Il milite noto

Roberto Beccantini6 novembre 2016Pubblicato in Per sport

In attesa che diventi la Juventus di Higuain o Pjanic, è ancora la Juventus di Mario Mandzukic, 31 anni di ante e di gomiti, di sportellate, qualche volta centravanti, qualche volta a segno (come oggi, al Bentegodi), sempre nel vivo della squadra, spesso mediano o tornante. Non certo un fuoriclasse e neppure un capoclasse. Ma il bidello generoso e prezioso di cui ogni scuola ha bisogno. Soprattutto la Juventus di questi avventurati tempi, una Juventus che non tiene più un gol neppure a scommetterci.

Che poi, dopo il pareggio di Pellissier, la ciliegina sulla torta del croato l’abbia messa il lunatico Pjanic, questo appartiene agli alluci che, come le leggi in Italia, non sono uguali per tutti.

Se pensiamo alle occasioni, nulla da eccepire. Chievo, una gran parata di Buffon su Castro e il rigore procurato da Lichtsteiner (errori, orrori). Juventus, due reti e almeno quattro palle-gol (più il piazzato-bis del bosniaco). Chievo e Juventus sono, nell’ordine, le più anziane del lotto, e proprio come acide zitelle si sono graffiate. Maran aveva sparato subito le sue cartucce e poi ha atteso le mosse di Allegri. Il quale continua a stupirmi. Non tanto sul livello della manovra – la solita solfa, 3-5-2 o 4-3-3 – quanto per i cambi. Contro il Napoli, s’infortuna Chiellini ed entra Cuadrado. Contro il Chievo, esce Higuain, declassato dagli schemi a Sancho Panza di Mandzukic, ed ecco Evra. Mancava un quarto d’ora: mi sarei aspettato un catenaccio vecchia maniera, viceversa la capolista avrebbe potuto (e, occasioni alla mano, dovuto) dilagare. Calcio, mistero senza fine bello.

Nobili gli applausi dello stadio a Barzagli, subito k.o. a una spalla. A livello singolo, dietro Mandzukic segnalo l’efficacia di Benatia, i lampi di Cuadrado, la legna di Sturaro.

Risultatisti di tutto il mondo, unitevi. O scansatevi.

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