Sui rigori Francesco De Gregori ha le sue idee (non è da come si tirano che eccetera eccetera) e io le mie, ma non è questo il punto. Il punto è che la Germania continua a non batterci tra Mondiali ed Europei, e sono già nove partite, ma va in semifinale e noi a casa.
Credo che la Nazionale di Antonio Conte più e meglio di così non potesse fare. Ha denudato il Belgio, chiuso il ciclo della Spagna, rimontato e bloccato i campioni del Mondo. La stoffa era quella che era, il migliore è stato il sarto, anche se non ho capito i pochi minuti concessi in generale a Insigne e, nel dettaglio, l’idea di Zaza rigorista. Così, a freddo. Van Gaal, ai Mondiali, lo fece con il portiere e gli andò bene. A Conte è andata male.
Abbiamo giocato fin dall’inizio con la testa e con il cuore, consci di limiti che l’adesione quasi settaria al verbo del ct ha permesso di trasformare in risorse. La Germania, per confonderci, si è adeguata ai nostri schemi, adottando la difesa a tre. In sede di pronostico, avevo buttato lì uno spericolato 1-0. Non abbiamo mai tirato in porta (loro, almeno un paio di volte). Certo, la Germania rappresenta il meglio che oggi passa il convento. Noi non più.
Però che dedizione, che dignità , da Buffon in su, fino ai De Sciglio e ai Darmian degli ultimi dischetti. Mancavano Marchisio e Verratti, strada facendo abbiamo perso Candreva e De Rossi, Conte non ha lasciato a casa nessun Messi e nessun Cristiano Ronaldo. Consegna a Ventura una rosa limitata ma con un paio di attributi grandi così.
La Juventus a Monaco con il Bayern, la Nazionale a Bordeaux con la Germania. Storie di imprese sfiorate, di rimpianti che affiancano i rimorsi, di sudore, di lacrime.
E’ la pioggia che va, e ritorna il sereno.
Lex: se arriva Benatia e va via Rugani non rispondo di me stesso.
@Fabrizio : il difensore ormai si è capito che sarà Benatia.
Sul centrocampista e l’attaccante, bisognerebbe mettersi d’accordo per cosa s’intende per “grande”…….
I RIGORI, QUESTI IMPOSTORI (QUANDO SI PERDE)
I rigori. Questi impostori (quando si perde). Seduzione e sedizione, sfida di occhi, simulazione di stati d’animo, abilità , lotteria. Vi consiglio, sull’arte e la psicologia del penalty, «Undici metri» di Ben Lyttleton. Affronta il tema in maniera sistematica, alla ricerca di un Big Bang che sia, possibilmente, razionale e non solo emotivo.
Francesco De Gregori li ha cantati nella «Leva calcistica della classe ‘68», schierandosi dalla parte di Nino (e, dunque, immagino, degli Zaza e dei Pellè, degli Schweinteiger e dei Muller di turno): non abbiate «paura di sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia».
I rigori a fine partita. I più crudeli. I più bastardi. Perché, se non nella cadenza della roulette russa che li raffigura, non ci sarà dopo, non ci sarà appello. Fino alla fine: ma poi, la fine. Il 9 luglio celebreremo il decennale del muro di Berlino e del titolo che da quelle pietre gloriosamente penzola. Pareggiammo con la Francia e poi, dal dischetto, li azzeccammi tutti. Nell’ordine: Pirlo, Materazzi, De Rossi, Del Piero, Grosso. La traversa di Trezeguet segnò il confine. Di qua, il delirio. Di là , il silenzio.
Gli allenamenti servono poco, per preparare le tombole «extra». La tensione, la fatica, il logorio, gli acciacchi non si inventano, non si ricreano, non si trasportano. Bonucci l’ha realizzato durante e fallito dopo. Zico, in Francia-Brasile dei Mondiali 1986, fece il contrario: lo sbagliò in partita e lo trasformò nella serie. Non esistono ricette sicure, universali.
Ho visto errori che voi umani, da Platini a Maradona, da Baggio a Messi. Nella finale del 1984, Falcao non se la sentì: e il Liverpool si portò a casa la coppa dei Campioni. Pure Matthaeus esitò nella finale tra Argentina e Germania dei Mondiali ‘90. Brehme capì al volo e andò lui. Per questo, non condanno né la pitorresca haka di Zaza né l’infantile mimica di Pellè, prologhi di rigori calciati male. Con strazio e con paura, ma calciati. Alla goffaggine e alla provocazione privilegio il coraggio.
Balletto a parte, Zaza ha tirato dove aveva tirato la Pulce nella «bella americana» tra Cile e Argentina. E già che ci siamo, prima di lui l’aveva sbagliato Vidal, uno del ramo.
In quei casi, le gerarchie vanno a farsi benedire. L’allenatore o il ct passa in rassegna i superstiti, li guarda negli occhi, li confessa, e in cuor suo si domanda: sarà Waterloo o sarà Austerlitz? L’ha fatto Lippi, l’hanno fatto Conte e Loew. Lo fanno tutti. Capisco che lo Zaza spedito in campo esclusivamente per il rigore possa aver suscitato delle perplessità e agitato almeno un dubbio: ma allora, perché non De Rossi? Si era agli sgoccioli degli sgoccioli, e il romanista sì che, come Candreva, figurava tra i rigoristi.
All’ultimo momento utile di Olanda-Costa Rica, ai Mondiali brasiliani, Van Gaal non si giocò un attaccante ma un portiere, addirittura: Krul. Gli andò bene, diventò un mago. Il paragone è un po’ forzato ma spero che renda l’idea di cosa passa per la testa in quegli attimi così fuggenti, così estremi, così fatali. I tedeschi non falliscono una sessione dal 1976: da quando, cioè, Panenka li raccolse con il cucchiaio. E non ne sbagliavano uno dal 1982 (Stielike). Lyttleton ho coinvolto professori e specialisti, tecnici e giocatori. In generale, vince la squadra che tira per prima e segna. Di solito: non a Bordeaux, sabato. Non bisognerebbe guardare il portiere negli occhi. Si sconsiglia di cambiare la direzione scelta. Si suggerisce di ridurre al minimo la rincorsa, di attendere la mossa dell’avversario.
La pressione è tutta sull’attaccante. Nella celeberrima finale tra Barcellona e Steaua del 1986, Duckadam li parò tutti: quattro su quattro. E nello spiegare l’impresa, anticipò «Palombella rossa» di Nanni Moretti. In sintesi: «Dopo il primo, ho pensato a cosa stesse pensando chi avevo di fronte, “cambio angolo per confonderlo o tiro dalla stessa parte perchè magari, in cuor suo, immagina che cambierò?” E così via».
Poi l’arbitro fischia. E rigore è.
ROBERTO BECCANTINI
Lex, lo so che manca molto e che l’europeo complica le cose, ma io penso che bisognerebbe consegnare all’allenatore la rosa completa o quasi all’inizio del ritiro. Il “quasi” sta per l’occasione, la ciliegina sulla torta, invece di solito Marotta si tiene le torte (in faccia) per gli ultimi giorni: l’anno scorso la gestione é stata da dilettanti, tra la cessione-regalo di Vidal, l’acquisto tardivo di Alex Sandro e quello ridicolo di Hernanes e Lemina. Quest’anno abbiamo piazzato Pjanic e Dani Alves, ok, ma manca un difensore, un grande centrocampista e una grande punta. E un sacco di gente da mandar via.
Molti work in progress. Vedremo.
ADL si è specializzato a generare plusvalenze…
Ma Hamsik no, dai….
Questa sera simpatizzo per la vomitevole compagine lusitana con l’asso nella manica Trivela. Qualcuno lo dovra’ pur fare.
Quello dell’Inda lo chiama napoluccio….
Napoluccio che vi fa un coso così…..
Ecco, se non ne spendono 20 per un potenziale crack di 21 anni e ne mettono 30 o più per Hamsik sono da ricovero.
Se uno ha già Hernie che ca…o se ne fa di Hamsik….
Peppino vai a mare, e fai il bravo….
Tira un’aria viziata intorno al Napoluccio .