In attesa che diventi la Juventus di Higuain o Pjanic, è ancora la Juventus di Mario Mandzukic, 31 anni di ante e di gomiti, di sportellate, qualche volta centravanti, qualche volta a segno (come oggi, al Bentegodi), sempre nel vivo della squadra, spesso mediano o tornante. Non certo un fuoriclasse e neppure un capoclasse. Ma il bidello generoso e prezioso di cui ogni scuola ha bisogno. Soprattutto la Juventus di questi avventurati tempi, una Juventus che non tiene più un gol neppure a scommetterci.
Che poi, dopo il pareggio di Pellissier, la ciliegina sulla torta del croato l’abbia messa il lunatico Pjanic, questo appartiene agli alluci che, come le leggi in Italia, non sono uguali per tutti.
Se pensiamo alle occasioni, nulla da eccepire. Chievo, una gran parata di Buffon su Castro e il rigore procurato da Lichtsteiner (errori, orrori). Juventus, due reti e almeno quattro palle-gol (più il piazzato-bis del bosniaco). Chievo e Juventus sono, nell’ordine, le più anziane del lotto, e proprio come acide zitelle si sono graffiate. Maran aveva sparato subito le sue cartucce e poi ha atteso le mosse di Allegri. Il quale continua a stupirmi. Non tanto sul livello della manovra – la solita solfa, 3-5-2 o 4-3-3 – quanto per i cambi. Contro il Napoli, s’infortuna Chiellini ed entra Cuadrado. Contro il Chievo, esce Higuain, declassato dagli schemi a Sancho Panza di Mandzukic, ed ecco Evra. Mancava un quarto d’ora: mi sarei aspettato un catenaccio vecchia maniera, viceversa la capolista avrebbe potuto (e, occasioni alla mano, dovuto) dilagare. Calcio, mistero senza fine bello.
Nobili gli applausi dello stadio a Barzagli, subito k.o. a una spalla. A livello singolo, dietro Mandzukic segnalo l’efficacia di Benatia, i lampi di Cuadrado, la legna di Sturaro.
Risultatisti di tutto il mondo, unitevi. O scansatevi.
Eccolo il re dei coglioni : http://video.corriere.it/elezioni-presidenziali-usa-trump-casa-bianca-disastro-videocommento-beppe-severgnini/3401bdc0-a64a-11e6-b4bd-3133b17595f4
Salutaci Junker, Monti, Prodi, Renzie, il nano di Arcore (quello che in cambio del salvataggio di MPS si è beccato il salvacondotto dal senato sulle intercettazioni) ecc. ecc.
#vaiafareinculoinerasmus
Scritto da Robertson il 9 novembre 2016 alle ore 12:25
esattamente così.
Mi chiedo chi possa avere pensato che una ex first lady molto preparata (forse più dello stesso sventrapapere (cit.) – anzi, senza forse) potesse passare per qualcosa di diverso da lei medesima.
@gian-carlo.
Certo che lo sapeva di incarnare l’establishment puzzone della east coast rispetto al quale l’ammaracano medio sviluppa epidermicamente una istintiva allergia.
Il menopeggismo lo si è visto, non funziona più (per fortuna?)
HRC pervicacemente, ottusamente e presuntuosamente non ha voluto sentire storie per ego personale (voglio fa il presidente, primo qua, primo la, e faccio passare lo straccio per terra a quello sventrapapere di bill)..
“Mi voteranno lo stesso nonostante tutto quel che rappresento, piuttosto che votare per il truzzo col gatto giallo in testa”. E l’elettore medio l’ha sfanculata proprio per questo. ciamp non si può sentire, qualsiasi argomento tratti, ma il disdegno che trasuda da ogni sguardo di HRC è bastato alla maggioranza per capire quel che doveva fare. Giusto? probabilmente no, ma è, appunto, la democrazia.
Rondolino poi è utile, basta sentirlo e fare il contrario.
Ciao Ezio, gran bel post quel copia/incolla di Civati, peccato che anche lui come tanti non ha capito ancora cosa vuole fare da grande .
@ Rob: per citare Woody Allen, “un’occhiatina me la farei dare”…;-)))
Scherzi a parte, scrivere che l’ex First Lady si è “trovata ad incarnare” (a sua insaputa?) l’establishment mi pare una discreta stupidaggine, per 2 motivi, 1 interno (HRC E’ l’establishment, ha invano cercato di dare peso al fatto di poter essere la prima donna presidente) e 1 esterno (rispetto a Trump, che non ha mai avuto la minima esperienza politica, anche Sanders sarebbe stato più “establishment”).
Sugli US la penso esattamente come civati. Mi devo preoccupare?
Fare la ruggine: alcune note a margine delle elezioni Usa
Premessa: non faccio l’esperto di elezioni americane – come altri, che ne scrivono da mesi, sapendola lunghissima – e speravo ovviamente vincesse l’altra candidata. Confidavo in una sua vittoria di misura, in verità , anche ieri sera, in diretta tv.
Alle primarie sostenevo Sanders (come i millennials, i più giovani, e questo ci dà un po’ di speranza), mentre tutti mi ridevano dietro, perché bisognava votare per chi vince… e in Italia erano tutti certi del risultato.
Sostenevo Sanders perché sono convinto che servano proposte più radicali, che se si vuole dare una risposta al malessere diffuso non si possa apparire troppo vicini ai grandi interessi, alle banche, alle grandi compagnie.
Che ci volesse una politica che rappresentasse i periferici, i giovanissimi e i drop out di tutte le età , che interpretasse i loro bisogni primari e le loro aspettative, unico ‘rimedio’ alla paura fottuta che altrimenti attanaglia chi si sente fragile, esposto a un gioco più grande, che non controlla in alcun modo. A cui nemmeno partecipa. Parole semplici, autonome, credibili: real issues.
Guardando ai risultati della rust belt mi pare evidente (rust significa ruggine, peraltro).
Perché è necessaria una lettura della crisi, che a sinistra va ancora formulata e mi pareva che con Sanders si facesse un tentativo più avanzato in questa direzione.
Hillary Clinton si è trovata a incarnare la scomoda posizione di chi ereditava il potere e non ha saputo distaccarsene, e per via della sua storia personale nemmeno avrebbe potuto.
A un certo punto bisogna decidere cosa costa di più, se rinunciare ai grandi finanziatori o rischiare di perdere le elezioni perché si passa per essere al loro servizio.
Penso, da anni, che il problema della disuguaglianza e dell’arroccamento del sistema sia il pericolo più grande. E, se siamo tutti d’accordo sull’analisi e sul quel malessere, il messaggio non può essere che non c’è alternativa: si può fare di meglio.
Temo invece che, come spesso accade, negli stessi di cui sopra scatterà l’irresistibile tentazione non della ricerca di un’alternativa, cosa molto difficile, ma all’imitazione, che è decisamente più semplice.
Così al prossimo giro vincerà un candidato che farà apparire Trump moderato, e così via all’infinito.
Ho insomma assistito da lontano alla campagna del meno peggio che, come ripeto da tempo, a volte porta direttamente al peggio.
Poi magari ne parliamo meglio, ma il menopeggismo mi pare non esca benissimo. Né chi rideva di chi sosteneva il candidato che non vinceva. E ora ha perso.
Infine, poiché qualcuno (i soliti) ha voluto collegare quel che succede laggiù alle nostre vicende politiche nazionali, segnalo che le regole si fanno pensando anche che possono vincere gli altri (the others).
Le vecchie Costituzioni (quella americana è del Settecento, emendata in modo puntuale e preciso) erano state scritte anche pensando a ciò. Non dimentichiamolo.
Giuseppe Civati 9 Novembre 2016
OK Intervengo, avevo equivocato il tuo post……………
e poi guardate…la Clinton era veramente poca cosa, altro che minestra riscaldata, una brodaglia senza nessun gusto, i Democratici con la sua canditatura sin son dati da soli un calcio sulle palle, con Trump dall’altra parte sarebbe servito per vincere, e giustamente gli statunitensi hanno apllicato il vecchio detto romano :
BEPPE PE BEPPE…ME TENGO BEPPE MIO
su Trump. gli States sono un paese troppo grande, troppo federalista, troppi popoli culture opinioni e stili di vita differenti, due mandati sono pochi per pensare di incidire in maniera profonda.
Obama doveva cambiare tutto, ha fatto si e no il 20% di quello che avrebbe voluto fare.