Il caldo, d’accordo, con tanto di time-out refrigerante. E il fatto che il calcio d’agosto è un calcio un po’ così, stravagante più che seducente, un’officina presa per una pista: d’accordo anche su questo.
Valeva per la Lazio, valeva per la Juventus. Ecco (anche) perché la partita è stata un noioso sudario. La Juventus era lontana, lontanissima, dalla Juventus che per un tempo, di sera, aveva spaventato la Fiorentina. Simone Inzaghi, in compenso, era passato alla difesa a tre, o a cinque in base alle esigenze, la qual cosa depone a favore del suo realismo. Dieci minuti di bollicine e poi un’attesa paziente, mirata. De Vrij controllava il traffico ai valichi, Bastos e il fratello di Lukaku mordevano i rari turisti. Con Felipe Anderson e Lulic sgommanti e invocanti cartucce.
Molti gli errori di misura. Troppi. Allegri è un cacciatore di qualità. A suo modo, con quell’aria non certo paragonabile al fanatismo di Conte (a proposito: che bello, il suo Chelsea odierno): a volte non lo capiamo, a volte non si fa capire.
L’assenza di Bonucci e di Pjanic ha tolto idee e precisione all’impostazione, affidata alle piroette di Dani Alves e al nomadismo, non sempre sincronizzato, di Khedira, Lemina e Asamoah. Al punto che, lo avrete notato, toccava a Dybala arretrare per accendere la luce. Con il risultato, spesso, di lasciare al buio Mandzukic.
Poi, è chiaro, la Juventus è la Juventus (in Italia). Ha spolverato l’argenteria, ha profittato del calo laziale, ha mandato in gol quel Khedira che, già a segno con i viola, sa inserirsi come pochi. Higuain era appena entrato. La sua dieta continua. A margine, ma non troppo, mi sono piaciuti Bastos e Benatia. Sei punti a zero: al Bar Zagli avrebbero brindato ma, per ovvi motivi, non l’hanno fatto. Italia forza.
ma non si era detto che quello la’ smetteva di lasciare la bava purulenta in questo spazio ?
cosa c’e’ dinozoff ? ti brucia il culo ? non tel o avevano detto che finiva cosi? per quale motivo i l tar dovrebbe decidere su un evento gia’ sentenziato e definito ? L’unica cosa che manca e’ la galera per quel Delinquente diMoggi .Ci andiamo noi a Strasburgo a farlo presente.
Sí. Loro passano dagli innesti (fisici o psicologici) alla rimozione degli stessi, per poi ricominciare, in un loop infinito di dissiociazione psichica e di piacere corporale.
analisi perfetta.
Sono loro. Senza alcun dubbio.
Divertente analisi antropologica delle tifoserie.
http://www.juventibus.com/dimmi-per-chi-tifi-e-ti-diro-chi-sei-la-guida-simbolica-al-tifo-italiano/
Quello sui Suini(ng)-Pisciatombe merita anche un ulteriore copia&incolla ad hoc:
………………………………………………..
L’INTER: LA RIMOZIONE E L’AUTOINGANNO
Negli ultimi quindici anni, il più grande cambiamento sul piano del posizionamento simbolico e dello sviluppo dell’identità, riguarda senza dubbio il caso clinico dell’Internazionale Football club e dei suoi tifosi. Il grande spartiacque è stata l’inchiesta Calciopoli. Fino a Calciopoli l’Inter e gli interisti si identificavano soprattutto come una nobile società dal passato importante che aveva vissuto un grande ciclo, ai tempi del Mago Herrera e di Angelo Moratti: pieni anni 60’. La speranza condivisa nei tempi successivi? Tornare ai fasti di un tempo, speranza che si rinfervorò con l’avvento alla presidenza del figlio minore di Angelo, ovvero Massimo.
Il tratto principale della vecchia identità era l’essenza nostalgica: una nostalgia gloriosa e speranzosa per il futuro, ma non troppo. Il paragone con la Juventus di Lippi tornata vincente era un residuo archeologico, di cui rimanevano ceneri ancora ardenti pronte a ritrasformarsi in fiamma viva. L’interista dei metà anni novanta era abbastanza autocritico, non accettava di buon grado le spese spesso scriteriate del nuovo patron, si supervalutava soprattutto nel periodo estivo e manteneva una certa lucidità nel giudicare intestine al club le cause dei molti insuccessi. Poi ci furono quelle che Elias Canetti in Massa e potere chiame “le spine”, cioè una lunga serie di delusioni e speranze disilluse, quasi sempre per colpa della Juventus, e lì cominciò il cambiamento di personalità identitaria e di quadro simbolico. Il caso Ronaldo – Iuliano, il gol non concesso a Bierhoff con l’udinese, Luciano Moggi, il 5 maggio: tutti eventi su cui scatenare proiezioni, facili cause esterne utili a rimuovere le proprie le proprie responsabilità per gli svariati insuccessi. Con Calciopoli, l’evoluzione si è resa definitiva: il nuovo quadro simbolico della squadra nerazzurra e del suo tifo si è di colpo eretta sulle fondamenta processuali, fortificate dalla stampa amica e dal sentimento popolare. L’Inter e gli interisti si sono così appropriati di un quadro identitario rigido, legato al desiderio di incarnare l’essenza pulita dello sport, il rispetto delle regole, un’idea molto vaga e infantile di onestà. Insomma, un inno fasullo al calcio pulito. Tutto troppo bello per essere credibile, anche perché un quadro simbolico così impegnativo e moraleggiante, di per sé idiosincratico al calcio, se vissuto senza ironia ha costretto da subito e costringe ancora a costi vivi non da poco: cioè l’obbligo di operare enormi e complicate rimozioni. Ironia del destino, la prima, grande rimozione riguarda la figura demonizzata di Luciano Moggi: tralasciando il famoso contratto offertogli da Moratti per assoldarlo come direttore generale, è davvero complicato dover fronteggiare l’idea che il grande artefice del primo ciclo vincente nerazzurro, quello della grande Inter, altri non fu che Italo Allodi, ovvero il primo geniale faccendiere dandy del calcio italiano. Offerte di auto e orologi agli arbitri internazionali, tutte ben documentate, metodi di realpolitik straordinariamente efficaci e prepotenti, la paternità nominale di un sistema, il sistema Allodi, che si basava sull’idea di vittoria a tutti i costi come ideologia profonda, al punto che proprio Allodi fu maestro e mentore di Lucky Luciano, al quale, per forza o per favore, Allodi lasciò in eredità un impero fatto di metodi e contatti. La seconda grave rimozione riguarda il fatto, anche questo raccontato nei minimi particolari da un giocatore della rosa, che fu proprio quella Inter prodigiosa a sperimentare le prime forme rudimentali di doping. Terza grande rimozione, è l’evidenza beffarda che il secondo ciclo vincente della storia dell’Inter è partito dall’acquisto di Viera e soprattutto di Ibrahimovic, giocatori che fino all’anno precedente erano etichettati come dopati o come esponenti silenti, complici e vigliacchi del calcio malato, mentre probabilmente furono proprio loro a portare a Milano quel sovrappiù di mentalità vincente che sempre era mancato. Infine, quarta e ultima grande rimozione, la sfilza di prescrizioni, patteggiamenti, plusvalenze truccate, artifizi di doping finanziario: tutti elementi in distonia con un’idea seppur infantile e approssimativa di onestà, in grado di partorire ciò che in qualsiasi individuo rappresenta lo squilibrio psichico più temuto e avversato: la dissonanza cognitiva. Come risolverla visto che è impossibile conviverci? Attraverso le rimozioni, appunto, o attraverso uno spostamento verso il feticcio, grazie al quale l’intero piano emotivo nerazzurro si dirige compulsivamente verso il famigerato Triplete. Ancor più di frequente però tra gli interisti si verifica l’atteggiamento che gli psicologi sociali chiamano compartimentalizzazione: cioè la tendenza a permettere una coesistenza psichica di condizioni inconciliabili tra loro, senza provare angoscia o senso di colpa, o addirittura non cogliendone la contraddizione. Tale comportamento è indistinguibile dall’ipocrisia.
x Dinozoff…Lunga da leggere però significativa di come si sono fatti gioco di noi e della “dabbenaggine” di allora dei cobolli e dei gigli per non dimenticare “monnezza”..Non so se un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato possa portare bene…c’è tanto scetticismo da parte di chi ne capisce di più di noi o sicuramente di gran lunga di più di me..Potrebbe sentenziare alla stessa maniera di come ha fatto questo TAR che interviene a seconda dei soggetti (Catania che non interessava quasi nessuno, mentre la juve interessa tutti gli anti!)…Per prima cosa farei (se fossi AA) bene leggere le carte ad avvocati ad altezza “giusta”…chiederei loro prima di presentare un ulteriore ricorso le possibilità di vincere—— se ci sono i presupposti (che si dice siano, a prima vista, scarsi). e poi ancora quali e quabte possibilità per un eventuale ricorso a Strasburgo. Chiappero, che apparteneva allo studio legale di Chiusano non mi sembra tanto all’altezza per questo delicato compito…non capisco il perché non utilizzare l’Avvocato Bongiorno che fa parte del cda juventino…Detto questo non nascondo la profonda delusione per l’esito di questo ricorso al TAR…Da tifosi non ce ne è andata bene nemmeno una su questa vicenda, pur avendo la certezza che nessuna partita sia stata truccata dalla juve…Mi piacerebbe sentire cosa è successo al processo penale di 1° grado quando a sentenziare è stata la Casoria…perché in quella occasione è successo, all’interno del collegio giudicante. qualcosa di strano…molto strano…Bastava che quel collegio si spogliasse del corporativismo di quella Procura… già Lepore e Narducci…hanno cambiato il corso della vita a qualcuno (arbitri compresi)! leo
” il ricorso è stato respinto in blocco e la Juventus è stata condannata a pagare le spese processuali alla Figc e, soprattutto, all’Inter. Parliamo di pochi spiccioli: poco più di diecimila euro in tutto (5mila all’Inter e 5mila alla Figc, più le spese accessorie) ma di un piccolo tesoro dal punto di vista simbolico, tanto che ieri, dopo aver letto le 25 pagine di motivazione della sentenza emessa dal Tar del Lazio, a Milano c’era già chi si interrogava sul posto migliore dove appendere – “nella sala trofei?” – il quadretto con dentro l’assegno staccato dal presidente Agnelli.”
…infatti restava disponibile ancora un poco di spazio accanto ai quadretti del passaporto di Recoba e della carta d’identità di Pellegrini/Ottolenghi
Oggi gran giorno.
Oggi pellegrinaggio a Treviglio.
Oggi pisciata liberatoria collettiva….
A me e’ piaciuta,considerato che siamo All’inizio.