stesso senso che fare crossare Ribery, Robben, DouglasCosta o Coman per Lewa o Mueller (ahinoi)…
se poi hai Llorente ma Licht centra regolarmente il difensore, può non essere una cattiva idea mettere Fernandone a creare spazi per gli inserimenti di Carlitos….