Il problema non è solo tattico. Con Higuain, il Napoli partiva da 1-0. Con Milik, quasi. Non male, come stampella. Improvvisamente, la crisi. A Bergamo il polacco c’era ancora, e la sconfitta venne giustificata dalle ruggini di Champions. Con la Roma, il polacco non c’era più e il capro espiatorio fu Gabbiadini. Con il Besiktas, gli episodi hanno influito, certo, ma Gabbiadini era in panca, Mertens falso nueve sembrava il massimo e l’erroraccio di Jorginho non arriva da lontano. Senza dimenticare i due penalty, il primo dei quali parato da Fabri a Insigne, fischiato con eccessivo «zelo» da parte del San Paolo.
E così le sconfitte consecutive sono tre. Non credo che gli ottavi della Champions siano in pericolo, resta il «busillis» di una squadra che se non gioca bene, fatica. E se la fatica diventa (anche o soprattutto) psicologica, si perde. E perde. Come se l’infortunio di Milik le avesse sottratto il riferimento più sicuro: tanto, in caso di errore, ci pensa lui (o Higuain, prima di lui).
Dei nuovi, Sarri ha promosso solo Zielinski per scelta e Maksimovic per forza (k.o. di Albiol), e comunque non con i turchi. Abbia più coraggio. Diawara, per esempio: se non ora, quando? E non solo per un pugno di minuti. E Giaccherini.
Chiudo con gli episodi: primo rigore, netto; secondo, generoso; gol di Aboubakar in fuorigioco. Resta il gol annullato a Gabbiadini. Lo sottopongo agli studiosi del fuorigioco. Sul cross da destra, Marcelo, per anticiparlo, devia la palla sulla traversa (e il Gabbio, in rovesciata, segna). Domenica pomeriggio, in Inter-Cagliari, su un cross da destra, Murillo, pressato da un avversario, aveva svirgolato il cuoio e Melchiorri pareggiato. Assistente e giudice di porta non fecero una piega.
Gentile Fifa: chi ha ragione?
1981:L’Inter e lo “Scandalito Argentino”
Scandalo, truffa, imbroglio all’italiana perpetrato in un torneo giovanile. All’inizio del 1981, l’Inter finì
nell’occhio del ciclone dopo aver preso parte, vincendolo, al Mondiale Giovanile di calcio Under 14,
svoltosi in Argentina. La società nerazzurra venne autorizzata dalla Figc a rappresentare l’Italia in quel
torneo, sponsorizzato dalla Coca Cola, riservato a ragazzi nati entro il 1967.
Vi presero parte 24 squadre di tre continenti: America, Asia ed Europa. Nella rosa dell’Inter figurava
anche Massimo Ottolenghi, punto di forza della baby compagine nerazzurra allenata da Mario
Meneghetti. I giovani interisti non sbagliarono un colpo, arrivando in finale dove, allo stadio
“Monumental” di Buenos Aires, il 4 febbraio ‘81, trovarono i boliviani dell’Academia Tahuichi. La
vittoria arrise ai nerazzurri che sconfissero gli avversari ai calci di rigore.
I quotidiani sportivi diedero risalto all’exploit dei piccoli nerazzurri: il football giovanile italiano
riusciva a primeggiare a livello mondiale. Ampio spazio fu dato alle giocate di Ottolenghi, definito “il
centro propulsivo e il motore dei nerazzurri”, vincitore della classifica marcatori del torneo. “Per me
non è importante che l’Inter sia diventata campione – dichiarò mister Meneghetti – l’importante è
che abbia partecipato a questo torneo e che i nostri ragazzi abbiano fraternizzato con tanti
coetanei di diverse parti del mondo”.
Il gruppo interista tornò in Italia con la Coppa ma qualche giorno dopo il quotidiano il Manifesto
scoprì l’illecito. Il capocannoniere del torneo, presentato dallInter come Massimo Ottolenghi, nato nel
marzo 1967, in realtà era il quindicenne Massimo Pellegrini, nato a Frascati (Roma) nel gennaio 1966,
quindi non in grado di prendere parte a quella kermesse internazionale per questioni anagrafiche.
Erano state falsificate le generalità del giocatore che avrebbe poi fatto vincere il torneo all’Inter. Lo
scandalo esplose in tutta la sua gravità.
1981:
L’Inter e lo
“Scandalito
Argentino”
Scandalo, truffa, imbroglio all’italiana perpetrato in un torneo giovanile. All’inizio del 1981, l’Inter finì
nell’occhio del ciclone dopo aver preso parte, vincendolo, al Mondiale Giovanile di calcio Under 14,
svoltosi in Argentina. La società nerazzurra venne autorizzata dalla Figc a rappresentare l’Italia in quel
torneo, sponsorizzato dalla Coca Cola, riservato a ragazzi nati entro il 1967.
Vi presero parte 24 squadre di tre continenti: America, Asia ed Europa. Nella rosa dell’Inter figurava
anche Massimo Ottolenghi, punto di forza della baby compagine nerazzurra allenata da Mario
Meneghetti. I giovani interisti non sbagliarono un colpo, arrivando in finale dove, allo stadio
“Monumental” di Buenos Aires, il 4 febbraio ‘81, trovarono i boliviani dell’Academia Tahuichi. La
vittoria arrise ai nerazzurri che sconfissero gli avversari ai calci di rigore.
I quotidiani sportivi diedero risalto all’exploit dei piccoli nerazzurri: il football giovanile italiano
riusciva a primeggiare a livello mondiale. Ampio spazio fu dato alle giocate di Ottolenghi, definito “il
centro propulsivo e il motore dei nerazzurri”, vincitore della classifica marcatori del torneo. “Per me
non è importante che l’Inter sia diventata campione – dichiarò mister Meneghetti – l’importante è
che abbia partecipato a questo torneo e che i nostri ragazzi abbiano fraternizzato con tanti
coetanei di diverse parti del mondo”.
Il gruppo interista tornò in Italia con la Coppa ma qualche giorno dopo il quotidiano il Manifesto
scoprì l’illecito. Il capocannoniere del torneo, presentato dallInter come Massimo Ottolenghi, nato nel
marzo 1967, in realtà era il quindicenne Massimo Pellegrini, nato a Frascati (Roma) nel gennaio 1966,
quindi non in grado di prendere parte a quella kermesse internazionale per questioni anagrafiche.
Erano state falsificate le generalità del giocatore che avrebbe poi fatto vincere il torneo all’Inter. Lo
scandalo esplose in tutta la sua gravità.
Il consigliere delegato della società nerazzurra, Sandro Mazzola, ammise l’imbroglio. “Ho appreso
la vicenda, – disse Mazzola – presenteremo i fatti al consiglio direttivo e al presidente. Chi ha
sbagliato dovrà pagare. Purtroppo quella dei fuori età è una consuetudine abbastanza radicata
nei tornei giovanili, ad ogni modo, ripeto, non c’è alcuna giustificazione per quanto è avvenuto
in Argentina”. Parole che palesarono l’imbarazzo della società nerazzurra, messa alla berlina a livello
mondiale.
L’origine dello scandalo fu quasi grottesca. Il giorno dopo il rientro in Italia, a Frascati, il paese di
Pellegrini, in tanti si recarono in edicola a compare i giornali. La sorpresa fu grande: il nome del loro
giovane concittadino non figurava sui giornali né venne invitato alla Domenica Sportiva con i
compagni di squadra.
Le “chiacchiere” giunsero nelle redazioni dei quotidiani romani e da qui fino a Milano, alla sede del
Manifesto. La notizia uscì all’interno di una rubrica intitolata “Una lettera di Marlowe”. Un passaggio
della missiva specificava: “Domenica sera la Domenica Sportiva ospita i campioncini dell’Inter ma
il nostro P. non c’è. E’ stato rispedito per una vacanza al suo paesello con la preghiera di non
mettersi tanto in mostra.. Tanto, gli dicono, sei destinato a diventare un grande campione col
tuo vero nome. Ma P. non è felice, essere campioni del mondo a 14 anni e non poterlo dire, non
è mica bello…”.
In una conferenza stampa tenutasi nella sede dell’Inter, si presentarono i dirigenti Mazzola e
Beltrame, il segretario Fiore, reo confesso, ed il tecnico Meneghetti. “Quando è arrivato il telex
dall’Argentina che precisava l’età regolamentare – disse Fiore – non abbiamo avuto il coraggio di
rinunciare a Pellegrini e pertanto l’abbiamo inserito al posto di Ottolenghi. Lo fanno tutti. A
Buenos Aires abbiamo trovato alcuni dei giocatori che avevano partecipato al Torneo Meazza e
la cui età era superiore a quella prevista dal regolamento argentino”.
1981:
L’Inter e lo
“Scandalito
Argentino”
Scandalo, truffa, imbroglio all’italiana perpetrato in un torneo giovanile. All’inizio del 1981, l’Inter finì
nell’occhio del ciclone dopo aver preso parte, vincendolo, al Mondiale Giovanile di calcio Under 14,
svoltosi in Argentina. La società nerazzurra venne autorizzata dalla Figc a rappresentare l’Italia in quel
torneo, sponsorizzato dalla Coca Cola, riservato a ragazzi nati entro il 1967.
Vi presero parte 24 squadre di tre continenti: America, Asia ed Europa. Nella rosa dell’Inter figurava
anche Massimo Ottolenghi, punto di forza della baby compagine nerazzurra allenata da Mario
Meneghetti. I giovani interisti non sbagliarono un colpo, arrivando in finale dove, allo stadio
“Monumental” di Buenos Aires, il 4 febbraio ‘81, trovarono i boliviani dell’Academia Tahuichi. La
vittoria arrise ai nerazzurri che sconfissero gli avversari ai calci di rigore.
I quotidiani sportivi diedero risalto all’exploit dei piccoli nerazzurri: il football giovanile italiano
riusciva a primeggiare a livello mondiale. Ampio spazio fu dato alle giocate di Ottolenghi, definito “il
centro propulsivo e il motore dei nerazzurri”, vincitore della classifica marcatori del torneo. “Per me
non è importante che l’Inter sia diventata campione – dichiarò mister Meneghetti – l’importante è
che abbia partecipato a questo torneo e che i nostri ragazzi abbiano fraternizzato con tanti
coetanei di diverse parti del mondo”.
Il gruppo interista tornò in Italia con la Coppa ma qualche giorno dopo il quotidiano il Manifesto
scoprì l’illecito. Il capocannoniere del torneo, presentato dallInter come Massimo Ottolenghi, nato nel
marzo 1967, in realtà era il quindicenne Massimo Pellegrini, nato a Frascati (Roma) nel gennaio 1966,
quindi non in grado di prendere parte a quella kermesse internazionale per questioni anagrafiche.
Erano state falsificate le generalità del giocatore che avrebbe poi fatto vincere il torneo all’Inter. Lo
scandalo esplose in tutta la sua gravità.
Il consigliere delegato della società nerazzurra, Sandro Mazzola, ammise l’imbroglio. “Ho appreso
la vicenda, – disse Mazzola – presenteremo i fatti al consiglio direttivo e al presidente. Chi ha
sbagliato dovrà pagare. Purtroppo quella dei fuori età è una consuetudine abbastanza radicata
nei tornei giovanili, ad ogni modo, ripeto, non c’è alcuna giustificazione per quanto è avvenuto
in Argentina”. Parole che palesarono l’imbarazzo della società nerazzurra, messa alla berlina a livello
mondiale.
L’origine dello scandalo fu quasi grottesca. Il giorno dopo il rientro in Italia, a Frascati, il paese di
Pellegrini, in tanti si recarono in edicola a compare i giornali. La sorpresa fu grande: il nome del loro
giovane concittadino non figurava sui giornali né venne invitato alla Domenica Sportiva con i
compagni di squadra.
Le “chiacchiere” giunsero nelle redazioni dei quotidiani romani e da qui fino a Milano, alla sede del
Manifesto. La notizia uscì all’interno di una rubrica intitolata “Una lettera di Marlowe”. Un passaggio
della missiva specificava: “Domenica sera la Domenica Sportiva ospita i campioncini dell’Inter ma
il nostro P. non c’è. E’ stato rispedito per una vacanza al suo paesello con la preghiera di non
mettersi tanto in mostra.. Tanto, gli dicono, sei destinato a diventare un grande campione col
tuo vero nome. Ma P. non è felice, essere campioni del mondo a 14 anni e non poterlo dire, non
è mica bello…”.
In una conferenza stampa tenutasi nella sede dell’Inter, si presentarono i dirigenti Mazzola e
Beltrame, il segretario Fiore, reo confesso, ed il tecnico Meneghetti. “Quando è arrivato il telex
dall’Argentina che precisava l’età regolamentare – disse Fiore – non abbiamo avuto il coraggio di
rinunciare a Pellegrini e pertanto l’abbiamo inserito al posto di Ottolenghi. Lo fanno tutti. A
Buenos Aires abbiamo trovato alcuni dei giocatori che avevano partecipato al Torneo Meazza e
la cui età era superiore a quella prevista dal regolamento argentino”.
Il 20 marzo ’81, la Commissione
Disciplinare emise la sentenza (poi
confermata dalla Caf): due anni di
inibizione all’accompagnatore Migliazza,
un anno al dirigente Fiore, un anno di
squalifica all’allenatore Meneghetti, sei
mesi al baby-giocatore Massimo Pellegrini,
5 milioni di multa all’Inter. Vennero
prosciolti Mazzola, Beltrami, Della
Giovanna e il “prestanome” Ottolenghi.
Nelle motivazioni della sentenza, la
Disciplinare spiegò la squalifica di
Pellegrini con quanto il baby-bomber
aveva dichiarato all’Ufficio Inchieste: “E’
vero che in Argentina non ero del tutto
soddisfatto di apparire con un nome
diverso ma a me bastava che i compagni
e specialmente i miei dirigenti sapevano
che in realtà ero io a giocare e a fare
gol”.
Parole che, secondo i giudici sportivi, dimostravano la maturità intellettiva e volitiva di Pellegrini il
quale, tuttavia, non ha esitato a subire le decisioni volute da altri pur di conseguire un successo per lui
e per la sua società.
Massimo Pellegrini, pochi mesi dopo, venne convocato nella nazionale italiana juniores “Under 16”.
Approdato all’Inter nel settembre del 1980, con ottime referenze, esordì in A nella stagione 82/83. Nel
novembre ’84 finì a Monza, in serie B, dove giocò 23 partite. L’anno dopo rientrò all’Inter dove
racimolò solo due presenze. Il treno del grande calcio, per il protagonista dello Scandalito, era ormai
passato.
La sua carriera si svolse tra la B e la C2. Il suo unico titolo fu una promozione in C1 con il Novara. Nel
2002, Massimo Pellegrini lasciò l’attività agonistica. Intervistato dal Corriere della Sera, oltre vent’anni
dopo lo scambio di persona, l’ormai ex giocatore dichiarò: “Combinarono tutto i dirigenti
dell’Inter. In campo mi chiamavano Pellegrini, anche l’arbitro. Ero solo un quattordicenne felice
di giocare di fronte a 70 mila spettatori. A Buenos Aires per la finale c’era il pienone. Al mio
ritorno a Milano venni a sapere del trucchetto. Ma sono contento così, altrimenti non avrei
vissuto quella indimenticabile esperienza”.
Comunque, vi ricordo, che domani sera anche perdendo rimarremmo primi in classifica. Cerchiamo di non amminchiarci troppo dai……
#magnatetranquilli!
;-)
Scritto da Lex Luthor il 21 ottobre 2016 alle ore 14:25
Ciao Lex, forse non hai letto bene: ho scritto: “cosa certamente non facile” (sottinteso: a meno di un fermo supporto da parte di Pavel… o di indisponibilità fisica di almeno un paio di Consiglieri)
Beh, le Spirin le hanno sempre messe nel caffé, nulla di nuovo sotto il sole…
D’altronde era scritto che certe cose dovessero andare in un certo modo. Scritto prima. Pre-scritto, insomma.
1922 (SALVEZZA A TAVOLINO)
Nel 1922 l’Inter arriva ultima, meno punti di tutti, meno gol fatti e più gol subiti.
A fine campionato si decide che invece di far salire le squadre che ne hanno diritto bisogna fare i play-out.
Non basta.
All’Inter viene data come avversario l’Alta Italia, squadra però già fallita da settimane, per cui vince gli scontri diretti a tavolino!
1910 (SPAREGGIO TRUCCATO)
Nel 1910 successe che la Federazione (casualmente…) scelse, in prima istanza, una data per la finale scudetto Pro Vercelli-Inter.
Guarda caso in quella data tutta la squadra titolare della Pro Vercelli era già impegnata con la Nazionale Militare.
La Pro Vercelli chiese quindi ovviamente lo spostamento della finale scudetto.
La Federazione rispose che a loro andava bene se anche l’Inter avesse accettato.
L’Inter, scandalosamente, RISPOSE DI NO e la Federazione non esitò a mantenere la data stabilita, del tutto inadeguata.
La Pro Vercelli, giustamente indignata per questo gesto vergognoso, mandò in campo la 4^ squadra (i bambini di 11 anni!!!!).
L’Inter vinse la partita 10-3 (riuscendo però a prendere 3 gol dai bambini!!) e vinse in questo modo il suo primo scudetto.
Tra il primo e l’ultimo cambiano i metodi, non cambiano le furbate.
Il cuoco di Appiano Gentile?!? Qui la situazione è grave.
1966 ANGELO MORATTI IMBROGLIONE
(tratto dal Times del 02/09/2006 – di Emilio Marrese da Repubblica.it)
Angelo Moratti era un imbroglione e l’unica cosa buona che si possa dire di suo figlio Massimo è che s’è messo alle spalle le malefatte del padre. Questo è quanto incredibilmente sostenuto sabato dal londinese Times che ha ripreso – nella rubrica di Brian Glanville titolata sulla “storia gloriosa ma macchiata” dell’Inter – la confessione dell’arbitro ungherese Gyorgi Vadas su un tentativo di corruzione da parte di Moratti senior prima della semifinale di Coppa Campioni col Real Madrid del 20 aprile ’66: denaro, orologi d’oro ed elettrodomestici in cambio di rigori.
Il quotidiano scrive che “le vittorie dell’Inter degli anni ’60 furono frutto di corruzione e imbrogli nei quali Angelo Moratti giocò un ruolo cruciale in un sistema messo in piedi da due uomini ora deceduti: Deszo Holti, faccendiere ungherese, e Italo Allodi”, definito “serpentine”.
L’Inter, si sostiene, fece offerte per tre anni consecutivi agli arbitri delle semifinali e le prime due volte, nel ’64 e ’65, la cosa funzionò, ai danni di Borussia e Liverpool.
La terza no, perché Vadas (le cui rivelazioni furono pubblicate nel libro di un giornalista ungherese), rifiutò una somma con cui avrebbe potuto comprarsi 5 Mercedes: 10 per un rigore all’ultimo minuto, addirittura 25 per un rigore ai supplementari.
Il giorno della partita Vadas fu ospite di Moratti nella sua villa e ricevette un orologio d’oro.
Moratti promise anche televisori ed elettrodomestici.
Ma Vadas non aiutò i nerazzurri a rimontare lo 0-1 dell’andata, la gara finì 1-1 e fu la sua ultima apparizione internazionale.
L’articolista del Times si chiede infine il perché di questo strano debole degli italiani per i “condottieri” alla Moratti. Una bella palata di fango su vivi e morti.
Scritto da Il cuoco di Appiano Gentile il 21 ottobre 2016 alle ore 14:34
manca, ciliegina sulla torta, la sostituzione della carta d’identità tra due minorenni
1991 LA COPPA COMPRATA
Tratto da “Indagine sul calcio” di O.Beha e A. De Caro
L’8 maggio del 1991 a San Siro si gioca l’andata della finale della coppa Uefa Inter-Roma. Partita strana: normale per tutto il primo tempo, in bianco; nel secondo l’arbitro russo con il cognome da medicinale, SPIRIN, decide di animare la partita e dà un rigore all’apparenza inventato che Matthaus realizza. Finirà due a zero.
Negli spogliatoi il tecnico della Roma, Bianchi, e alcuni giocatori, a partire da Giannini, contestano la giustezza del rigore. Ma appunto, succede.
Succede anche, però, che ormai 15 anni dopo, il figlio di Viola, Ettore, allora punto di riferimento per il club ad interim presieduto da sua madre, ci racconti una storia veramente interessante.
«La finale con l’Inter? L’ho persa io. Mi proposero di comprare l’arbitro. Fu una mediatrice russa che lavorava in Italia e frequentava anche l’ambiente del calcio ad avvicinarmi per dirmi che Spirin era accomodabile: con 150.000 dollari si vinceva la partita. Io dissi no per due ragioni. La prima era legata all’illecito ovviamente, la seconda è che la Roma era già di fatto passata di mano. Avevamo concluso il passaggio di proprietà a Ciarrapico e francamente di rischiare io per regalare a lui la gioia di una coppa proprio non mi andava… Quello che non potevo immaginare e che invece poi mi è apparso chiaro è che qualcun altro accettò la proposta della mediatrice… Alla fine della partita ero nervosissimo. La squadra aveva giocato bene ma era stata punita da decisioni molto discutibili. Negli spogliatoi del Meazza incrociai proprio la mediatrice, bastò uno sguardo. Lei mi vide allargò leggermente spalle e braccia senza dire una parola. Un modo come un altro per farmi capire che qualcun altro aveva detto sì… e questo era il risultato.
Hai visto, potevi farlo tu… lessi nel suo sguardo. E così la Roma perse quella Coppa Uefa»
Ps: nei sedicesimi di finale di quell’anno l’Inter aveva perso con l’Aston Villa la partita di andata per 0-2. Nel ritorno di San Siro riuscì clamorosamente a ribaltare il risultato vincendo 3-0. Sapete chi era l’arbitro di quell’incontro: un certo SPIRIN.
PS
Coppa Uefa 1992/93 Torino – IK Norkkoping 3-0, arbitro SPIRIN, c’erano e ci sono molte chiacchere in giro, alcune da autorevoli personaggi del panorama calcistico, che parlano di una proposta di mediazione da parte della FC Internazionale tra l’abitro Spirin e la Torino Calcio (ormai l’Inter e Spirin erano diventati una cosa sola).